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L’Avvenire della disinformazione sul fine vita

Diciamocelo chiaro e tondo. Articoli sul fine vita come quelli apparsi sul quotidiano dei vescovi Avvenire il 22 ottobre scorso, non ci stupiscono. Semmai ci irritano per quelle modalità con cui affrontano certe delicate questioni: unicamente da un punto di vista unidirezionale attraverso dichiarazioni raccolte tra personaggi le cui opinioni dettate da sfrenato integralismo sono ormai stabilite ed assodate da decenni. Andare a chiedere a politici dal niet risaputo come Paola Binetti (AP), Eugenia Roccella (NCD) o Gian Luigi Gigli (PI-CD) cosa pensano della proposta di legge di iniziativa popolare promossa dal comitato Eutanasia Legale, che anche l’UAAR contribuisce a sostenere e che gli italiani aspettano da decenni, è un lavoro giornalistico retorico quanto platealmente superfluo.

Se in questi articoli, con tanto di titoloni, non si accusasse apertamente le associazioni che sostengono la proposta di legge di fare lobbying sui politici, di servirsi dei malati in generale e di Max Fanelli in particolare, ci si limiterebbe a derubricare il tutto alla solita propaganda in salsa parrocchiale. Alla giornalista Francesca Lozito che ha scritto l’articolo raccogliendo opinioni partigiane e trascurando volutamente un’eventuale voce in grado di onorare il contraddittorio, sembra non vada a genio che ci siano associazioni e cittadini impegnati a chiedere la discussione di una legge che introdurrebbe un diritto civile su temi etici, proprio mentre in parlamento si sta discutendo di un altro diritto civile come il matrimonio gay. Come se il parlamento non fosse in grado di discutere e lavorare su entrambi gli argomenti contemporaneamente, o l’eventuale — e a nostro avviso auspicabile — accesso a entrambi i dritti a stretto giro temporale fosse per lei e per i suoi lettori un incubo da dover subito scansare.

Questa paura sembra attanagli anche Binetti, che nelle sue dichiarazioni riportate, oltre agli ovvi no all’eutanasia, è anche attenta a spostare l’attenzione sulle misure adottate per lenire le sofferenze dei malati come Max. Sofferenze altrui e malattie che vivono gli altri, non certo lei, per cui la prospettiva è e resta viziata come sempre dal principio. Il non riconoscere l’altrui libertà di poter scegliere per se stessi è un concetto che evidentemente, e nonostante i tanti anni che passano, Binetti e soci faticano ancora a comprendere. Il terrore di Eugenia Roccella passa per una fallacia logica — quella di brutta china — esplicitamente dichiarata e riportata nello stesso articolo con l’equivalente inglese, slippery slope. Tanto per darsi un tono. La sua idea è che se si comincia a concedere un diritto, il rischio è quello che si finisca per dover concedere anche tutti gli altri. Chissà quanti altri e che paura per tutti questi diritti e queste libertà eventualmente concesse! Roccella si esibisce rilasciando dichiarazioni estremamente fuorvianti e in malafede, come l’inesistente “ideologia gender” nelle scuole (o “truffa culturale” come ha detto il Ministro Giannini). Roccella infatti riesce a mettere sullo stesso piano la scelta di quei genitori che non vaccinano i figli, e che inevitabilmente coinvolge tutta la società e ricade sugli altri, con la libera scelta di porre fine alla propria vita, che evidentemente riguarda unicamente chi la compie.

La madre di tutte le angosce viene espressa dal Parlamentare, già Movimento per la Vita e protagonista nelle vicende di Eluana Englaro, Gian Luigi Gigli. A questo intervistato non piace la campagna di informazione e sensibilizzazione del gruppo #IoStoConMax — sostenuto anche dalla nostra associazione — rivolta a deputati e senatori per chiedere la calendarizzazione della proposta di legge sull’eutanasia. Anche se calendarizzare e discutere quella legge è a tutti gli effetti un diritto costituzionale di chi l’ha legittimamente sottoscritta e presentata in parlamento, e quindi meriterebbe responsabilità da parte di chi, come lui, ha l’obbligo di discuterla. Dalla sua prospettiva si tratterebbe di “ideologia”, “pressioni e lobbying” sulle istituzioni. Dalla nostra ci pare alquanto vile che Gigli accusi associazioni di fare pressioni speculando politicamente sui malati, là dove lo stesso Movimento per la Vita di cui è membro illustre, dal 1977 presenta rapporti sulla modifica della legge 194/78 (IVG), petizioni per il riconoscimento del concepito, campagne di astensione sui referendum riguardanti la fecondazione assistita e via dicendo. Ci sembra tutto troppo riconducibile alla storiella della trave nel proprio occhio, e della pagliuzza negli occhi altrui. Coerenza ed onestà intellettuale cercasi disperatamente, insomma.

Peraltro si tratta di accuse smaccatamente infondate, proprio per il fatto che nessuno sta strumentalizzando Max Fanelli. È semmai Max Fanelli stesso che, liberamente e di propria iniziativa, sta strumentalizzando il proprio corpo di malato terminale per ottenere una legge che regolamenti il fine vita. Lo fa ormai quotidianamente da quasi un anno, dalla sua pagina o bacheca personale Facebook. Senza pressioni esterne, felicemente, indipendentemente come sempre, e con l’entusiasmo e la voglia di lottare per le libertà che da sempre hanno caratterizzato la sua vita di impegno sociale e civico. Ormai le notizie sul nostro amico Max sono talmente tante e si susseguono a ritmi talmente incalzanti nelle cronache nazionali che l’iperclericale Gigli potrebbe anche scomodarsi nel raccoglierne qualcuna, prima di accusare o parlare a sproposito di cose che non conosce o che volutamente non vuole riconoscere, per ricamarci sopra le sue fantasiose prospettive.

Gli esponenti integralisti possono cominciare a rasserenarsi. Dopo decenni di dibattiti, di casi, dopo ben tre sollecitazioni a legiferare da parte dell’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano rimaste inascoltate, dopo continui progetti di legge presentati e mai compiutamente definiti e realizzati, dopo che solo pochi giorni fa, perfino alcuni membri dell’Associazione Nazionale Magistrati, oltre che del Consiglio di Stato nel recente passato, si sono espressi sulla necessità di regolamentare la materia, la battaglia per l’ottenimento del diritto a non soffrire e a concludere la propria vita in libertà e con dignità avrà fine solo con l’ottenimento di una legge che introdurrà tutto questo in modo esplicito e legittimo. Le associazioni che si battono su questo delicato argomento e per la proposta di legge del nostro comitato Eutanasia Legale si batterebbero anche se non ci fossero malati terminali e sofferenti come Max, e lo farebbero perché nessuno, men che meno lo Stato sui suoi cittadini, può permettersi di interferire, di opprimere o di decidere sulla vita e sui limiti alle sofferenze che devono avere gli individui.

Paul Manoni, Circolo UAAR Ancona

Questo articolo è stato pubblicato qui

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