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L’Aquila. Broken pieces

L'Aquila. Broken pieces, è un progetto personale che vede protagonista la città de L'Aquila, colpita e devastata nel 2009 dal sisma che ha sconvolto per sempre il suo centro storico e i territori delle province circostanti. L'idea è stata, e rimane, quella di documentare lo stato attuale della situazione, senza alcun filtro o censura. Quello stesso stato delle cose, dal punto di vista edilizio ed urbanistico che a tutt'oggi appare ancora in fase di "stallo", o quantomeno non risolto del tutto. Il progetto prevede infatti una documentazione periodica, fatta di sopraluoghi, realizzazioni fotografiche e quant'altro con lo scopo di raccogliere quel materiale sufficiente a realizzare un servizio in continuo aggiornamento di stampo "foto-giornalistico". E' prevista, successivamente, anche una nuova fase del progetto (sessione #2) che avrà come oggetto invece la documentazione non più prettamente "materiale" delle cose, ma un'analisi introspettiva ed emotiva, fatta di testimonianze dirette di chi ha vissuto sulla propria pelle, e vive tutt'ora, la situazione ed il suo evolversi nel territorio Aquilano. Il presente Progetto è stato oggetto di pubblicazioni web e magazine.

Il progetto artistico “L’Aquila. Broken pieces”, ha origine nell’autunno 2014 durante una delle ripetute visite presso il centro storico della città de L’Aquila. Trascorsi alcuni anni, da quel maledetto 2009, in cui in pochi attimi tutto venne stravolto per sempre, ed in cui oltre 300 persone persero la vita, ho avuto modo di visitare la città per diversi periodi. Macchina fotografica alla mano, ho inizialmente creduto che immortalare lo stato delle cose, del centro storico stesso, e delle zone limitrofe, fosse un modo “diretto”, senza filtro alcuno, per dare voce a quei stessi luoghi. Alla gente del posto, far sentire le loro… voci. Il loro grido, per quanto ancora non è stato fatto, ed è invece da fare. O era, da fare. Che sarebbe dovuto già esser fatto, o quantomeno, iniziato. In parte lo è, eppur non basta. Sono trascorsi già alcuni anni, e l’atmosfera che si respira lì odora ancora di calcinacci, cemento, calce.

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C’è un rumore di silenzio. L’idea si è evoluta in questi mesi, ha preso forma, inaspettatamente in un modo che non immaginavo neppure. Ho unito l’aspetto artistico dettato dall’arte visiva della fotografia, all’aspetto filo-documentaristico. Sono stati così realizzati scatti, parte di un primo album completamente realizzato in bianco e nero. Una tecnica ed una scelta appositamente voluta, per esprimere quel senso di malinconia verso quei luoghi così magici oggi ancora non ritornati alla normalità, semmai fosse possibile parlare di normalità.

Sono trascorsi mesi, dal primo “reportage”. Mesi in cui ho preso contatti, tanti, troppi forse per un argomento, paradossalmente, che già di per se dovrebbe suscitare interesse ancora oggi e di cui, al contrario, non si parla attualmente non più di tanto. Forse caduto un po’ in penombra, ecco. Qualche dimostrazione di interesse, qualche pubblicazione ottenuta sul web e sulla carta stampata, locale, e nulla di più. Molti pareri favorevoli, si, magari diversi complimenti per l’iniziativa intrapresa anche di difficile “affronto”, visto il tema, ma ciò non basta, non può e non deve esser considerato come un qualche genere di punto di arrivo. Ho lasciato parlare le immagini. Poche parole allegate, mantenute in forma “originale” così come ne scrissi in quel periodo mentre realizzavo il lavoro sul posto. Una sorta di piccolo paragrafo personale, una breve ed intensa descrizione di ciò che passava per la mente mentre l’occhio era impegnato come osservatore delle cose. Difficile mantenere un distacco necessario, in certi istanti. Quando intorno immagini con la testa ciò che può esser stato tempo fa. Quando noti cambiamenti drastici, le cui ferite rimaste saranno almeno per certi versi sempre visibili. C’è voglia di ricominciare, ma per questo, proprio per simili ragioni, c’è voglia di gridare, di parlare, anche tra amarezza, di dire ciò che ancora non va, quel qualcosa che evidentemente in questo presente per qualche motivo “non fa più molta notizia”. Sarà il contrasto dovuto alle differenze cui sono abituato da sempre.

