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In crescita il disinteresse e la sfiducia verso la Chiesa cattolica

Anche in Italia e in Irlanda, paesi tradizionalmente cattolici e fortemente condizionati dalla presenza ingombrante della Chiesa, è in atto un cambiamento che sta portando a una sempre più marcata secolarizzazione della società. Non solo per l’aumento e la maggiore visibilità dei non credenti. La trasformazione in corso è ancora più profonda, sebbene sia meno evidente, ostacolata dalla mancanza di coraggio della classe politica nell’affrontare le tematiche della laicità e dall’orientamento prono dei mass media.

Come emerge dal Rapporto Italia dell’Eurispes, ormai solo un italiano su tre (il 36,6% per la precisione) ha fiducia nella Chiesa cattolica. L’anno scorso era il 47,3%. Netto calo quindi del consenso nei confronti della Chiesa, anche se l’andamento rimane altalenante con sensibili sbalzi tra 2009 e 2013. Mentre le forze dell’ordine — e persino i servizi segreti — aumentano i consensi, l’associazionismo e il volontariato tengono, la Chiesa segue l’andamento negativo della politica. Non ci sembra un caso che la fiducia degli italiani diminuisca per Chiesa, istituzioni e partiti, visto quanto strette sono le loro relazioni.

Una Chiesa che si sta affossando da sola, perdendo sempre più credibilità. E che a furia di pensare a soldi e influenza sul potere temporale, va a braccetto con la politica e viene sempre più coinvolta negli scandali. Tra i compiti dell’Uaar è far capire alla politica che, anche in questo caso, è tempo di mollare un legame che costa in Italia almeno sei miliardi di euro l’anno.

Anche dall’Irlanda arriva un segnale della crisi della Chiesa. Secondo un sondaggio di VitalSigns, condotto dal gruppo filantropico Community Foundation for Ireland (Cfi), in un elenco di 119 priorità la gente preferisce mettere al primo posto l’istruzione e tra gli ultimi religione e spiritualità.

Nel paese del trifoglio non è estranea a questo distacco la pesantissima perdita di credibilità causata dallo scandalo che ha travolto le gerarchie religiose, intente a insabbiare gli endemici casi di abusi sessuali da parte di sacerdoti. E la questione dell'aborto, balzata di nuovo tra le cronache per l’influenza no-choice della Chiesa e dell’obiezione di coscienza negli ospedali contro l’autodeterminazione delle donne. Proprio in queste settimane il governo irlandese sta studiando una normativa che apra almeno all’interruzione di gravidanza in caso di pericolo per la salute della donna e per le malattie genetiche del feto. Nonostante la pressione dei vescovi e delle potenti lobby no-choice (lautamente finanziate dall’estero).

La maggioranza della popolazione mondiale non si dedica al culto con cadenza almeno settimanale, e anche i più zelanti devoti gli riservano una frazione minoritaria del loro tempo. Che la religione sia importante per gli esseri umani è una vecchia convinzione delle classi dirigenti disincantate, persino di quelle illuministe. Magari di quelle con la puzza sotto al naso verso il “popolino”, che lo ritengono incapace di una reale emancipazione. O che preferiscono promuovere e foraggiare una forma di controllo sociale come la religione. Giunti al terzo millennio, potrebbero finalmente rendersi conto che la realtà è assai diversa.

Anche in Italia e in Irlanda, paesi tradizionalmente cattolici e fortemente condizionati dalla presenza ingombrante della Chiesa, è in atto un cambiamento che sta portando a una sempre più marcata secolarizzazione della società. Non solo per l’aumento e la maggiore visibilità dei non credenti. La trasformazione in corso è ancora più profonda, sebbene sia meno evidente, ostacolata dalla mancanza di coraggio della classe politica nell’affrontare le tematiche della laicità e dall’orientamento prono dei mass media.

 

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