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Jobs Act: la monetizzazione dei diritti

Riporto un pezzo dell'intervista del segretario CGIL Camusso a La Repubblica domenica scorsa: si parla di jobs act (il giorno atteso da anni...), di posti di lavoro e di articolo 18.

Laddove si stabilisce che un comportamento pur illegittimo (il licenziamento senza giusta causa), viene legalizzato o meglio, monetizzato.
 

Parleremo del Nuovo Statuto. Renzi, intanto, ha detto che quella di venerdì è stata una “giornata storica” con l’abolizione dell’articolo 18 e la cancellazione delle false collaborazioni. Lei condivide?
«Ahimè si. È stata una giornata molto negativa per le decisioni prese, per la filosofia che si è affermata, per il rapporto che si è stabilito con il Parlamento. Per i diritti, per i Lavoratori, per i giovani è una giornata da segnare in nero, mi auguro che sarà al più presto cancellata. Eppure, nel decreto c’è scritto che “il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro"».
Non è la richiesta della Cgil?
«Certo, ma quello che hanno realizzato non è un contratto a tempo indeterminato. Per noi il rapporto di lavoro porta in sé le tutele e il riconoscimento delle libertà dei lavoratori. La monetizzazione crescente non è un rapporto di lavoro nel quale si realizza la libertà del lavoratore. C’è piuttosto lo stato di perenne condizionamento, la costituzione di uno stato servile e non paritario».
Lei parla di uno stato “servile” del lavoratore perché è stato abolito il diritto al reintegro. Ma l’articolo 18 si applicava e si applica ai lavoratori già assunti solo nelle aziende con più di quindici dipendenti. Tutti gli altri sarebbero già oggi in condizioni di servilismo? 
«La questione, come abbiamo sempre detto e come ha sempre affermato la giurisprudenza, è l’effetto deterrente che l’articolo 18 dispiegava: non mi puoi licenziare ingiustamente perché mi posso difendere. Ora, con la stessa filosofia della soglia del 3 percento per l’evasione fiscale, si stabilisce che è accettabile un comportamento anche se illegittimo. Questa sì è davvero una rivoluzione o meglio una contro-rivoluzione. Ed è contro i soggetti più deboli».
La tesi del governo è che il superamento dell’articolo 18 toglie ogni alibi alle imprese e dunque offre più opportunità di lavoro ai giovani. Non vale la pena accettare meno diritti e più lavoro?
«Ci sarebbero più opportunità di lavoro se qualcuno si occupasse di creare lavoro. E’ che nessuno lo fa. Rimane sempre lo stesso bacino di tre milioni di disoccupati e del 40 percento di giovani senza lavoro. Se solo si sbloccasse quella follia della legge sull’età pensionabile si determinerebbero 400mila assunzioni senza bisogno di falcidiare i diritti, demansionare i lavoratori e creare precariato mascherato. Renzi sbandiera il vessillo del primato della politica e poi delega tutto alle imprese».
E se fosse vero che con il decreto 200mila finti collaboratori saranno assunti, come ha detto Renzi, con un contratto a tempo indeterminato? 
«Ecco: questo è il tipico modo di costruire una notizia Tutti danno per scontato questa operazione ma nessuno andrà a verificare cosa, come e se si realizzerà. Ad esempio, dove sono i vincoli che permettono a un giovane collaboratore di chiedere la trasformazione del suo contratto? Non c’è niente. E in più tutti i contratti precari escono indenni dal decreto».
Questo articolo è stato pubblicato qui

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