Per uno che come me, arriva da Roma, dalla capitale, dal suo bel casino, caos ovunque, fatto di rumori e di frenesìa. Proiettarsi in quella terra abruzzese, dove ho tante persone a me care, trovarmi li di tanto in tanto, in compagnia di parenti e amici cui sono molto legato, e sentirmi parte di quel tutt’uno “affetti-luoghi”… crea un’atmosfera dalla quale poi è sempre un po’ complicato “distaccarsi” per tornare alla realtà di ogni giorno che mi lega qui nella capitale. Fa sempre un certo effetto prendere, ripartire in macchina. Ogni km di autostrada tra quel verde e quelle lunghe linee di asfalto, tra quelle montagne, segmentato solo da qualche tunnel ogni tanto, accompagna i pensieri che si moltiplicano nella testa. Crea una certa confusione interiore, ed è difficile negarlo. Perfino a me stesso. Ma è anche ciò da cui ogni volta intendo ripartire. E’ quello “start” iniziale che permette poi di dire “arrivederci” a quella terra che riserva sempre qualche curiosità, qualche cosa da scoprire ogni volta che ci si muove sul posto. Prosegue così l’idea di tornare alle mie origini artistiche, di scrivere, comunicare ciò che mi passa dentro. Condividere con il mondo il mio personale punto di vista; di farlo in modo autonomo stavolta. Senza chiedere troppi “permessi”. Dire ciò che ho dentro, del resto l’ho sempre fatto. Non è certo una novità. Ho sempre creduto che niente come parole ed immagini possa riuscire a fermare per sempre il tempo in qualcosa o qualcuno. Magari chissà, tornare ad unire parole e fotografie, potrebbe rivelarsi proprio come la pozione magica perfetta per riuscire in questo arduo intento. Certi momenti si vorrebbe solo poter tornare indietro, riavvolgere il nastro. 

Tornare a vivere. Riascoltare. Vedere. Continuamente e senza freni. Come una scarica che ti attraversa, come qualcosa da cui è difficile staccarsi. Sensazioni di un passato che non torna né ora né mai, e che soltanto queste forme artistiche possono trovare modo di descrivere. Si susseguono nella testa come schegge impazzite idee simili. Ogni singolo giorno, lampi di luce illuminano istanti in cui vorrei esser capace di sconvolgere il mondo intero, rivoluzionare la voglia di ribellarsi, anche quando si tratta di eventi simili, dovuti alla sola forza, o magari cattiveria?... della natura. Quando accade che sia lei stessa a ribellarsi, senza apparente motivo poi. Quella forza nascosta in un testo appunto, o in un’immagine, per tornare ancora e ancora a gridare la voglia di fare che c’è e c’è sempre stata. E’ da questi precisi presupposti, che intendo continuare il mio viaggio interiore per questa Regione. Per questa gente. Per queste persone, prima ancora. A volte si è soltanto, semplicemente, stanchi di ascoltare lo stesso silenzio che avvolge la propria sera. Non è un desiderio di “caos”. No, è un desiderio interiore di quiete. Di calma. Un concetto assolutamente ben diverso. Ma una calma dalla forma strana a dirsi. Una calma fatta di sere d’estate, di fresco, di luci in lontananza, di risate che riecheggiano nel buio, mentre affacciato da qualche parte, ti senti in pace con te stesso.

Una tranquillità interiore che passa dalla consapevolezza di aver dato il 100% per qualcuno,anche con un nulla. Qualcuno che si ritroverà in questa lettura intima, in questa voglia di aprirsi e parlare. Come in questi anni dal sisma non ha mai saputo o voluto fare con nessuno. Anche solo avendo speso parole e creatività per portare a termine un’idea. In un concetto, dare voce a chi attualmente l’ha persa, o non ne ha avuta. Ecco perché le prossime fasi del mio lavoro “L’Aquila. Broken pieces” saranno orientate più verso le persone, che non solo sul profilo materiale ed urbanistico. Perché c’è bisogno di urlare a volte, per farsi sentire lontano. C’è bisogno di raccontare, di continuare a farlo. Di crederci. Senza fermarsi. Mai. C’è bisogno di continuare quel cammino iniziato. Questo rappresenta ora il mio esatto punto di (ri)partenza.

Info sul progetto “L’Aquila. Broken pieces”, contatti e maggiori info sul mio sito web:

www.mikerphotoart.wix.com/book

[email protected]

Questo articolo è stato pubblicato qui

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