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“L’ateismo rimpiazzerà la religione”: nel 2041 ci sarà una maggioranza laica

Per se­co­li i fi­lo­so­fi, so­prat­tut­to dal­l’il­lu­mi­ni­smo, han­no di­scus­so lar­ga­men­te sul fu­tu­ro de­cli­no del­la re­li­gio­ne. Al­cu­ni si sono az­zar­da­ti a trat­teg­gia­re sce­na­ri trion­fa­li­sti­ci sul­l’i­ne­vi­ta­bi­le fine del­le su­per­sti­zio­ni. Dal can­to loro i re­li­gio­si e gli apo­lo­ge­ti han­no fat­to pre­sen­te che, no­no­stan­te le pe­rio­di­che cri­si, tor­na­va­no sem­pre in sel­la gra­zie al­l’in­ter­ven­to di­vi­no. O, più fa­cil­men­te, per mez­zo di qual­che spin­ta­rel­la del­la po­li­ti­ca con gli im­man­ca­bi­li “uo­mi­ni del­la prov­vi­den­za”: qui man­ge du pape meurt.

Il di­bat­ti­to, so­prat­tut­to ne­gli ul­ti­mi de­cen­ni, con il lar­go uso dell’ap­proc­cio scien­ti­fi­co allo stu­dio del fe­no­me­no re­li­gio­so, si è fat­to sem­pre più sti­mo­lan­te, ric­co e va­rie­ga­to. La re­li­gio­ne cer­ta­men­te re­si­ste, per­ché è le­ga­ta alle tra­di­zio­ni e fa leva su ca­rat­te­ri­sti­che an­che evo­lu­ti­ve del­la no­stra spe­cie. Ma si ri­ve­la con chia­rez­za un fe­no­me­no pret­ta­men­te uma­no e un nu­me­ro cre­scen­te di per­so­ne se ne al­lon­ta­na, an­che fa­cen­do più fre­quen­te­men­te co­ming out nel di­chia­rar­si ateo e agno­sti­co.

Tra i vari stu­di, quel­lo che re­cen­te­men­te ha su­sci­ta­to di­bat­ti­to è fir­ma­to dal bio­psi­co­lo­go Ni­gel Bar­ber, già au­to­re di Why Athei­sm Will Re­pla­ce Re­li­gion. So­prat­tut­to per i ti­to­li ro­boan­ti che ne han­no par­la­to, se­con­do cui la re­li­gio­ne “spa­ri­rà” nel 2041. La teo­ria di Bar­ber è che la re­li­gio­ne pro­spe­ra dove c’è in­cer­tez­za e di­se­gua­glian­za eco­no­mi­ca: per ve­ri­fi­car­la ha pre­so in con­si­de­ra­zio­ne gli in­di­ca­to­ri di 137 pae­si, non­ché al­tri fat­to­ri (se il pae­se è co­mu­ni­sta, isla­mi­co, l’in­ci­den­za di ma­lat­tie, lo sta­to so­cia­le). Nel­la ver­sio­ne ag­gior­na­ta del suo stu­dio, usci­ta que­st’an­no, è giun­to alla con­clu­sio­ne che la re­li­gio­ne per­de­rà im­por­tan­za per la mag­gio­ran­za del­la po­po­la­zio­ne dei pae­si oc­ci­den­ta­li ver­so il 2041 (in pre­ce­den­za, l’an­no era il 2038). Quin­di non pro­spet­ta la scom­par­sa del­la re­li­gio­ne o del­la fede in Dio tout court, ma la di­mi­nu­zio­ne del­la loro in­fluen­za nel­le so­cie­tà più pro­spe­re (cui cor­ri­spon­de in par­te an­che l’au­men­to dei non cre­den­ti).

Il bio­lo­go Jer­ry Coy­ne ave­va espres­so i suoi dub­bi già nel 2011, quan­do uscì il li­bro. Il “gros­so pro­ble­ma”, ave­va scrit­to, è che al­cu­ni fat­to­ri non rap­pre­sen­ta­no va­ria­bi­li in­di­pen­den­ti che in­ci­do­no sul­la re­li­gio­ne ma si con­di­zio­na­no a vi­cen­da. Inol­tre, come si sa “cor­re­la­zio­ne non si­gni­fi­ca cau­sa­zio­ne”.chiesa-abbandonata

