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L’Avis e il clericalismo figlio del monopolio

Sem­bre­rà ov­vio, ma l’a­de­sio­ne a un’or­ga­niz­za­zio­ne qual­sia­si da par­te di una per­so­na im­pli­ca prin­ci­pal­men­te una cosa: l’ac­cet­ta­zio­ne de­gli sco­pi so­cia­li. È così sem­pre, o al­me­no do­vreb­be es­ser­lo. Nel caso del­l’Uaar, in­fat­ti, nel­lo sta­tu­to sono espres­si gli sco­pi so­cia­li che l’as­so­cia­zio­ne si pone come obiet­ti­vo, se­gui­ti a bre­ve di­stan­za dal­la chia­ra af­fer­ma­zio­ne che l’a­de­sio­ne al­l’as­so­cia­zio­ne com­por­ta la loro con­di­vi­sio­ne. An­che un cre­den­te, con­tra­ria­men­te a quan­to si sa­reb­be por­ta­ti a ri­te­ne­re, può quin­di iscri­ver­si al­l’Uaar. Chi non può far­lo è solo chi non con­di­vi­de gli sco­pi espres­si al­l’ar­ti­co­lo 3.

Que­sta do­vreb­be quin­di es­se­re la re­go­la, il prin­ci­pio da se­gui­re, in tut­ti gli am­bi­ti as­so­cia­ti­vi, ma ca­pi­ta a vol­te che que­sto prin­ci­pio ven­ga igno­ra­to. L’e­sem­pio lam­pan­te è quel­lo del bat­te­si­mo, vera pra­ti­ca di am­mis­sio­ne ad un’or­ga­niz­za­zio­ne, in que­sto caso la re­li­gio­ne cat­to­li­ca, che pre­fe­ri­sce im­por­re i suoi sco­pi so­cia­li piut­to­sto che chie­der­ne la con­di­vi­sio­ne. Con­di­vi­sio­ne che non po­treb­be nem­me­no es­se­re espres­sa vi­sto che chi vi vie­ne as­so­cia­to, ad ec­ce­zio­ne di rari casi, è qua­si sem­pre un in­fan­te che da quel mo­men­to, e suo mal­gra­do, sarà con­si­de­ra­to “sud­di­to del­la Chie­sa” per­fi­no dal­le isti­tu­zio­ni se­co­la­ri (cfr: sen­ten­za Fior­del­li), al­me­no fino a quan­do non de­ci­de­rà di uscir­ne vo­lon­ta­ria­men­te (sta­vol­ta sì) con lo sbat­tez­zo.

Anzi, ad es­se­re esat­ti lo sbat­tez­zo vie­ne ri­te­nu­to ri­so­lu­to­rio per lo Sta­to, ov­via­men­te an­che per lo sbat­tez­za­to che con tut­ta pro­ba­bi­li­tà si sen­ti­va li­be­ro già da pri­ma, ma non per la Chie­sa che con­si­de­ra il bat­te­si­mo in­de­le­bi­le e che per­ciò con­ti­nua a ri­te­ne­re lo sbat­tez­za­to sog­get­to al Co­di­ce di di­rit­to ca­no­ni­co.

Esi­sto­no poi an­che casi in cui non si vie­ne as­so­cia­ti con­tro la pro­pria vo­lon­tà, come nel­la cir­co­stan­za del bat­te­si­mo, ma piut­to­sto ci si as­so­cia vo­lon­ta­ria­men­te sal­vo poi sco­pri­re che le at­ti­vi­tà del­l’as­so­cia­zio­ne sono di­ver­se da quel­le che ci si aspet­ta­va, quan­do ad­di­rit­tu­ra non in con­trad­di­zio­ne con il suo sta­tu­to, o i suoi sco­pi.

In tali casi il pro­ble­ma si po­treb­be ri­sol­ve­re sem­pli­ce­men­te ri­ti­ran­do la pro­pria ade­sio­ne, ma­ga­ri sce­glien­do poi un’al­tra as­so­cia­zio­ne più con­so­na al pro­prio modo di ve­de­re, am­mes­so che vi sia. E se non c’è pa­zien­za, non si può mica pre­ten­de­re di ob­bli­ga­re quel­la cui si era as­so­cia­ti a cam­bia­re per noi. Ma se que­st’as­so­cia­zio­ne svol­ge un ser­vi­zio pub­bli­co, e non ce n’è un’al­tra che lo svol­ga nei pa­rag­gi, che si fa?

Si pren­da ad esem­pio l’A­vis, l’as­so­cia­zio­ne di do­na­to­ri di san­gue più gran­de d’I­ta­lia. L’A­vis rag­grup­pa per­so­ne che do­na­no vo­lon­ta­ria­men­te il pro­prio san­gue e pro­ce­de alla rac­col­ta del pre­zio­so flui­do per con­to del SIMT pro­vin­cia­le, uni­co a po­ter­lo ge­sti­re per leg­ge.

