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In Italia sempre più drammatica la devastazione dell’ambiente

In Italia sempre più drammatica la devastazione dell'ambiente

Sempre più drammatica è la devastazione del paesaggio in Italia. In 15 anni, dal 1990 al 2005, il 17% delle campagne italiane è stato coperto di nuove costruzioni; che ogni anno si costruiscono in media fabbricati per oltre 250 milioni di metri cubi; infine, che la crescita degli insediamenti mediante nuove costruzioni è quasi 40 volte maggiore del modestissimo incremento demografico (pari solo allo 0.4%).
 
A sostenerlo è il professor Salvatore Settis, docente universitario di archeologia e direttore della Scuola Normale di Pisa in un articolo scritto per "Il Sole 24 ore".
Settis, tra l’altro, scrive:

"...La tutela della natura come obbligo morale verso le generazioni future e il forte legame fra la salvaguardia della natura e l’identità nazionale furono caratteristici non solo del conservationismo americano, ma anche di simili movimenti in Europa, per esempio in Germania, in Francia, nel Regno Unito. Specialmente eloquente nel contesto inglese fu John Ruskin: secondo lui, il paesaggio va tutelato in quanto è fonte di intense esperienze etiche ed estetiche non solo per il singolo, ma per la collettività dei cittadini.

Col crescere dell’industrializzazione, crebbero i pericoli per il paesaggio italiano, e si sviluppò il movimento protezionistico: nacquero associazioni e movimenti d’opinione, e si arrivò nel 1905 a una norma ad hoc per proteggere la pineta di Ravenna. Ma la prima legge organica fu promossa nel 1920 dal ministro della Pubblica Istruzione, Benedetto Croce.

«Un altissimo interesse morale e artistico legittima l’intervento dello Stato» scrive Croce, poiché il paesaggio «altro non è che la rappresentazione materiale e visibile della patria». La legge Croce fu approvata nel 1922, pochi mesi prima dell’avvento del Fascismo.

Per 17 anni, il regime di Mussolini non cambiò nulla nelle norme di tutela, ma nel 1939 il ministro Giuseppe Bottai ne avviò un’organica riforma, e promosse due leggi parallele sulla tutela del patrimonio e sulla tutela del paesaggio. Quelle leggi, anche se opera di un governo fascista, di specificamente fascista non peggiorarono le norme preesistenti: furono, anzi, una nuova scrittura più dettagliata e completa delle norme dell’Italia liberale, la legge Rava del 1909 e la legge Croce del 1920-22.



Tanto poco ’fasciste’ furono le due leggi Bottai che, dopo la guerra e la rovinosa caduta del Fascismo, la Repubblica ne collocò il nucleo generatore fra i principi fondamentali dello Stato. L’articolo 9 della Costituzione dice infatti: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». La perfetta continuità fra le leggi di tutela dell’Italia liberale, le due leggi approvate da un governo Mussolini, e infine l’articolo 9 della Costituzione repubblicana sorprenderà solo chi ragiona per etichette e appartenenze, e non calandosi nelle complessità della storia delle idee. Ancor più sorprendente potrebbe essere l’evidente continuità fra le norme di tutela degli Stati italiani di antico regime (per esempio Roma e Napoli) e la cultura del patrimonio e della conservazione che si diffonde in Europa dopo la rivoluzione francese...

L’armonico rapporto città-campagna costruito attraverso i secoli sta cedendo terreno a un incontrollato urban sprawl, che ospita ormai circa un quarto della popolazione e delle attività produttive. L’antica forma urbis sta esplodendo, e la sua espansione indefinita ne vanifica non solo i confini, ma anche il centro. Nel nuovo paesaggio di suburbi, lo spazio restante tra gli agglomerati perde il carattere di filtro e assume quello di terra di nessuno, mentre il terreno delle campagne, coperto dal cemento, perde per sempre le funzioni ecologiche che aveva esercitato.

Un territorio eccezionalmente fragile, soggetto a frane, inondazioni e terremoti, viene sempre più abbandonato a se stesso, e mentre si avviano gigantesche opere pubbliche (per esempio il ponte sullo Stretto di Messina) quasi nulla vien fatto per consolidare le aree più a rischio...

Per salvaguardare il prezioso patrimonio italiano, per evitare che quanto resta del paesaggio possa esser distrutto, occorre ripartire dai diritti delle generazioni future, e sulla base di quelli costruire (o ri-costruire) un quadro istituzionale e legislativo credibile, funzionale, efficace".


La denuncia di Settis mi sembra più che giustificata. Ma la situazione che descrive non occupa un posto di rilevo nella cosiddetta agenda politica di nessun partito. A livello locale anche amministrazioni guidate dal centrosinistra hanno favorito la devastazione.


Non credete che sarebbe necessario fare qualcosa, cambiando radicalmente politica?

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