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In vista di elezioni anticipate parte la caccia grossa

Berlusconi non trema per lo scontro con i finiani, ma ha molta paura di cosa potrebbe portare una vittoria “ai punti” con l’ex amico e cofondatore.

Oggi il peggior nemico del premier si chiama Bossi, e non per un suo eventuale tradimento al leader del Pdl – finora il suo miglior alleato – ma per i numeri che la Lega potrebbe riportare da elezioni anticipate tanto richieste da Berlusconi come arma di distruzione finale. Non a caso la Lega sembra aver superato il Pdl al nord come voti, ed infatti la campagna acquisti del premier verso i finiani “moderati” propende verso una strategia di alleanze più propria alla politica berlusconiana che leghista.

Del resto Berlusconi tende la mano a Casini, notoriamente malvisto da Bossi, ma non nasconde nemmeno una mano tesa verso Rutelli e l’Api proprio per fronteggiare l’escalation finiana se quest’ultimi dovessero fondare – come pare possibile – un partito da contrapporre al Pdl. Ma perché allora la Lega sarebbe il nemico da non sottovalutare?

Perché Berlusconi avrebbe promesso a Roberto Maroni – parlando col Senatùr – di diventare il vicepremier unico e, in caso di salita al Colle, la leadership del Governo. Per la Lega sarebbe un vero trionfo, ma se Berlusconi dovesse disattendere la parola data, Bossi non ci penserebbe due volte a mandarlo a quel paese come fece anni fa.

Si era parlato anche di un governo di transizione con Tremonti premier, ma Bossi, a cena col superministro per il suo compleanno, ha chiaramente fatto capire che “Tremonti non accetterebbe mai”, perché sarebbe solamente un “governo tecnico cocomero, verde fuori e rosso dentro”. Il verde è padano, ma rosso? Dunque anche Bossi ha paura di un eventuale governo di “unità nazionale” (parola in voga a Casini non per nulla) e propende invece per nuove elezioni forte del consenso popolare di cui disporrebbe.

Del resto Berlusconi teme per le sue leggi ad personam, e il solo motivo di governo tecnico lo fa sudare copiosamente. In ballo c’è il legittimo impedimento di cui la Consulta si pronuncerà a dicembre per la costituzionalità; il Lodo Alfano costituzionale è ormai una priorità di questo Governo, e se dovesse saltare anche questo salterebbe l’ultimo (l’unico?) appiglio che ha il cavaliere per sottrarsi ai suoi molteplici impegni con la giustizia.

Quindi non rimangono che elezioni anticipate appena riprendono i lavori parlamentari – si parla di novembre appunto per supportare un eventuale voto al Lodo Alfano prima della pronuncia definitiva della Corte Costituzionale sul legittimo impedimento – col rischio, fuorché assurdo, che la Lega rubi 70 seggi al nord tra Camera e Senato al partito del premier. Ed è per questo motivo che Berlusconi ha i sudori freddi e i suoi peones stanno facendo tabula rasa nelle liste elettorali del centro e del sud per partecipare alla prossima legislatura.

Di contro si inizia pure ad intravedere un cambio di tendenza. Molti deputati meridionali stanno facendo l’occhiolino all’Udc (che nel frattempo è diventato il Partito della Nazione, tanto per ribadire ancora una volta che in Italia cambiano al massimo i nomi ai partiti, ma non le persone) e a Futuro e Libertà di Fini con la speranza, tutt’altro che nascosta, che da gruppo parlamentare diventi un partito a tutti gli effetti. Sacre sono state le affermazioni di questi giorni di due finiani doc come Briguglio e Bocchino i quali, in molte interviste, hanno assicurato che a breve nascerà il nuovo partito. Gianfranco Fini, nel frattempo, sta muto forse occupato dalla campagna stampa del capo tramite Il Giornale e Libero.

L’unica soluzione possibile sarebbe un risanamento della frattura tra i due fondatori del Pdl Berlusconi e Fini, ma a quanto pare nemmeno Gianni Letta è riuscito a far disotterrare l’ascia di guerra nei venti minuti a colloquio con Fini ai funerali di Cossiga.

La querelle estiva continua, mentre le opposizioni non riescono a fornire una valida alternativa da sbattere sul tavolo del Parlamento.

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