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L’ex musulmana atea racconta perché ha abbandonato il velo

Aliyah Saleem, ex musulmana ora atea, in un video racconta la sua storia di abbandono dell’islam e di emancipazione dal velo. Fa notare come la questione sia complessa e vada affrontata in maniera delicata: le donne sicuramente non devono sentirsi aggredite.

A tante viene imposto di indossare un hijab, ma lei stessa mette in chiaro che ci sono anche tante donne che scelgono di metterlo e che non pretende di dire alle altre come vestirsi. Aggiunge però che esistono anche le altre: quelle pressate dalle famiglie, dalla comunità di origine e da alcuni stati teocratici, convinte che se non lo indossano saranno delle sgualdrine, subiranno aggressioni o verranno ostracizzate.

Ci sono anche quelle che lo indossano per conformismo, che ricadono in quelle logiche consumistiche e modaiole attribuite alle “frivole” occidentali (non va dimenticato che quello della moda “islamica” è un business internazionale, caldeggiato dai paesi arabi e ripreso in Occidente). O al contrario ci sono quelle che vogliono rimarcare con questa scelta un identitarismo culturale rispetto a un contesto laico o nel quale subiscono forme indegne di intolleranza e discriminazione.

Si tende a dimenticare che il velo non è un obbligo imprescindibile dell’islam e che varia a seconda delle zone (nel Corano i riferimenti sono pochi e non univoci). Il suo senso sembra riconducibile in parte al controllo maschile e di gruppo volto a instillare idee di “decenza”, “purezza” e “modestia”, colpevolizzando le donne che altrimenti si sentono giudicate come delle poco di buono.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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