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Intervista a Jean-Renè Bilongo: sindacalista, attivista e giornalista italo-camerunense

Jean-René Bilongo è un sindacalista, attivista e giornalista di origine camerunense. Dopo anni di attività e di duro lavoro e volontariato in provincia di Caserta, è tra i dirigenti nazionali della Flai Cgil, membro della segretaria nazionale e attivo nell’Osservatorio Placido Rizzotto, che ha il compito di indagare l’intreccio tra la filiera agroalimentare e la criminalità organizzata, con particolare attenzione al fenomeno del caporalato. 

Nella sua attività giornalistica, ha collaborato con varie testate locali e con quotidiani nazionali come l’Unità, Liberazione e La Repubblica. Il suo ultimo libro è Spezzare le catene. Un lavoro libero tra centri commerciali e caporalato, edito da Città Nuova (2019)

Incontriamo Bilongo al termine di un suo appassionato intervento all’Assemblea nazionale dei volontari antimafia “Restiamo in Campo” che si è tenuto il 23 ottobre a Roma per raccogliere le buone pratiche adottate nel corso dei “campi della legalità” di Libera ed Arci e Sindacato Pensionati Italiani.

“Io sono immigrato di sorgente, ho aperto io l’avventura migratoria nella mia cerchia familiare. Ho trascorso un bel po’ di anni in Campania ed è lì che sono stato plasmato dalla scuola della legalità che si articola in quei luoghi. Associazione Jerry Masslo, Libera, Comitato Don Diana, Centro Fernandes, i Comboniani, Centro Laila, sono tutte realtà che conosco molto bene perché ci sono stato, ho partecipato a quei percorsi.

Ed è da lì, passando da uno status iniziale di clandestino a quello di lavoratore regolarmente assunto, che mi sono sempre più sedimentato in questo impegno sociale. Ognuno di noi è influenzato dal contesto in cui vive e dall’‘impalcatura’ attorno a sé: io ho avuto l‘impalcatura’ di queste associazioni straordinarie, un acolonna vertebrale, o se vuoi, una stampella per avviare questo percorso di cittadinanza. C’era anche molta curiosità da parte mia, nessuna riserva mentale. Se bisognava fare una battaglia sull’ambiente, ad esempio, c’ero. All’inizio era curioso vedere uno come me partecipare a lotte del genere…ma man mano ci si abitua e si diventa patrimonio di una esperienza collettiva. Così è nato il mio impegno.”

Difficoltà e soddisfazioni, quindi.

“Naturalmente mentre mi impegnavo in queste realtà, facevo tutto il possibile per poter vivere. Non sempre in condizioni agevolate. Devo dire, sono stati anni molto difficili da una parte ma anche appaganti dall’altra. Alla fine sono stato riconosciuto come parte di una straordinaria dinamica territoriale che si era innescata allora ed è tuttora in corso in provincia di Caserta.”

Sei molto legato alla provincia di Caserta.

“Ancora oggi lì conosco tutti. Ho sempre detto che tornando da Roma, superando il Garigliano, mi sento in-vin-ci-bi-le! Perché lì conosco tutti, e tanti mi conoscono! Mi sento a casa mia. Potrebbe sembrare un racconto pittoresco quello che sto facendo, ma davvero c’è molto sentimento, è la verità! L’ho sempre scritto nei miei articoli, nei miei libri.”

Da Caserta poi la tua carriera ti porta a Roma

“A Caserta nasce il mio impegno, soprattutto nell’associazione Jerry Masslo quando con Renato Natale [ora sindaco di Casal Di Principe] e altri volontari fu istituito lo sportello immigrati a Casal di principe. Lì ho lavorato tanti anni da volontario, con tutto ciò che comportava, considerata la situazione oggettivamente difficile in cui mi trovavo allora. Senza nessun incentivo di altra natura, lo facevo solo come volontariato perché credevo nel progetto e in quel mondo. Da lì è sorta una collaborazione sempre più proficua con la Cgil e la Flai-Cgil [la categoria dei lavoratori agricoli] a Caserta. Abbiamo iniziato a sperimentare il sindacato di strada, una metodologia patrimonio ormai di tutta la Cgil e studiato in Italia e all’estero, persino citato dall’Onu e dall’Osce. Pian piano mi sono sempre più inserito e ho avuto la fortuna di portare il mio approccio e le mie esperienze a Roma, prima in Cgil nazionale per poi tornare nella mia categoria, la Flai. Devo dire che la Flai è molto aperta alle sperimentazioni, è molto agguerrita, un approccio utile a un settore, l’agricoltura, ricca di presenza da ogni parte del mondo e soggetta a molti abusi.

Una domanda posta anche a Giuseppe Massafra, segretario Cgil Nazionale, qualche settimana fa: come può essere promossa la presenza dei migranti nella dirigenza del sindacato?

Deve farlo, fare esattamente questo. Non temere, non avere paura. Riteniamo che il sindacato sia un grande patrimonio per la comunità democratica del Paese. Il sindacato è l’unico luogo dove un immigrato può votare, dove ogni immigrato può esprimersi liberamente durante le assemblee. C’è un numero consistente di lavoratori e lavoratrici migranti che si riconoscono nella Cgil e acquisiscono il patrimonio valoriale del sindacato, quindi c’è bisogno che questi possano avere delle figure di riferimento delle strutture ad ogni livello, che si riconoscano anche nella classe dirigente.

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