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L’ombra di Manlio Cerroni sulla discarica di Alli (CZ)

E’ costata 28 miliardi delle vecchie lire. Doveva durare fino al 2018. Manca ancora un bel po’ all’appuntamento, e invece verrà raddoppiata quanto prima. E’ satura. Non ne può più. O se ne costruirà un’altra affianco. Altri 12 milioni di euro. Che, nelle più rosee previsioni, durerà solo altri 8 anni. Cioè fino al tempo ultimo stimato del primigenio immondezzaio. E’ la discarica di Alli, sulla via alzaia del fiume Alli, al di qua dell’argine, nel territorio di Catanzaro capoluogo al confine con il Comune di Simeri Crichi. La società che l’ha in gestione è la veneta Enerambiente Spa. Doveva, sempre secondo le rosee previsioni, fungere anche da trattamento dei rifiuti indifferenziati. Poi non se ne è fatto più niente. Riesce a scartare solo il ferro. Mentre i bilici che trasportano i rifiuti umidi seguono la strada del compostaggio, gli altri, per tutti gli altri, gli Rsu (rifiuti solidi urbani) per intenderci, se non nascondono materiali pericolosi, vanno direttamente a scaricare nella vasca. Che, secondo le rassicurazioni di Loris Zerbin, direttore tecnico della società, viene alla sera ricoperta da un altro tipo di materiale che funge da isolante con l’ambiente circostante. Ed evita la formazione di percolato, di gas inquinanti, e che tiene lontani i gabbiani alla ricerca di cibo. Ma i gabbiani ci sono sempre. “Anche nella discarica di Bolzano ci sono”, informa il direttore tecnico.

Ma come mai la discarica non ha resistito fino al 2018, ed è andata al collasso ben 8 anni prima? “C’è stato – risponde - un surplus di rifiuti, provenienti da altre provincie, e anche un aggravio di coltivazione (smaltimento ndr) derivante dai limiti di raccolta differenziata non raggiunti, così come previsto agli inizi della sua entrata a regime”. E già, la raccolta differenziata non tira. La discarica di Crotone è rimasta chiusa per un certo periodo per legami mafiosi dei suoi vertici societari. Non rimane che scaricare tutto lì, anche i rifiuti provenienti dalla città di Cosenza e da altri della provincia silana. L’assessore all’Ambiente di Catanzaro, Lorenzo Costa, è contento come una pasqua per il protocollo appena firmato dal Comune capoluogo, dalla Provincia e dalla Regione Calabria per la nuova discarica. “L’occasione è valida – dice - per ribadire l’attenzione particolare che l’amministrazione Olivo sta ponendo sul tema della salvaguardia ambientale. Nel 2009, Comune e Provincia, - continua - saranno compensati per l’utilizzo provvisorio della discarica da parte dei Comuni calabresi non facenti parte dell’ATO/2 con una riduzione del 20 per cento della tariffa di conferimento e, che per quanto riguarda il nostro Comune significherà una premialità di circa 650.000,00 euro a tutto vantaggio delle non copiose casse comunali, e quindi, dei servizi da dare alla Città. Per quanto concerne il recupero della Royalities - conclude Costa - abbiamo incassato quanto dovuto compresa la quota d’interessi per ritardati pagamenti, dalla Società Enerambiente - che gestisce la discarica - dal 2002 fino a dicembre 2007, recuperando, quindi, quanto non avevano fatto le precedenti amministrazioni. I settecento cinquanta mila euro incassati ci hanno consentito di coprire, in parte, i tagli imposti dal Governo Nazionale”.