I do­na­to­ri sono soci del­l’A­vis, e seb­be­ne lo sta­tu­to de­fi­ni­sca l’as­so­cia­zio­ne come “acon­fes­sio­na­le”, di fat­to poi mol­te se­zio­ni lo­ca­li or­ga­niz­za­no even­ti cat­to­li­ci, an­che in di­ret­ta col­la­bo­ra­zio­ne con dio­ce­si e par­roc­chie. Ca­pi­ta per­si­no che con­si­de­ri­no “acon­fes­sio­na­li­tà” il sem­pli­ce fat­to di am­met­te­re per­so­ne di qua­lun­que con­fes­sio­ne. È chia­ro che in que­sti casi il lai­co, che sia o meno cre­den­te, si tro­va a di­sa­gio. Il prin­ci­pio del­la con­di­vi­sio­ne gli im­po­ne, per ovvi mo­ti­vi, di la­scia­re l’as­so­cia­zio­ne, e in teo­ria sa­reb­be te­nu­to a ri­vol­ger­si al­tro­ve qua­lo­ra in­ten­des­se con­ti­nua­re a do­na­re san­gue. Già, ma ri­vol­ger­si a chi?

Le al­ter­na­ti­ve al­l’A­vis pos­so­no es­se­re solo due: un’al­tra as­so­cia­zio­ne di do­na­to­ri o di­ret­ta­men­te il SIMT. Pur­trop­po, però, è meno sem­pli­ce di quan­to si pos­sa pen­sa­re, per­ché le as­so­cia­zio­ni al­ter­na­ti­ve al­l’A­vis non han­no la stes­sa dif­fu­sio­ne di que­st’ul­ti­ma e sono pre­sen­ti solo in par­te del ter­ri­to­rio ita­lia­no.

Non esi­sto­no si­cu­ra­men­te a Ra­gu­sa, dove un no­stro so­cio ha de­ci­so di di­met­ter­si dal­l’A­vis dopo aver rea­liz­za­to che il cle­ri­ca­li­smo del­la se­zio­ne lo­ca­le è tut­t’al­tro che mar­gi­na­le, come te­sti­mo­nia­to, ad esem­pio, dal fat­to che ospi­ta la sta­tua di una Ma­don­na e in­vi­ta i soci su Fa­ce­book a vi­si­tar­la e pre­ga­re. Il no­stro so­cio ha quin­di de­ci­so di ri­vol­ger­si di­ret­ta­men­te al SIMT, scon­tran­do­si però con una tri­ste real­tà: a Ra­gu­sa il SIMT non ac­cet­ta do­na­to­ri, ac­cet­ta solo san­gue pro­ve­nien­te dal­l’A­vis e in­vi­ta gli aspi­ran­ti do­na­to­ri ad iscri­ver­si al­l’A­vis.

For­tu­na­ta­men­te non è così dap­per­tut­to. Esi­sto­no se­zio­ni Avis lo­ca­li non par­ti­co­lar­men­te cle­ri­ca­li, a cui sono iscrit­ti tan­ti soci Uaar, e vi sono nu­me­ro­se pro­vin­ce dove i SIMT ac­cet­ta­no do­na­to­ri e dove sono at­ti­ve al­tre as­so­cia­zio­ni. E com’è noto il plu­ra­li­smo fa­vo­ri­sce la lai­ci­tà. In­ve­ce a Ra­gu­sa, e chis­sà in qua­li al­tre pro­vin­ce, si è in pre­sen­za di una si­tua­zio­ne pa­ra­dos­sa­le: un ser­vi­zio pub­bli­co vie­ne ap­pal­ta­to, di fat­to ma non for­mal­men­te, in via esclu­si­va a un’as­so­cia­zio­ne pri­va­ta di chia­ra con­no­ta­zio­ne cle­ri­ca­le, con la con­se­guen­za che chi non ne con­di­vi­de l’a­zio­ne si tro­va co­stret­to a sce­glie­re tra la ri­nun­cia al ser­vi­zio e quel­la alla pro­pria coe­ren­za.

E non è nem­me­no un caso uni­co, vi­sto che par­lia­mo del­la stes­sa cit­tà in cui una coo­pe­ra­ti­va di vo­lon­ta­ria­to lai­ca si è vi­sta met­te­re i ba­sto­ni tra le ruo­te dal­la Ca­ri­tas. Si po­treb­be obiet­ta­re che si può sem­pre cer­ca­re di por­ta­re l’A­vis a ri­spet­ta­re il suo stes­so sta­tu­to, ma an­che que­sta stra­da è sta­ta ten­ta­ta da un al­tro so­cio Uaar. Pur­trop­po, sen­za suc­ces­so.

 

Foto: Avis
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