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Illusioni italiche: come dare i numeri

"Illusioni italiche" è l’ennesimo saggio di Luca Ricolfi, l’illustre sociologo che con le sue brillanti analisi dei dati continua a denudare molti pregiudizi italiani (Mondadori, 2010).

Illusioni italiche: come dare i numeri

Questo libro è un’interessante raccolta di articoli abbinati a grafici molto “ergonomici”, che prende in esame alcune questioni riguardanti la giustizia, la criminalità, l’immigrazione, l’istruzione, la crisi economica, il welfare, il federalismo, la politica e il Mezzogiorno. L’opera può diventare una buona lettura estiva, poiché l’autore lascia parlare i numeri e snocciola i risultati con uno stile sintetico e pulito decisamente impressionante, nonostante la discreta complessità delle analisi affrontate.
 
Se tutti i professori universitari e tutti i giornalisti utilizzassero un’esposizione così onesta e chiara, la metà dei problemi italiani potrebbero essere affrontati in un battibaleno. Infatti quasi tutti i blocchi delle comunicazioni e delle relazioni nascono dalle dinamiche emotive e dall’ignoranza. Perciò bisogna conoscere per decidere (Luigi Einaudi). E dobbiamo anche considerare che non tutti i problemi hanno delle soluzioni a breve o medio termine e che ci sono soluzioni economicamente insostenibili.

 

Per comprendere meglio i lavori di Ricolfi è giusto riportare “la teoria della dissonanza cognitiva” di Leon Festinger (elaborata studiando una setta religiosa americana). Secondo tale teoria la mente non costruisce rappresentazioni molto fedeli alla realtà, ma crea rappresentazioni rassicuranti, che minimizzano ogni forma di dissonanza e disarmonia, in modo da ridurre l’ansia, lo stress e il dolore psicologico. Così si finisce per credere nella magia delle parole e si selezionano solo le informazioni positive e rassicuranti, fino all’autoinganno vero e proprio. Probabilmente questo processo avrà un ruolo fondamentale nella futura crisi finanziaria con probabili effetti di paralisi temporanea di molte attività economiche e sociali, più o meno istituzionali.

Quindi in realtà tutti noi cerchiamo di proteggere la nostra identità e i nostri valori dalle esperienze che contrastano con i nostri punti di vista: “la mente degli esseri umani normali funziona all’opposto di quella dei buoni scienziati, che se sono tali non cercano conferme alle proprie teorie ma, al contrario, cercano di confutarle per vedere se reggono l’urto dei fatti” (p. 6). A volte i fatti sono complessi e risulta più comodo mantenere il proprio punto di vista. Del resto credere è uno dei nostri più consolidati automatismi e ci risparmia la fatica di ricercare le informazioni più obiettive (Paolo Legrenzi, Credere, 2008).

Oggigiorno uno dei più grossi ostacoli alla conoscenza scientifica è la moda del politicamente corretto”. Innanzitutto non tutti i fatti e le credenze vere sono politicamente corrette: ad esempio gli uomini sono mediamente più alti delle donne di circa 10 cm. Poi in questo modo si creano i “guardiani della correttezza” e cioè gli studiosi che identificano la scorrettezza politica di una credenza con la sua falsità. Inoltre, nascono istituzioni che forniscono prestigio e che accumulano molto denaro: è il caso delle migliaia di scienziati che studiano il clima, che potrebbero perdere il posto di lavoro e la loro missione sociale, se si scoprisse che la maggior parte delle oscillazioni climatiche sono di derivazione naturale e quasi indipendenti dai vari interventi umani (forse i meccanismi omeostatici, le eruzioni vulcaniche, le leggere deviazioni dell’asse terrestre e l’influenza solare sono ancora i fattori più importanti).In genere “le istituzioni che hanno un interesse obiettivo a gonfiare le cifre sono anche le uniche produttrici di stime quantitative dei fenomeni di cui si occupano” (p. 9).

A proposito: uno dei migliori libri sull’ambiente e sul nucleare è “Fisica per i presidenti del futuro” della Codice Edizioni. E Bjorn Lomborg ha sostenuto che le eventuali conseguenze positive del riscaldamento globale potrebbero superare quelle negative (Stiamo freschi, 2008). Questa prospettiva risulta difficile da accettare, “perché l’ecologismo è l’unica ideologia rimasta in un mondo che ha ripudiato tutte le ideologie del passato” (p. 159). Però il clima è un fenomeno estremamente complesso per cui segnalo anche un libro molto documentato che sostiene la tesi del fattore umano: "Clima: istruzioni per l’uso. I fenomeni, gli effetti, le strategie" (www.edizioniambiente.it, 2007). Questo saggio è approfondito e dettagliato ed è perciò più adatto a studiosi, studenti ed esperti del settore.

Comunque riporto due cifre molto indicative sugli ultimi due anni di crisi economica: “l’occupazione degli italiani è diminuita di 773.000 unità, mentre quella degli stranieri è aumentata di 336.000 unità, quasi interamente grazie a nuovi posti di lavoro fissi… l’Italia riesce a creare quasi soltanto posti di lavoro poco appetibili (e poco qualificati), che gli italiani rifiutano e gli stranieri accettano” (p. 49). Invece per quanto riguarda la giustizia c’è da dire questo: quasi tutti i dirigenti dei distretti giudiziari ed il ministero assegnano “le risorse economiche in base alla domanda di giustizia, ossia ai procedimenti “sopravvenuti”, o in base ai risultati, ossia alla durata dei procedimenti… premiando così quei distretti che di tale arretrato sono responsabili” (p. 16).

In conclusione bisogna precisare “che la maggior parte dei dati statistici che maneggiamo - ad esempio il Pil, il tasso di disoccupazione, il tasso d’inflazione – sono frutto di stime (con margini di errore sconosciuti), che si basano su informazioni frammentarie e procedure statistico-matematiche con cui le informazioni di base vengono cucinate: la venerazione con cui guardiamo ai risultati di queste operazioni è largamente ingiustificata” (p. 62). Infine, la questione principale è questa: i risultati devono essere interpretati in base alle diverse definizioni burocratiche, ai cambiamenti delle convenzioni statistico-contabili e ai significati incerti, flessibili e multipli delle parole.

Insomma, la teoria della relatività si può applicare benissimo anche alla scienza statistica. Infatti “Per leggere le cifre ci vuole l’esperto, ma per ogni parere di un esperto si trova sempre un secondo esperto capace di esprimere il parere opposto”. In questi casi si avvera la prospettiva filosofica di Nietzsche: non esistono fatti ma solo interpretazione dei fatti. E così nella nostra società dei consumi informativi e ludici diventa sempre più difficile separare i fatti dalle opinioni.

Ultima considerazione: se riuscissimo a recuperare anche solo una parte degli 8 miliardi di euro sottratti alla collettività attraverso le pensioni di invalidità fasulle, “l’Italia potrebbe risolvere stabilmente almeno tre dei suoi annosi problemi: la carenza di asili nido, il sottofinanziamento della ricerca, la scarsità di borse di studio per i capaci e meritevoli” (p. 86).

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