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Islanda, il "paese felice" a rischio default

L’Islanda, il paese felice (secondo alcuni fantasiosi italiani) che ha vinto la battaglia contro i creditori e dispone di una valuta propria con cui stampare la propria felicità, si trova in una situazione sempre più problematica, oltre che a rischio di una pesante serie di default privati entro i prossimi anni. Circostanza che dimostrerebbe, per l’ennesima volta, che le cose lassù non sono andate come farneticano in molti quaggiù.

La banca centrale islandese la scorsa settimana ha comunicato che il settore privato non ha abbastanza valuta estera per ripagare i propri debiti in scadenza da qui al 2018. Il totale di tali debiti è pari a 700 miliardi di corone, equivalenti a circa 5,8 miliardi di dollari. Il problema è che il surplus delle partite correnti previsto per l’Islanda nello stesso arco temporale (oggi c’è comunque ancora un piccolo deficit) non raggiunge neppure la metà di tale importo. C’è quindi un buco di riserve in valuta, pari ad un mirabolante 20% del Pil dello stato-isola che tanto eccita le fantasie di alcuni italiani.

L’Islanda attualmente è priva di accesso ai mercati finanziari internazionali. Questo è un effetto collaterale derivante dalla presenza di controlli sui capitali, in atto dalla crisi del 2008 e di cui il paese ancora non riesce a vedere l’uscita. Anche qui, un numero servirà a dare la misura del problema. I non residenti hanno attualmente propri capitali “intrappolati” in Islanda per un importo equivalente a 7,2 miliardi di dollari.

Sapendo che il Pil islandese equivale a 14 miliardi di dollari, il candidato immagini che accadrebbe se i controlli sui capitali venissero rimossi, con conseguente deflusso di quei 7,2 miliardi, o anche di una frazione degli stessi, previa ovvia conversione in valuta estera che la banca centrale islandese dovrebbe fornire ai richiedenti. È piuttosto ironico (ma tutt’altro che anomalo) che un paese che ha la propria divisa si trovi ad alto rischio di default sul debito privato in valuta ma la realtà, come noto, è sempre più complessa di quanto siamo disposti ad ammettere, sopratutto quando “scopriamo” proiettili d’argento e vie d’uscita che semplicemente non sono tali.

Che significa tutto ciò, in soldoni? Essenzialmente, che i controlli sui capitali sono una iattura, perché si sa quando vengono imposti ma non quando sarà possibile rimuoverli. Ciò causa distorsioni allocative, perché ad esempio le corone detenute da non residenti vengono impiegate in acquisti di immobili, creando una bolla oltre a varie pressioni inflazionistiche, e soprattutto impedisce al paese di rientrare sui mercati internazionali dei capitali. Nel caso islandese, inoltre, si nota che il recupero di competitività seguito al crollo della corona post scoppio della bolla è ancora insufficiente a far fronte al retaggio della ubriacatura di indebitamento in valuta dell’epoca del boom.

Morale: cresce il rischio che, per uscirne, i debitori privati debbano fare default sulle proprie passività in valuta, con tutto quello che ne conseguirebbe per il paese, anche se in molti (qui da noi) si ostinano a non vedere questi “dettagli”. A cinque anni dallo scoppio della bolla, le conseguenze continuano a riverberarsi sulla vita del paese e dei suoi abitanti. Tutti felici di “aver fatto default”, secondo alcuni somari italiani.

Un default che non è mai avvenuto, sinora, ma che potrebbe avvenire come stillicidio in un futuro molto prossimo.

 

Foto: Victor Montol/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Luca Troiano (---.---.---.107) 15 ottobre 2013 12:34

    Grande come sempre!! Però è strano.. solo le 12:32 e non è ancora giunto nessun grillino a crocifiggerti.. chissà, si vede che a CasaPound avranno da fare ahahah

    • Di (---.---.---.91) 15 ottobre 2013 13:03

      Semplice hanno da fare cose piû importanti che risponderti


    • Di (---.---.---.189) 15 ottobre 2013 19:30

      C’è parecchia gente che è convinta di avere dei pensieri. Fin qui niente di particolare. 
      Molti sono anche convinti che questi pensieri siano originali. Pazienza.
      I problemi cominciano quando si convincono che di questi pensieri debbano mettere a conoscenza il popolo.
      Quando poi pretendono che le loro risibili tesi debbano essere prese come spunto di riflessione per discorsi seri. beh!
      Mi ricordano i geni dell’informatica che cantavano seri e compunti le meraviglie della funzione Defrag di Windows.
      A nessuno di loro sorge il dubbio che quelli che considerano pensieri autonomi siano solo il frutto di un subdolo indottrinamento?
  • Di (---.---.---.62) 15 ottobre 2013 14:14

    Non sono sicuro di aver capito il punto della discussione. L’autore sostiene che (se ho capito bene) che l’Islanda, nonostante possa stampare la propria moneta, non è un paese felice, tanto è vero che è a rischio default.

    E’ ovvio che il signoraggio sulla moneta non sia un modo per creare ricchezza. I soldi sono solo uno strumento, e come tale può essere utilizzato bene o male. Il vantaggio di poter battere moneta consiste nel poter fare politiche espansive, ovvero di finanziare cash(e non a debito) degli investimenti.
    Oggi l’Islanda, ha lo stesso problema del 2008, e i debiti di cui si discute sono una parte di quelli che già aveva deciso di non restituire. Quindi? Semplice, se UE e Islanda non si mettono d’accordo, loro non restituiranno un centesimo, e le banche olandesi e britanniche non riceveranno un centesimo. 
    Brutti e cattivi questi islandesi? Forse. Ma, si sa che quando presto dei soldi esiste sempre la possibilità che non li riceva indietro. Non è la prima volta che succede, non sarà neanche l’ultima. 

  • Di (---.---.---.142) 15 ottobre 2013 15:51

    Il mio commento a questo articolo è , NON CI CREDE NESSUNO ! 

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