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L’insostenibilità del nostro debito pubblico

Se il tasso di crescita di una economia nazionale non cresce almeno quanto il tasso d’interesse pagato per il proprio debito pubblico, il baratro è dietro l’angolo.

Un interessante, quanto lucido e realistico articolo, è stato pubblicato sul Sole 24 Ore, dove viene posta l’attenzione sulle dinamiche economiche che hanno prodotto e continuano ad alimentare l’incremento del nostro debito pubblico. Una disamina chiara, lodevole per non essersi immischiata nei meandri delle diatribe politiche. Una vera constatazione dei fatti che ovviamente non premia alcuna politica posta in essere dal dopo guerra ad oggi.

Unico aspetto non condiviso è l’operatività delle banche e il ruolo che hanno avuto nel contesto economico nazionale. Sono piene di titoli pubblici, vero, ma perché? Forse perché la BCE ha dato loro ingenti liquidità che anziché investire nell’economia produttiva, hanno preferito acquistare debito pubblico?

Restiamo sempre il fanalino di coda dell’Europa, con l’aggravante di non esser stati capaci di saper mettere in piedi una vera classe dirigente all’altezza delle necessità del Paese.

Non viene esplicitata la corruzione e il clientelismo, è sottointesa, laddove si parla di managerialità di scarsa professionalità, quindi inadeguata. In poche parole le persone sbagliate, al posto sbagliato, producono incapacità e quindi perdite economiche.

Non poche sono state le volte in cui si è accennato, in modo chiaro e inequivocabile che il problema principe dell’Italia, è e resta, il clientelismo e la dilagante corruzione. Elementi che frenano, ostacolano ogni processo atto migliorare le condizioni generali. Gli interessi personali da decenni prevalgono su quelli generali, favorendo l’allargamento del potere delle multinazionali e delle lobbies in genere.

L’assenza di una seria programmazione economica, è stata colmata dall’improvvisazione. Se a questa poi uniamo l’incapacità evidente sul campo di coloro che dovrebbero favorire crescita etica ed economica, il gioco è fatto. I mercati finanziari, privi di logica morale e sociale, si muovono laddove c’è credibilità, scappando da situazioni di incertezza e di vaghezza.

C’è poco da fare in Italia la crescita è stata ingessata da una generazione di al potere priva di quel senso etico e morale che avrebbe dovuto favorire la meritocrazia, l’iniziativa privata. Sembrerebbe esattamente il contrario, come se chi è al potere facesse di tutto proprio per ostacolare questa crescita, favorendo l’espatrio delle risorse migliore.

Troppo tempo è stato perduto dedicando entusiasmi politici mal riposti. Complice anche un sistema mediatico che ha favorito l’appiattimento culturale e soprattutto etico. TV e stampa pare più predisposta a concedere spazi a soggetti di dubbia moralità, a talkshow dove vige la rissosità e il turpiloquio, invitando come fossero divi, addirittura dei condannati.

Se questo è l’esempio che si vuol dare alle nuove generazioni è ovvio che trattasi della strada peggiore le cui conseguenze non potranno essere che ulteriormente più deleterie, con risvolti non piacevoli per la nostra economia e per il nostro vivere quotidiano. 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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