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Indignados, luci ed ombre di un "movimento dal basso"

Il 15 Ottobre la "rete degli indignados" ha annunciato una manifestazione pubblica di protesta in gran parte delle città europee, al motto di "Popoli del Mediterraneo, rialzatevi!". Come noto, los indignados nascono in Spagna, nella centralissima capitale spagnola Madrid, indignati dal governo Zapatero, incapace di mettere in campo una politica occupazionale ed economica per evitare lo "scontro generazionale" e la "precarizzazione del lavoro".

In Italia fu il popolo viola, inizialmente, a protestare: la protesta era però di tipo personalistico, si rivolgeva espressamente contro Silvio Berlusconi.

Gli studenti italiani, invece, hanno protestato in occasione della cosiddetta Riforma Gelmini, senza alcun risultato. E' stata poi la volta del movimento femminile (o femminista?) "Se non ora, quando?", sorto in seguito al dibattito pubblico sulla vita dissoluta del Presidente del Consiglio.

Proteste, a mio parere, accomunate dall'essere contingenti, che non hanno avuto alle spalle nessun disegno o progetto rivoluzionario, ma solo l'istinto di protesta, lo scatto d'orgoglio di un popolo troppo a lungo schiacciato dalle elites politiche. Qualcosa però sembra che stia cambiando.

Facebook e twitter sono stati in grado di unire migliaia di persone sotto una volontà di democratizzazione e di diritti. Sono nati gli "indignados italiani". Almeno, così sembra. Sarebbe nata pure una "rete degli indignados", indipendente dai partiti, in grado di autodeterminarsi e di unire i giovani indignati.

Ci sono molti punti a favore di questo "movimento spontaneo", ma altrettante sono le perplessità e le critiche. Partiamo dalla luce che gli indignados apportano alla politica globale:

1) Essere in grado di unire migliaia, se non milioni, di giovani, sotto un ideale unico di democratizzazione e di riappropriazione degli spazi pubblici è una rivoluzione senza precedenti negli ultimi 30 anni.

2) L'internazionalizzazione del movimento ne determina una forza e una possibilità di pressione sulla politica reale senza precedenti: un' "Internazionale indignada", se esiste, è un potentissimo strumento di democrazia dal basso.

3) I giovanissimi, i trentenni e i neo-laureati, i precari e gli operai: figure diverse, età differenti, progetti alternativi. Tutti costoro partecipano finalmente alla "politica attiva", scrostandosi dalle ammuffite poltrone e dalla sterile protesta dell'antipolitica frammentata. L'indignazione come strumento di aggregazione di forze e di persone diverse può essere un forte collante.

4) L'attacco frontale ai governi e alle banche. Proprio in quanto giovani, proprio nella misura in cui "non hanno nulla da perdere", i movimentisti hanno il coraggio e l'incoscienza di dire quello che moltissimi pensano ma che nessuno ha il coraggio di affermare con forza: l'alta finanza ha ridotto l'europa e gli stati uniti sul lastrico in pochi anni, e i governi sono stati complici di questo sterminio. Il "politically incorrect" non deve più essere definito come improponibile, radicale, fondamentalista, non è più tabù: è la risposta al cinismo delle elites plutocratiche.

Ma se tutto ciò è vero, e credo che lo sia, è altrettanto reale il dubbio che dietro gli indignados si nasconda una pericolosissima ed ennesima "delusione globale", una nuova bolla di sapone, gigantesca, che al suo scoppio non produce nulla.

1) Non sono convinto che esista una "rete", cioè una struttura organizzativa e centrale, di questi movimenti. Penso che gli indignados spagnoli non abbiano comunicato con quelli italiani, limitandosi, tutt'al più, ad apprezzarne gli sforzi. Questo produrrebbe una situazione ingestibile, perché se da un lato la leadership sarebbe contraria allo spirito movimentista (il leader, in tutte le democrazie occidentali, è contestato in quanto autocrate), dall'altro una mancanza assoluta di leader può determinare una rovinosa caduta nell'anarchismo.

2) Milioni di persone hanno milioni di idee. La "democratizzazione", le "nuove politiche giovanili e occupazionali" sono idee tanto universali quanto vaghe. Ognuna di queste idee può essere declinata in diverse direzioni. Il meccanismo della massificazione è perverso: se da un lato rende "volonté générale" - per citare il Contratto Sociale di Rousseau - dall'altro costringe ciascuno a rinunziare alla propria individualità e alle proprie convinzioni, in forza - direbbe ancora Rousseau- di un obiettivo più alto, del "bene comune". Ma qual è il bene comune? Chi lo stabilisce? La rete? Il leader? Ogni singolo componente "indignato"? Non se ne uscirebbe vivi.

3) Non penso neppure che vi sia una "scientificità" dietro queste manifestazioni. Le grandi rivoluzioni (Rivoluzione Francese, Rivoluzione d'Ottobre, Rivoluzione Industriale) avevano alle loro spalle una precisa visione del mondo, complessa, articolata e intessuta da opere di filosofi, economisti, scienziati, uomini politici. Se tutto questo manca, la protesta diventa una massa informe di indignati, di senza diritti, che giustamente, e sottolineo giustamente, si fa sentire, fa rumore, scrive striscioni e prende anche qualche manganellata, ma non andrà molto lontano. Se non si è sostenuti da una visione scientifica del proprio agire, cioè se si agisce senza pensare, sulla spinta della rabbia, si rischia solo di sprecare preziose energie.

4) La fase post-rivoluzionaria è sempre quella più delicata. Ce lo insegna il caso egiziano, e a questo proposito segnalo il bel libro di 'Al-al-aswani, dentista-ribelle protagonista della rivoluzione di Piazza Tahrir. Quand'anche i ribelli, i rivoltosi, o come li si voglia chiamare, vincano, devono avere le idee chiare sul dopo-rivoluzione. Perché i contro-rivoluzionari sono sempre in agguato: i falchi delle vecchie oligarchie sono pronti a riprendersi il potere. Nessun indignato sembra aver chiaro questo passaggio fondamentale.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.168) 11 ottobre 2011 14:12

    gli stessi dubbi che mi erano venuti e per i quali sono stato criticato in parecchie discussioni su FB... senza un leader, che sia scelto tra i gruppi partecipanti,o addiritura chiedere ad un politico "staccato" dal sistema (tipo Barbato) dove si va...più che il rischio anarchia c’è solo la probabilità altissima che sia la solita manifestazione inascoltata, con qualche vetrina rotta,qualche manganellata, e una decina di arresti...poi il buio, come sempre!!

    e poi, a che serve una manifestazione di sabato, quando tutti i "magnaccia" parlamentari se ne stanno a spasso, con le famiglie, a fare shopping con i nostri soldini???

    ma facciamola di lunedì, blocchiamo la capitale per cinque giorni lavorativi, o meglio, teniamoli dentro Montecitorio o Palazzo Madama al prossimo voto di fiducia, tipo "conclave"... fino a quando non escono con una nuova legge elettorale, si tolgono i privilegi, e si tolgono dai..... senza distruggere vetrine di banche, Mcdonald, auto ecc ecc , ma lanciando uova e pomodori ad ogni politico che tenta di uscire dai palazzi del potere...!!!


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