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Italia terra di mezzo: a proposito dell’emergenza immigrazione e della geopolitica mondiale

Oggi ci misuriamo con la fine di passate illusioni e paghiamo i conti di politiche false ed ingenue assieme, di errori nostri e altrui.

Paghiamo il conto della destabilizzazione del Medio Oriente, delle Primavere arabe sponsorizzate dagli Americani, dei sogni di grandeur di Sarkozy e della Francia, che hanno portato alla destabilizzazione della Libia, delle nuove tensioni da guerra fredda con la Russia di Putin. Paghiamo per l'Europa, per gli immigrati, per gli F35 da comprare dagli Americani, perché non dobbiamo più prendere il gas di Putin (e via il gasdotto sud Stream!). Paghiamo a prescindere: perché siamo ricchi!

I nostri creditori sono ora l’Europa, distante ed immorale, ora i potentati economici, che ci impongono gravami sempre più insopportabili, ora l’America con la sua politica maldestra e le sue diaboliche ipocrisie, ora finanche la Chiesa universale pronta ad addebitarci colpe che il più delle volte non sono nostre.

Per anni, servili politicanti hanno spacciato la cessione di sovranità come un’opportunità per l’Italia. “Dobbiamo entrare in Europa!” - si diceva - e l’Euro sembrava essere la nostra massima aspirazione. E siamo entrati in Europa! Da allora il nostro sistema economico è stato massacrato dalle tasse, senza che diminuisse il debito pubblico, il nostro impianto industriale indebolito o svenduto, la disoccupazione, soprattutto giovanile, accresciuta (abbiamo un milione di disoccupati in più e il 50% dei giovani che non trova lavoro). Centinaia di migliaia di piccole aziende ed esercenti hanno fallito, migliaia di piccoli commercianti ed imprenditori si sono suicidati.

Ma non è servito a nulla, perché la situazione generale non si schioda da dov’è: non si smuove. Il nostro sistema economico è fermo e paralizzato. Non si crea ricchezza, né nuovi posti di lavoro. Il nostro benessere sembra essere andato a male. Mentre masse di migranti si riversano dall’Africa sull’Italia, paradossalmente riprende l’emigrazione italiana verso l’Europa e l’America.

L’Europa politica è spudoratamente ingiusta. Lo si riscontra nei diktat franco-tedeschi, che impongono scelte ed interessi contrastanti con i nostri, visioni che fanno a pugni con la nostra memoria e con quel poco di identità nazionale che ci resta. "E' demoralizzante vedere che quando fanno i vertici che contano non ci invitano più" – ha dichiarato Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, il 13 giugno 2015 a proposito dei vertici sui debiti della Grecia. E sono loro, Francia e Germania, a dirci cosa dobbiamo fare degli immigrati, dopo che la Francia ha di fatto chiuso le frontiere con controlli e respingimenti e che la Germania continua ad imbarcare migranti per poi farli sbarcare sulle nostre coste. E dall’Europa vengono diritte sulla democrazia, sulla libertà, su come dobbiamo agire, su cosa dobbiamo credere e pensare…

Siamo come stretti in una morsa, in mezzo fra un mondo di miseria che bussa alle porte e le vecchie signore d’Europa, imbellettate, ciniche e patetiche assieme. In mezzo fra nord e sud, fra est ed ovest. Vorremmo mediare, com’è nella nostra vocazione, ma non abbiamo libertà di manovra. Non a caso Berlusconi che aveva stretto rapporti privilegiati con Libia, Turchia, Russia, Algeria, finì per contrastare i disegni strategici di Stati Uniti e Gran Bretagna, come rivelarono a suo tempo report e analisi da Wikileaks. Non a caso a Renzi, che ha provato a recitare la parte da imbonitore col Presidente russo Putin in visita all’Expo, fonti della Casa Bianca hanno ricordato che «le conclusioni del G7 sono chiare», rimarcando l’impegno dei leader «per mantenere le attuali sanzioni» verso la Russia.

Siamo una terra di mezzo, al centro di movimenti di faglia, che ci stritolano fra un mondo di migranti economici e di richiedenti asilo ed un’Europa che erige muri, fra Islam sempre più prepotente e violento e cristianesimo perseguitato, fra potenze emergenti che ci sottraggono terreno e spazio ed economie di antica industralizzazione sempre più vulnerabili. Ci troviamo nelle strettoie della geopolitica mondiale e dobbiamo convivere a forza con le angustie di un presente senza entusiasmi e senza speranza. Siamo, non a caso, un Paese di vecchi in cui la natalità – lo confermano le statistiche diffuse qualche giorno fa’ – è ai minimi, con una differenza fra nascite e morti sulle 100000 unità.

A fronte di una globalizzazione che corrode identità e stritola differenze, che sfida la democrazia e la sovranità, non basta aggrapparci al nostro più o meno recente passato. Occorre forse resuscitare una memoria più antica e profonda, ritrovare una spiritualità e, parola grossa, un’identità smarrita. In questa direzione va il contributo di solidarietà autentica, non imposta dalla retorica politica né catechizzata da porporati un po’ bacchettoni e un po’ guerci, che si sta spontaneamente dimostrando in molte città italiane a fronte dell’emergenza immigrazione proprio in questi giorni.

E’ questa l’Italia che ci piace, quella che sa avere rispetto delle persone, a prescindere da tutto, con una generosità che fa onore alla sua radicata sensibilità cristiana.

Foto: Flickr (Autore: Gnuckx)

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