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In Lombardia gli educatori degli oratori li forma la Regione, a spese di tutti

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Criticare le istituzioni per lo scarso investimento nella scuola è ormai diventata un’abitudine consolidata nel nostro paese, e questo non è un bene perché alla lunga banalizza la protesta facendole perdere efficacia. Del resto l’Ocse ce lo ricorda costantemente; alla pubblicazione di ogni suo nuovo rapporto ci ritroviamo sempre in coda alla classifica, non solo dal punto di vista della spesa ma anche per quanto riguarda altri parametri, come l’abbandono scolastico e alcune competenze specifiche degli studenti. Paradossalmente, nel 2014 si è registrato un miglioramento della qualità generale dell’istruzione, che a questo punto non può certo essere ascritto alla buona volontà di chi ci amministra ma piuttosto a quella di chi nella scuola mette il proprio impegno personale.

Partendo da questa premessa, è strano dover puntare oggi il dito contro un ente pubblico per via di una decisione che va in direzione pressoché opposta, e cioè perché ha deliberato un investimento in formazione. Non che la formazione o l’istruzione sia tutta buona a prescindere, questo dovrebbe essere chiaro. Basti prendere come esempio la famigerata ora di indottrinamento cattolico, doppia fino al passaggio dalla primaria alla secondaria, appaltata alla Cei in virtù degli sciagurati concordati tra Stato e Chiesa. E infatti il caso specifico riguarda proprio un genere di formazione analoga, nel senso che è orientata confessionalmente allo stesso modo.

La chicca in questione proviene dalla Regione Lombardia e ha come oggetto non la formazione di personale interno o impiegato in strutture pubbliche, come scuole e ospedali, e nemmeno di personale impiegato in iniziative laiche e accessibili a tutti, bensì degli educatori negli oratori. Sì, proprio gli oratori cattolici, quelligià ampiamente foraggiati grazie alla defi­scaliz­za­zione concessa dallo Stato e a contributi ed edifici messi a disposizione degli enti locali. E sempre nella Lombardia governata dalla Lega e in mano a Cl, la stessa Regione che ha recentemente ricevuto una sonora bacchettata dal Consiglio di Stato per aver riconosciuto agli alunni delle scuole private una “dote scuola” ingiustamente e ingiustificatamente più alta, circa quattro volte maggiore, rispetto all’analogo contributo destinato agli alunni delle scuole statali.

Da un punto di vista clericale l’operazione non è certo priva di logica, anzi fa il paio con la situazione descritta dall’Ocse e citata in premessa. C’è un aumento della dispersione scolastica? Bene, la situazione è ideale per catalizzare giovani da indottrinare e poter perfino accampare scuse per scucire altri quattrini. E infatti, anche dal punto di vista economico risulta estremamente vantaggiosa visto che, come si legge nella relativa delibera, l’impegno di spesa complessivo risulta essere poco meno di 2,2 milioni di euro di cui quasi due terzi saranno a carico della Regione Lombardia e il resto lo metterà la Regione Ecclesiastica, organo amministrativo della Santa Sede. Ancora una volta, dunque, il denaro fatto pagare ai cittadini attraverso tasse e imposte viene impiegato non come si dovrebbe, ovvero per garantire servizi pubblici come lo è l’istruzione statale o comunque per contribuire a quelli laici, bensì per assicurare servizi confessionali che al contrario erodono slealmente quelli statali e laici come fa un cancro con l’organo che ha attaccato. 

A dirla tutta lo stanziamento risale ad alcuni mesi fa, cosa che vals euna clericalata (una delle tante) alla giunta regionale lombarda, ma l’obiettivo allora era “solamente” (eufemisticamente parlando) il finanziamento di un progetto di “valorizzazione della funzione sociale ed educativa svolta dalle parrocchie mediante gli oratori”.

Il che sarebbe già di per sé un finanziamento indebito, e che adesso risulta ulteriormente aggravato dal fatto che ad essere finanziata è nientemeno che la formazione degli educatori. Educatori la cui opera non sarà certo ispirata dal rispetto verso tutte le persone ma piuttosto dalla pura e semplice propaganda religiosa, magari condita con bufale di vario tipo (no, non le mozzarelle).

Magari il prossimo passo sarà il finanziamento diretto dei seminari vescovili, tanto del principio di laicità delle istituzioni in generale, e della Regione Lombardia in particolare, non sono rimaste più nemmeno le briciole. Basti vedere i termini e le definizioni che ricorrono nella pagina istituzionale di presentazione del progetto e nella stessa delibera. Leggiamo, ad esempio, che agli aspiranti all’inserimento nel progetto è richiesto il requisito della “appartenenza ecclesiale”. Detto in altri termini, un ente territoriale dello Stato finanzia corsi riservati a soli cattolici. Ma leggiamo anche che il tutto avviene “nell’ambito della collaborazione tra Regione Ecclesiastica Lombarda e Regione Lombardia”, cosa che si commenta benissimo da sola, e che la Regione Ecclesiastica Lombarda viene definita “istituzione sociale privata”. Strano, avrei giurato fosse un’istituzione straniera, emanazione del Vaticano.

Massimo Maiurana

Questo articolo è stato pubblicato qui

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