Il web non morirà perché Internet è comunque più forte di un censore ottuso
No, il web in Italia non morirà mercoledì 6 luglio. E non perché il provvedimento sul diritto d'autore che l'Agcom si accinge a varare non sia o non possa essere sbagliato e dannoso (il testo ufficiale non si conosce ancora e questo lo trovo in sé grave e pericoloso visto che sono in gioco diritti fondamentali dell'individuo). Il web non morirà perché Internet è comunque più forte di un censore ottuso. E' stato più forte di Ben Alì in Tunisia e di Mubarak in Egitto che non erano più liberali di Calabrò mi sembra e infatti sono stati spazzati via. Non si è arreso ad Ahmadinejad in Iran e ancora oggi, dopo due anni da una rivolta popolare repressa nel sangue e nelle torture, ogni giorno arrivano i tweet con l'hashtag #iranrevolution e un giorno la faranno, la rivoluzione in Iran, statene certi che la faranno. E quando in Cina hanno imprigionato Ai Weiwei, due mesi fa, i ragazzi sui social network scrivevano I Love the Future, che in cinese si scrive quasi come l'artista detenuto. E improvvisamente tutti amavano il futuro in Cina e tutti sapevano perché.
E quindi se anche il provvedimento di cui si parla fosse stupido e illiberale come sostengono i tanti che in questi giorni hanno lodevolmente tenuto viva l'informazione e l'attenzione sul tema, beh, anche in quel caso il web troverebbe una strada e magari con tempo e fatica, ma alla fine vincerebbe. E questo non lo dico io: lo dice la Storia, quella che scrivono le persone quando diventano popoli.
Alle tante ottime analisi giuridiche scritte in questi giorni non aggiungo una riga, ma invece ritengo utile provare a far capire ai commissari dell'Autorità delle Comunicazioni che affrontando il tema del diritto d'autore e del web, avevano ed hanno ancora davanti una strepitosa opportunità storica, nel senso maiuscolo che dicevo prima. E' chiaro a tanti – ma evidentemente non a chi comanda in questo paese - che con Internet il diritto d'autore vada ripensato: non eliminato, ma immaginato in un altro modo (ad esempio con le licenze di Creative Commons).
Invece che ergersi a commissari di polizia con dubbia legittimità, gli esponenti della AgCom potevano e possono ancora stimolare una riflessione ampia e profonda su quali diritti l'autore possa, debba e voglia davvero “riservarsi” e quali invece disporre a vantaggio del bene comune (e quindi anche suo). Io spero che questa fase si possa finalmente aprire. Per il bene di tutti.
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