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L’educazione religiosa dei figli nelle coppie “miste”

Un re­cen­te caso in­gle­se tor­na a far ri­flet­te­re sui pro­ble­mi edu­ca­ti­vi del­le cop­pie mi­ste. Spes­so ac­ca­de che per­so­ne con re­li­gio­ni dif­fe­ren­ti ab­bia­no dif­fi­col­tà a tro­va­re un ac­cor­do, so­prat­tut­to per l’in­se­gna­men­to re­li­gio­so dei fi­gli. La cor­te d’ap­pel­lo d’In­ghil­ter­ra e Gal­les ha ne­ga­to il di­rit­to d’a­si­lo a una don­na del­la Ma­le­sia e a suo fi­glio di sei anni (de­no­mi­na­to “C”).

La don­na, di ori­gi­ne sikh ma con­ver­ti­ta al cat­to­li­ce­si­mo da adul­ta, era an­da­ta in Gran Bre­ta­gna per sta­bi­lir­vi­si sen­za dir­lo al ma­ri­to, di ori­gi­ne ni­ge­ria­na e con­ver­ti­to­si al­l’i­slam nel 2010, per­ché so­ste­ne­va che l’uo­mo avreb­be fat­to cir­con­ci­de­re il bam­bi­no e l’a­vreb­be cre­sciu­to come mu­sul­ma­no. I due si sono spo­sa­ti nel 2006 con rito cat­to­li­co e han­no bat­tez­za­to il fi­glio poco dopo la na­sci­ta, lo stes­so anno.

Se­con­do il tri­bu­na­le il rim­pa­trio del­la don­na non vio­la la con­ven­zio­ne eu­ro­pea dei di­rit­ti uma­ni. So­stie­ne che il ra­gaz­zi­no è sta­to ‘in­se­ri­to’ nel­la Chie­sa cat­to­li­ca e “non c’è ra­gio­ne di pen­sa­re che ab­bia già for­ma­to una qual­che in­di­pen­den­te fede re­li­gio­sa”: “sarà ca­pa­ce di pren­de­re la sua de­ci­sio­ne su que­stio­ni re­li­gio­se quan­do cre­sce“. Inol­tre, il giu­di­ce ri­tie­ne che la cir­con­ci­sio­ne, “seb­be­ne in­va­si­va”, “è con­si­de­ra­ta qua­le pra­ti­ca ac­cet­ta­bi­le in co­mu­ni­tà di tut­ti i tipi, se ef­fet­tua­ta nel­le do­vu­te con­di­zio­ni”. La sen­ten­za non in­ten­de sta­bi­li­re se la cir­con­ci­sio­ne sia una vio­la­zio­ne o meno dei di­rit­ti sta­bi­li­ti da­gli ar­ti­co­li 3 e 8 del­la con­ven­zio­ne, ri­guar­dan­ti la proi­bi­zio­ne di tor­tu­ra e trat­ta­men­ti de­gra­dan­ti e il ri­spet­to del­la vita pri­va­ta e fa­mi­lia­re.

"non etichettarmi"

Un caso ana­lo­go è ac­ca­du­to an­che da noi, a Mi­la­no nel 2010. Ri­guar­da­va un bam­bi­no non bat­tez­za­to e in af­fi­do con­giun­to, che la ma­dre de­ci­se di in­via­re al ca­te­chi­smo no­no­stan­te il pa­re­re con­tra­rio del pa­dre. Il tri­bu­na­le die­de ra­gio­ne alla ma­dre.

È mol­to di­scu­ti­bi­le che un tri­bu­na­le con­ven­ga sul fat­to che un bam­bi­no non può es­se­re eti­chet­ta­to con una re­li­gio­ne de­ci­sa gio­co­for­za dai ge­ni­to­ri, ma al tem­po stes­so lo la­sci al pa­dre che può an­che far­lo cir­con­ci­de­re, pra­ti­ca più in­va­si­va del bat­te­si­mo per­ché com­por­ta un in­ter­ven­to.

Sul­la base di que­sta lo­gi­ca, i bam­bi­ni sono co­stret­ti a su­bi­re an­che mu­ti­la­zio­ni ge­ni­ta­li, che sia cir­con­ci­sio­ne ri­tua­le per i ma­schi o in­fi­bu­la­zio­ne ed escis­sio­ne del cli­to­ri­de per le fem­mi­ne. Con­tro le mu­ti­la­zio­ni ge­ni­ta­li fem­mi­ni­li, re­tag­gio di tra­di­zio­ni in cer­te aree so­prat­tut­to del­l’A­fri­ca e tol­le­ra­te dal­l’i­slam, an­che l’O­nu è in­ter­ve­nu­to con una ri­so­lu­zio­ne di con­dan­na.

Ri­spet­to alla cir­con­ci­sio­ne ma­schi­le c’è in­ve­ce più re­si­sten­za: ci si ap­pel­la alla li­ber­tà re­li­gio­sa, vi­sto che è una pra­ti­ca ti­pi­ca di ebrai­smo e islam. L’an­no scor­so, dopo una sen­ten­za che pa­ra­go­na­va la cir­con­ci­sio­ne a una “ag­gres­sio­ne”, le po­le­mi­che sono di­vam­pa­te in Ger­ma­nia. Tra­la­scian­do la que­stio­ne del di­rit­to d’a­si­lo, è im­por­tan­te fo­ca­liz­za­re l’at­ten­zio­ne su quel­la del­la li­ber­tà di edu­ca­zio­ne, tema tan­to caro alla Chie­sa cat­to­li­ca e alle con­fes­sio­ni re­li­gio­se in ge­ne­ra­le.

Pur­trop­po, pare pro­prio che in ogni pae­se vin­ca il più for­te (giu­ri­di­ca­men­te). Que­sto ac­ca­de per­ché si è in pre­sen­za di un’i­na­de­gua­ta lai­ci­tà del­le isti­tu­zio­ni, che dà pre­ce­den­za alla li­ber­tà di re­li­gio­ne (che tal­vol­ta di­ven­ta im­po­si­zio­ne di pra­ti­che che in al­tri con­te­sti non sa­reb­be­ro tol­le­ra­te) piut­to­sto che alla sal­va­guar­dia dei di­rit­ti del bam­bi­no.

Or­mai, si sarà ca­pi­to, il prin­ci­pio di lai­ci­tà non si li­mi­ta più sol­tan­to al­l’e­si­gen­za di se­pa­ra­zio­ne tra Sta­to e Chie­se. Ma an­che, se non so­prat­tut­to, al ri­co­no­sci­men­to di egua­li di­rit­ti a ogni cit­ta­di­no, in­di­pen­den­te­men­te dal­le sue con­vin­zio­ni in ma­te­ria di re­li­gio­ne. Le co­mu­ni­tà di fede si la­men­ta­no del­le di­scri­mi­na­zio­ni che su­bi­sco­no, ma sem­bra­no ten­de­re a far­lo solo quan­do sono in mi­no­ran­za. Lo fa­ces­se­ro quan­do sono in mag­gio­ran­za, avreb­be­ro ben al­tra re­pu­ta­zio­ne.

 

Foto: Murdelta/Flickr

 

 

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