Il Comune di Catanzaro è compiaciuto per le royalities che vanno diritte diritte nelle sue tasche. La Regione è soddisfatta per il risultato acquisito. Ma nessuno grida allo scandalo per questi altri 12 milioni di euro di “surplus” sulle spalle dei cittadini calabresi. Anzi, la società, attraverso il suo amministratore delegato, Giovanni Faggiano, dice che ha dimostrato “capacità imprenditoriale” proponendo alla Regione l’ampliamento della discarica attualmente in uso. Così si è espresso al Senato della Repubblica in sede di commissione permanente sull’indagine conoscitiva per le problematiche relative alla produzione e alla gestione dei rifiuti lo scorso 5 febbraio. Ci vuole capacità imprenditoriale per investire nei rifiuti in Calabria. Dovevano venire dalla lontana Venezia per dircelo. Ebbene si. Dalla lontana Venezia. Avevamo bisogno proprio che qualcuno ce lo insegnasse. E chi se non uno dei figliocci di Manlio Cerroni? Si proprio del re della “monnezza” di Roma. Lui in persona. La Enerambiente è figlia del gruppo Cerroni Spa. Una holding che controllava la madre naturale della società della discarica di Alli, la Slia Spa, di cui faceva parte Stefano Gavioli, consigliere di amministrazione, divenuto poi presidente del Consiglio di amministrazione della neonata Enerambiente, giusto in tempo per vincere la gara d’appalto lungo il fiume Alli di Catanzaro nel lontano 2001. Ora il suo figlioccio ne ha fatta di strada, tanto che in Calabria ci ha piazzato le tende. Oltre a Catanzaro vuole conquistare anche la Provincia di Crotone, avendo proposto una discarica nuova di zecca a Rocca Bernarda per i “rifiuti non pericolosi”, guarda caso negli appezzamenti di terra, all’uopo acquistati dalla Enerambiente, di proprietà dei fratelli Daniele, Nicole ed Emilio, fratelli di un certo Vincenzo, consulente presso il Commissariato per l’emergenza ambientale. E nello stesso tempo soci della società Danieco, la prima società ad avere fiutato l’affare. Il progetto era giusto, il terreno pure, tanto che la Enerambiente l’ha copiato paro paro, era sbagliato solo il materiale dei rifiuti. Volevano investire su quelli pericolosi, progetto inizialmente respinto, poi accettato quando è stata la società di Gavioli a presentarlo con la differenza dei tipo di rifiuti. Su questa vicenda, comunque, pende l’interrogazione parlamentare di Angela Napoli, membro della Commissione nazionale Antimafia.

Dallo scorso mese di febbraio il famoso protocollo dell’ampliamento della discarica di Alli è passato liscio come l’olio. Tutti a lodare la concertazione fra gli enti. Ma nessuno a rilevare l’ennesimo spreco di denaro pubblico, sulla base di una programmazione che non riesce a raggiungere i suoi obiettivi. Che non riesce ad essere efficiente, efficace ed economica. Ma c’è di più. Il patto che vede impegnati i tre enti non è di questi giorni. È vecchio. Ha almeno un anno di vita. Ancora prima dello scandalo "Vrenna" a Crotone. Cioè i guru della Enerambiente già avevano previsto prima l’emergenza rifiuti a Catanzaro e in Calabria. Nella relazione di gestione del 2007 sul bilancio annuale la società di Catanzaro, satellite di quella veneta, rilevava: “Si è avviata una trattativa con il Commissario per ottenere l’autorizzazione all’ampliamento della discarica per circa un milione di metri cubi. Trattativa andata a buon fine tanto che sono state avviate le autorizzazioni presso gli enti competenti. Solo a titolo previsionale il costo dell’ampliamento non dovrebbe essere superiore a 7 milioni ed il fatturato attivo non dovrebbe essere superiore a 70 milioni di euro. Si ritiene di portare ad esaurimento la procedura entro settembre 2008”. La trattativa poi è slittata a febbraio 2009, ma i finanziamenti sono cresciuti di altri 4 milioni.
Conviene far affari con i rifiuti in Calabria. È sintomo di una grande “capacità imprenditoriale”, per dirla con Faggiano, l’amministratore di Enerambiente. Soprattutto senza differenziata, altrimenti le discariche sono costrette a chiudere, anziché a moltiplicarsi. A parte lo svolazzare dei gabbiani, si sente pure il guaito dei cani all’osso, e sono tanti.

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