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Iran: quando si “gioca” al massacro

La dura protesta degli iraniani ma anche la massacrante risposta di una finta Repubblica.

È difficilissimo, per come vanno e scorrono gli eventi, fare un punto della situazione. In Iran oggi e domani si guarderà ad una rivoluzione popolare creata dal web. La rete che adesso non permette di archiviare alcun racconto, immagine o a questo punto link sulle vicende che si susseguono, continua ad inviare richieste di aiuto presenti ad ogni risveglio del mondo su un qualsiasi social network. I gruppi di denuncia che giorno dopo giorno attraversano le menti e gli Stati (nazionali e virtuali), gridano al non abbandono.

 

Chi al comando, pensava che questa virtualità fosse sempre la solita virtualità innocente. Adesso vede con sospetto ciò che non può più controllare. Il mezzo ed il messaggio furono lanciati e benedetti proprio dalle alte cariche religiose della terra santa islamica (Qom). Fu la benedizione dei mullah a sostenere la rapida diffusione di questo mezzo. Siamo all’alba di una rivoluzione copernicana per tutto l’Islam e siamo alla fine degli anni ’90. Il problema che avrebbe risolto il nuovo media sarebbe stato presto indirizzato alle discussioni per la crescita della fede. Così ogni governo ed amministrazione mediorientale ne fa presto un ulteriore “accessorio” per diffondere la propria cultura.

La denuncia, però, diventa man mano il primo e più diffuso status tra i blogger iraniani e non. Ciò che avrebbe portato alla nuova ed iridescente era di una cultura, cominciava ad apparire invece come un’opposizione schietta, anonima e in tempo reale che avrebbe presto creato emorragie interne al sistema dell’opinione pubblica islamica.

La storia, perché di questo parliamo quando ci riferiamo alla vecchia televisione, ci ha consegnato molte immagini e dirette TV di rivolte sparse per il mondo. Ciò che inevitabilmente era la distorsione di un reporter di massa, oggi è diventato il racconto pressoché tangibile dell’interessato nell’evento.

La vittoria di Ahmadinejad in Iran, come tutti sappiamo, è stata dettata da una politica che non ha capito o forse non è stata attenta ai casi di diffusione, tra opinioni e voti, delle recentissime elezioni negli U.S.A.. Il “gioco” al massacro, cui fa riferimento il titolo, è presto entrato in atto. Moussavi, concorrente alla carica governativa iraniana, che proprio come Obama negli States aveva incentrato la campagna elettorale sull’efficacissimo passaparola del web, ha avviato questo processo di rivolta. Parliamo di “gioco” perché questa parola è sempre stata affiancata, nel mondo della comunicazione, all’inevitabile interattività che presuppone internet. Dunque il proprio consenso, in un sondaggio o in una votazione virtuale, è diventato arma di risveglio per un popolo che fino a pochi anni prima pensava non valesse la pena andare a votare.

Si è per così dire “giocato”, fino a qualche settimana fa.

Quando, però, gli Iraniani hanno incominciato a chiedersi “Where is my vote?” (dov’è il mio voto), lì il “gioco” è subito diventato duro e aspro. La realtà trasalita dal virtuale si è pian piano trasformata in lotta per la propria libertà d’espressione. Tutti gli inviati, le emittenti ed i reporter internazionali sono stati mandati via. Il popolo iraniano è stato dunque confinato sul web e costretto al racconto da questo unico ed inarrestabile mezzo comunicativo. Si è provato, quindi, a giocare con la censura durissima e senza mezzi termini, con blogger che puntualmente aprivano nuovi spazi di luce nel buio del controllo di potere. Sembrava di essere in delle scene di quel film in cui gli haker si battono per non essere sottomessi da un sistema del controllo delle menti.

Il massacro che successivamente è stato attuato nelle manifestazioni di piazza a Teheran è immediatamente ed irrimediabilmente diventato realtà.

Oggi, si parla di problema Iran. Oggi, abbiamo tutti sotto i nostri occhi quella donna che insieme ad altre donne ha lottato, morendo, in quella che per noi occidentali utenti della rete viene chiamata protesta. Anche noi, chi non lo ha fatto, abbiamo votato, protestato e ci siamo ribellati attraverso i nostri social network ad un sistema insopportabile. Neda, quella donna uccisa a casaccio nella massa della rivolta di Teheran, ha scioccato molti di questi utenti a cui si fa riferimento. La donna che l’Islam ci oscura anche materialmente, lotta da decenni nella moda, nella propria facoltà universitaria e nella propria vita politica, per affermarsi realmente nella vita.

Oggi, purtroppo, abbiamo un’altra testimonianza video da annoverare tra quelle delle rivolte popolari.

Nelle redazioni di qualsiasi testata o emittente tv, è twitter (mezzo virtuale più usato per la sua versatilità, tra le richieste d’aiuto) a fungere da agenzia per le notizie. Forse gli addetti ai lavori o i governi che leggono messaggi dagli streaming news tipo questo: "don’t you see, they’re massacring us here" (Non lo vedete, ci stanno massacrando qui), considerano questo tipo di notizia un tantino personale e schierata, quindi da comunicare con la dovuta responsabilità. In realtà gli streaming news e i blog sono un continuo flusso di questi messaggi-notizie.

Basterebbe soffermarsi di più sulle volontà e su ciò che oggi la rete mette proprio sotto i nostri occhi, per capire e incominciare a creare un ponte d’aiuto verso il massacro. Aspettiamo, allora, le risposte dalle nazioni che assistono ai durissimi eventi iraniani. Per ora, è presente solamente il gioco di attribuzione delle colpe tra governi. Il capo della diplomazia iraniana accusa la Gran Bretagna e gli U.S.A. di distorsione delle informazioni e per questo caccia via la Bbc. Il ministro degli esteri italiano Frattini, invita a cessare gli spargimenti di sangue e sconsiglia i viaggi in Iran. Ci si attiene al “protocollo” dunque. 

Forse, allora, nulla è vero. Forse la follia umana non può raggiungere i livelli di una protesta repressa così cruentamente. Adesso che solo internet e la cyber rivoluzione, condotta da chi è dentro e da chi cerca di fare di tutto ma è fuori dall’Iran, mostra alle culture del mondo il massacro e la lotta per la propria libertà, adesso si ricorre alla diffusione. La sensibilizzazione delle genti è l’unico punto di ristoro per chi si sta ribellando. Ciò che invece adesso di sicuro è presente nell’informazione di questa vicenda, sono solo i proiettili, i lacrimogeni e le pietre.

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