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Indesit, cronaca di una fine annunciata: 1425 licenziamenti e delocalizzazione

Indesit dà il via a 1425 licenziamenti e getta le basi per la delocalizzazione della produzione in Turchia e Polonia

Dopo 15 ore di trattative, l’incontro al MISE fra rappresentanti di Governo, dirigenti Indesit e sindacati si è concluso con un nulla di fatto, così l’azienda ha annunciato la decisione di mettere in mobilità i 1425 dipendenti che da giugno stanno lottando per difendere il proprio posto di lavoro ed opporsi alla delocalizzazione della produzione di elettrodomestici all’estero.

Il coro unanime che si è levato nel corso della scorsa settimana dalle assemblee dei lavoratori di Fabriano e Caserta preannunciava già ciò che ieri mattina è stato ufficializzato a mezzo stampa: i rappresentanti sindacali non sarebbero partiti alla volta di Roma con l’intenzione di trattare, di accettare compromessi: l’accordo per gli ammortizzatori sociali sarebbe stato firmato solo a condizione che i tagli al personale fossero ridotti alle 300 unità da accompagnare alla pensione nei prossimi anni, mentre qualsiasi altra proposta di ritocco al piano industriale presentato, le promesse di futuri investimenti e incerti riassorbimenti del personale messo in cassa integrazione, sarebbero dovuti essere rispediti al mittente senza indugi.

A far sentire la propria voce fin da lunedì 18 novembre, per le strade di Roma, c’erano anche diverse centinaia di operai e operaie Indesit, 5 pullman confluiti nella capitale, la determinazione di chi non si è lasciato sfiancare dai continui, immotivati slittamenti dell’incontro, dai tentativi di ripulitura mediatica che hanno affaccendato i dirigenti dell’azienda – ed in particolare l’amministratore delegato Marco Milani - in questi sei mesi conclusisi con lo stesso esito annunciato nel giugno scorso, all’inizio della storia.

Ieri si è ufficializzato tutto quello che era stato dichiarato al principio: i licenziamenti, la sorda volontà di badare solo agli interessi di casa Merloni, di ottimizzare i profitti abbandonando alla disoccupazione più di 1400 famiglie, 680 solo nel casertano.

Ciò che sta nel mezzo, in questi sei mesi di finte marce indietro e trattative, ha il senso di una partita mai giocata, è servito solo a gettare fumo negli occhi all’opinione pubblica, ad azionisti e investitori di una società già in ottima salute. Di nient’altro si è trattato, se non di un tentativo puntualmente demistificato, dunque malriuscito, di indorare la pillola e “togliere il disturbo” dopo essersi cuciti addosso il ruolo di chi sarebbe stato anche disposto a trattare - peccato solo che a condizioni inaccettabili – e che a giochi fatti può solo rammaricarsi di essersi scontrato con l’intransigenza di quei sindacati che, a proprio dire, “penalizzano i lavoratori”.

Alla fermezza ed alla dignità dei dipendenti l’azienda ha saputo rispondere con l’arroganza di chi non ha mai avuto dubbi sul successo di questa operazione, sulla sicurezza di un accordo mancato semplicemente perché non lo si è mai realmente perseguito, la decisione era chiara già da tempo ed era stata presa in maniera unilaterale.

Ora non resta che scontrarsi sul campo della lotta, quella dei 75 giorni che a partire da ieri dividono ciascun lavoratore dalla formalizzazione della messa in mobilità. A Caserta come a Fabriano gli operai e le operaie dell’Indesit hanno dimostrato già nei mesi passati di non temere il muro contro muro con l’azienda e a loro va tutta la nostra solidarietà, nell’attesa che si delineino le iniziative di lotta da mettere in campo nelle prossime settimane.

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