Bar­ber ha cer­ca­to di chia­ri­re la sua po­si­zio­ne, vi­ste le in­ter­pre­ta­zio­ni dif­fu­se spe­cial­men­te nel­le ul­ti­me set­ti­ma­ne. La re­li­gio­ne, so­stie­ne, “de­cli­na non solo con l’au­men­to del­la ric­chez­za na­zio­na­le, ma con tut­te le mi­su­ra­zio­ni ve­ro­si­mi­li del­la qua­li­tà del­la vita, come la lon­ge­vi­tà, il de­cli­no del­le ma­lat­tie in­fet­ti­ve, l’i­stru­zio­ne, l’au­men­to del wel­fa­re sta­te e la più equa di­stri­bu­zio­ne del red­di­to”. Per il 2041 sti­ma che ci sarà una mag­gio­ran­za lai­ca: “non ho mai so­ste­nu­to che la re­li­gio­ne spa­ri­rà nel 2041″, ma “solo che per­de­rà la sua cor­ren­te in­fluen­za mag­gio­ri­ta­ria”.

Al di là del­le con­clu­sio­ni del­lo stu­dio e del­la cor­ret­tez­za di cer­te pro­ie­zio­ni, è sot­to gli oc­chi di tut­ti che la se­co­la­riz­za­zio­ne pro­se­gue sen­za so­sta nei pae­si oc­ci­den­ta­li e co­min­cia a far­si stra­da an­che in quel­li dove fino a poco tem­po fa nem­me­no si sa­reb­be im­ma­gi­na­ta la pre­sen­za di non cre­den­ti, come quel­li isla­mi­ci e teo­cra­ti­ci. Ma guar­dia­mo con sano scet­ti­ci­smo cer­te ri­cer­che, con­sa­pe­vo­li che i fat­to­ri in gio­co sono tan­ti e in­trec­cia­ti. È un dato ac­qui­si­to in so­cio­lo­gia che le so­cie­tà più pro­spe­re, li­be­re e dove è dif­fu­sa la cul­tu­ra ten­do­no ad ave­re più in­cre­du­li. Ma in­ci­de an­che al­tro, come l’am­bien­te fa­mi­lia­re, il nu­me­ro di fi­gli e l’ac­ces­so alle in­for­ma­zio­ni e ai di­rit­ti.

Noi non sia­mo dog­ma­ti­ci, per­ché non pen­sia­mo di de­te­ne­re la ve­ri­tà, né sia­mo de­ter­mi­ni­sti, per­ché non sap­pia­mo come sarà il mon­do del fu­tu­ro e nem­me­no cre­dia­mo che al­cu­ni fat­to­ri pos­sa­no au­to­ma­ti­ca­men­te ge­ne­ra­re cer­ti ef­fet­ti, con­sa­pe­vo­li quan­to cer­te con­qui­ste sia­no sem­pre pre­ca­rie. Non fac­cia­mo pro­se­li­ti­smo, per­ché non an­dia­mo in giro a cer­ca­re di far cam­bia­re idea alle per­so­ne, né sia­mo au­to­ri­ta­ri, per­ché non vo­glia­mo che le per­so­ne cam­bi­no idea solo per­ché le au­to­ri­tà po­li­ti­che le for­za­no a far­lo. Né na­ta­li­sti, che pre­ten­do­no di som­mer­ge­re il mon­do di pro­pri fi­gli — co­sti quel che co­sti — da eti­chet­ta­re e in­dot­tri­na­re per far sa­li­re i nu­me­ri dei cre­den­ti.

Sia­mo sol­tan­to per­so­ne che vo­glio­no un mon­do mi­glio­re di quel­lo at­tua­le, che cer­ca­no di mi­glio­rar­lo fa­cen­do af­fi­da­men­to sul­le pro­prie for­ze e su quel­le del­le al­tre per­so­ne, con ra­zio­na­li­tà e prag­ma­ti­smo. Un mon­do dove ognu­no pos­sa es­se­re se stes­so e go­de­re di au­to­no­mia mo­ra­le, sen­za al­cun po­te­re ester­no, po­li­ti­co e non, che lo con­di­zio­ni e con come uni­co li­mi­te ana­lo­ghi di­rit­ti, li­ber­tà e di­gni­tà per gli al­tri abi­tan­ti del­la Ter­ra. Qua­li sa­ran­no le opi­nio­ni pre­va­len­ti in ma­te­ria di re­li­gio­ne tra i tan­ti mi­liar­di di es­se­ri uma­ni che abi­te­ran­no il pia­ne­ta nel 2041 è tut­to som­ma­to as­sai meno im­por­tan­te. 

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