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Il web abbrutisce chi si sente “pratically perfect in every way”

Pesante, inerte, stolido, privo della ragione, rozzo, grezzo, irragionevole… Pare che così ti trasformi il web se ci vivi dentro. Come tutte le cose, come per il cibo, il bere, i farmaci, le sigarette e le droghe, il web abbrutisce chi esagera nel suo abuso.

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La sensazione che molti vivano nel web e del web si fa sempre più netta in me allorquando non li vedi socializzare nell’agorà con le persone fisiche, quelle diverse da ognuno di noi per esperienze, per credo, formazione, per cultura…

Sembra che questa “categoria umana” viva come i più accaniti (e stolti) tifosi che sono più contenti se perde la squadra avversaria piuttosto che vinca la propria beniamina. L’esser bastian contrario a prescindere trova in me, ora, un’altra giustificazione.

La prima che trovai qualcha anno fa era legata a coloro che non lottano per vincere ma vivono per “lottare”. A costoro non interessa alcuna poltrona, certo se l’avessero non la disdegnerebbero, interessa seguire da tergo le vicende. Le prebende, anche se misere, giungono lo stesso, in più foraggiano la propria professione con modi garbati d’interazione sociale, ma almeno lo fanno in piazza intessendo rapporti.

Ultimamente però ho catalogato un’altra forma “sociale” che di piazza conosce solo (o quasi) quella virtuale. Sono coloro che individui facilmente facendo un’analisi attenta e serena del linguaggio usato, del crescendo di insofferenza e di critiche che tracima ad ogni riga (o stringa).

Sembra che in alcuni sia in corso una sorta d’imbarbarimento sociale che nega (o quasi) il dialogo e privilegia lo scontro, un mondo popolato dall’incapacità (o volontà) di ascoltare la parte che non la pensa come loro perchè impegnati nell’incontrarsi tra pochi eletti: “pratically perfect in every way“.

Provando ad animare la mia immaginazione, è come se vedessi una squadra di calcio formata da giocatori che vivono tra lo spogliatoio e il campo da gioco senza uscire dallo stadio: l’unico rapporto extra compagine avviene la domenica giocando con le squadre avversarie. Poi di nuovo giù, nello spogliatoio a fare tattica e preparare il prossimo incontro con l’ allenatore, l’unico dotato di un periscopio per riferire ciò che vedono i suoi occhi al di fuori.

È ovviamente una visione surreale della quale non fanno parte coloro che, dotati di competenza e volontà, lottano perché viri non solo l’andazzo del Paese ma anche quello del gruppo al quale appartengono. Il “tavolo imbandito” ove poter promuovere un confronto immediato e partecipare attivamente al dibattito sulla cosa pubblica è lo spazio virtuale creato ad hoc da pochi all’attenzione di molti. Sono nobili e comuni ai più le scelte ideologiche facenti capo alla trasparenza declinata in tutte le salse che molti sciorinano con altezzosa presunzione, sembra quasi che sia l’unica risposta al sistema politico italiano vecchio stampo.

Eppure cominciano ad affiorare zone d’ombra anche all’interno del “fenomeno degli abbrutiti”, la proprietà del tavolo imbandito è in capo al suo fondatore che ne dispone a suo piacimento come a formare una sorta di corte di commensali disposta attorno al capo tavola occupato dal suo inventore. A molti pare non piaccia più.

È ormai evidente che l’effetto di mostrarsi al pubblico come un semplice prodotto della politica italiana sia diventato per quasta frangia, una conseguenza dell’essere e non un qualcosa che nasce per contraddizione all’andazzo passato (e attuale).

Tale fenomeno che aspira ad incidere nella società civile, non basta che s’identifichi nell’immagine, nel modus vivendi di un singolo (o di pochi stretti adepti), dovrebbe prescindere dai pensieri di un solo individuo che specie recentemente ha messo in mostra veri e propri atti simildispotici.

L’anticonformismo dimostrato finora sembrerebbe solo di facciata, se è vero come sembra che tale fenomeno stia rischiando di restare ai margini delle dinamiche sociali ed economiche, in quanto l’unica preoccupazione dei suoi attivisti pare sia fare esclusivamente anti-politica.

Fino a prova contraria la politica è l’unica sovrastruttura possibile del vivere civile, farà schifo ai più ma siamo noi che l’abbiamo ridotta così premiando i personaggi di cui tutti parliamo, scriviamo e spesso a ragione, quasi mai a torto, disprezziamo.

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