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L’amministratore di sostegno: una legge per amica

L'amministratore di sostegno: una legge per amica

L’amministratore di sostegno ha festeggiato lo scorso 9 gennaio i sei anni di età (L.9.1.2004 n.6) ma è ancora troppo “piccolo” per essere conosciuto da tutti. Noto è o può esserlo a quelli che hanno la sfortuna di doversi dividere tra la propria famiglia e i genitori, zii o parenti incapaci di provvedere da soli alle proprie esigenze di vita quotidiana, perché affetti da Alzheimer, da demenza senile o altre menomazioni.
 
In realtà non è rara la nomina di un amministratore di sostegno anche per chi si trova nella incapacità temporanea di provvedere ai propri interessi a causa di una infermità parziale o temporanea ovvero per una menomazione fisica o psichica non tanto grave da richiedere il ricorso all’interdizione.
 
La legge, che è stata fortemente voluta anche per rimediare in parte alle conseguenze della “Basaglia” - la famosa legge 180 del 1978 che chiuse i manicomi imponendo nuove vie per la cura dei malati di mente - si applica quando non ricorrono gli estremi per ricorrere alla inabilitazione ed alla interdizione del soggetto.
 
L’art.404 del codice civile – così come riscritto dalla legge in esame – stabilisce che “la persona che, per effetto di una infermità fisica o psichica, si trova nella impossibilità anche parziale o temporanea di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio”.
 
La legge, diversamente dall’interdizione (che è applicabile alle persone inferme di mente incapaci di provvedere ai propri interessi) e dalla inabilitazione (applicabile a persone affette da parziale infermità di mente, a quelle che per prodigalità sperperano il proprio denaro, a quanti per uso di alcool o di droghe arrecano danni a loro ed alla famiglia) crea una sinergia tra l’amministratore di sostegno ed il soggetto “debole” da seguire e da curare, tra questi e la sua famiglia - quando ne ha una - lasciandogli un margine di autonomia, di capacità di agire, di fare scelte di vita giornaliere, tanto che i poteri conferiti all’amministratore di sostegno non sono assoluti ma sono modulati sulle capacità di autonomia residua del soggetto affidatogli.
 
La richiesta di nomina al giudice può essere fatta dallo stesso interessato (anche se minore), dal coniuge, da chi stabilmente convive con lui, dai parenti entro il 4° grado (es.figli, nipoti, genitori, nonni, cugini,etc.), dagli affini entro il 2° grado, dal tutore, curatore, dal pubblico ministero e dai responsabili dei servizi socio-sanitari che seguono il soggetto.
 
Nella richiesta - che non comporta alcuna spesa per chi la propone - devono essere contenute tutte le indicazioni possibili e utili al giudice tutelare per inquadrare il problema e quindi la descrizione della menomazione o della malattia, le capacità residue, la situazione familiare, sociale e lavorativa, la giustificazione dei motivi per i quali si richiede l’amministratore e, se viene proposta una persona, i motivi di tale scelta, le esigenze dell’interessato e gli atti per i quali si chiede la compresenza dell’amministratore, etc.. Sarà poi il giudice, nei successivi 60 giorni che ha a disposizione per fare il decreto di nomina, ad effettuare altri accertamenti, sentendo l’interessato, i parenti, i servizi socio sanitari.
 
La scelta del giudice avviene in genere scegliendo una persona tra i parenti sopraindicati ma egli può anche, ove lo ritenga, nominare una persona estranea alla famiglia se ritiene che tale scelta garantisca maggiormente gli interessi della persona da seguire.
 
Dopo la nomina del suo amministratore il soggetto “debole” conserva la capacità di compiere tutti quegli atti della vita quotidiana e quelli che il giudice non ha lasciato alla competenza esclusiva dell’amministratore o alla compresenza dell’interessato e dell’amministratore. Nel decreto di nomina, infatti, il giudice dovrà indicare quali sono i compiti dell’amministratore, quali atti giuridici possono essere compiuti solo se è presente l’interessato e l’amministratore, quali atti deve fare l’amministratore in sostituzione della persona che assiste, quanti soldi al mese deve consentirgli di spendere ove abbia una pensione, uno stipendio o un conto corrente bancario, quali sono gli obblighi reciproci tenendo presente che l’amministratore può in qualunque momento essere convocato dal giudice o chiedere di essere da lui sentito per prospettargli le problematiche che gli si presentano, fermo restando l’obbligo di presentare a fine anno una relazione e una rendicontazione contabile delle entrate e delle uscite.
 
E’ chiaro che se il soggetto ha bisogno di una “badante” perché non ha nessuno che lo accudisce materialmente e ci sono le condizioni finanziarie per pagarla, l’amministratore l’assumerà, la pagherà e a fine anno presenterà il rendiconto al giudice.
 
L’incarico, inutile a dirsi, è assolutamente gratis, perché non è prevista alcuna retribuzione fatto salvo in casi eccezionali – a fronte di un grosso impegno e ove le condizioni economiche dell’interessato lo consentano – un rimborso spese nell’ammontare stabilito dal giudice.
 
L’interessato, l’amministratore di sostegno, il pubblico ministero ed i soggetti della famiglia già sopra indicati, se ritengono che sono venuti meno i presupposti per la presenza dell’amministratore di sostegno, rivolgono istanza motivata al giudice che provvede con decreto motivato, dopo aver assunto tutte le informazioni e dopo aver sentito, separatamente e/o congiuntamente, l’interessato e l’amministratore.
 
Nell’esercizio del suo mandato l’amministratore deve seguire rigorosamente non solo i compiti affidatigli dal giudice ma anche tutta la normativa prevista dal codice in regime di tutela, per la parte compatibile con questa nuova figura, che prevede in caso di violazioni anche l’annullamento degli atti compiuti, su istanza dei parenti, eredi o dello stesso interessato.
 
Come abbiamo visto, quella dell’amministratore è una figura delicatissima che protegge il soggetto senza togliergli parte dei suoi diritti e ciò avviene quando ciò è assolutamente indispensabile per evitare che l’atto da lui compiuto possa risultare dannoso per sé stesso.
 
E’ una figura che si affianca al soggetto, quasi a prenderlo per mano per aiutarlo a camminare e a dribblare gli ostacoli di questo nostro mondo, sostenendolo e lasciandolo partecipe della maggioranza delle sue decisioni, nell’ambito di un programma concordato e condiviso, finalizzato non solo a curare gli aspetti economici del soggetto ma anche a salvaguardare e sviluppare la sua personalità consentendogli una vita quotidiana meno alienante.

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