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Integrazione, che fatica

ramadan

La coesistenza di più culture, o meglio di più confessioni religiose, all’interno di uno stesso territorio pone problemi di non sempre facilissima soluzione. Diversi paesi si sono trovati ad affrontare le questioni poste dall’arrivo di immigrati di varie fedi molto prima dell’Italia, come ad esempio il Regno Unito, e i risultati ottenuti vanno dal disastroso al conflittuale.

L’esperienza britannica dovrebbe in teoria essere preziosa per capire come evitare di commettere gli stessi sbagli. Nella pratica però non è così semplice perché entrano in gioco altri fattori, primo fra tutti quello emotivo. C’è poco da fare, nella maggior parte dei casi l’autoctono fatica ad accettare l’idea di concedere qualcosa allo straniero, teme che ogni diritto riconosciuto all’altro sia preludio alla perdita di diritti propri, che concedere il dito comporti il rischio di perdere il braccio. Il che non è sempre sbagliato, dipende da caso a caso e da argomento ad argomento. E a volte sono le stesse forze politiche a seminare diffidenza e paura; com’è successo, ad esempio, in Francia a seguito della vittoria elettorale del Front National.

Un dibattito simile a quello nato a suo tempo in Francia è in corso attualmente a Sarzana (SP), dove l’amministrazione comunale ha deciso di introdurre nelle mense scolastiche la carne halal, e quindi di dare alle famiglie musulmane la possibilità di optare per la somministrazione di questa ai loro figli. La polemica non si è fatta attendere troppo, il consigliere Luigi Morgillo (Fi) ha subito presentato un’interrogazione in sede di consiglio regionale. Ciò che contesta Morgillo è paradossalmente un difetto di laicità. A suo dire si tratta di una discriminazione al contrario: «Crocifisso no, carne halal sì. Se la scuola è laica, dev’esserlo per tutti», sostiene.

Inutile dire che il paragone non regge assolutamente in questi termini, per il semplice fatto che il crocifisso viene imposto a tutti mentre la scelta del menù è soggettiva. Inoltre, l’assessore alla famiglia (sic!) Elisabetta Ravecca ha precisato che l’iniziativa non comporterà nessun aggravio di spesa per il comune. Ma è evidente che la laicità nel modo in cui la concepisce Morgillo esiste solo se c’è una cultura dominante legittima, ovviamente la sua, a cui non si devono pestare i piedi, e altre culture che è bene non abbiano eccessiva voce in capitolo. Non si sa mai, qualcuno potrebbe esserne suggestionato.

Di tenore diverso la reazione del consigliere comunale di opposizione Sara Frassini (Lista civica). Anche lei ha presentato un’interrogazione, stavolta in sede di consiglio comunale, ma le sue obiezioni vertono su una questione completamente diversa: il fatto che il metodo di macellazione halal non sia rispettoso degli animali — per quanto rispettosa possa essere definita la macellazione in generale. In sostanza per la Frassini non si tratta di rispetto della fede altrui, in questo caso musulmana, ma si tratta della legittimazione di un metodo che nella società attuale pone problemi etici mai affrontati in precedenza. E che tra l’altro non è nemmeno essenziale per il culto, tant’è che la consigliera propone di fornire agli scolari interessati altre pietanze in alternativa alla carne non halal. Purtroppo, però, quando ci sono di mezzo tradizioni religiose il compromesso è in genere tutt’altro che facile.

Altra tradizione, altri problemi. Inail e Cgil, rispettivamente in Umbria e a Treviso, hanno sensibilizzato le aziende locali perché tengano conto dei problemi che potrebbero derivare dal rispetto del Ramadan da parte dei propri dipendenti. Problemi di non poco conto, perché gran parte di questi lavoratori vengono impiegati in luoghi dove si richiede lavoro fisico, come i cantieri e i campi, e l’insufficiente idratazione e alimentazione potrebbero elevare il rischio di incidenti, oltre che ridurre il rendimento. È chiaro che la questione non può essere affrontata allo stesso modo in tutti i casi; se in alcuni settori, e soprattutto in aziende di discrete dimensioni, può essere trovato un compromesso tra le esigenze dei lavoratori e quelle dell’impresa, nella maggior parte degli altri ciò è quasi impossibile.

Sorprende poi che tra gli immigrati in Italia il fenomeno abbia un’incidenza tale da richiedere una campagna di sensibilizzazione, quando ad esempio in Tunisia, come testimoniato dal film Laïcité Inch’Allah recentemente proiettato a cura di vari circoli e referenti Uaar, il Ramadan non viene esattamente seguito con disciplina ferrea. Insomma, riuscire a coniugare le esigenze di culti e tradizioni diverse è tanto più difficile quanto più sono numerosi. E il rischio che le difficoltà nel processo di integrazione portino a contrapposizioni anche accese è sempre in agguato.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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