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Il vescovo Mogavero: “Dimissioni di Boffo per il bene della Chiesa”

Il vescovo di Mazara del Vallo e presidente del consiglio Cei per gli Affari Pubblici, monsignor Domenico Mogavero, esprime la sua solidarietà al direttore di ‘Avvenire’ Dino Boffo, ma fa sapere: “Se Boffo ritiene che tutta la vicenda, pur essendo priva di fondamento, possa nuocere alla causa del giornale o agli uomini di Chiesa, potrebbe anche decidere di dimettersi. […] Se Boffo accettasse anche di passare per un disgraziato pur di non nuocere alla causa del giornale, farebbe la cosa giusta. Poi nelle sedi opportune si accerteranno debitamente i fatti”.

Sull’ormai famigerata nota, inviata mesi fa a molti esponenti del clero, il vescovo afferma: “L’ho ricevuta anche io, poco prima di Pasqua. […] Ho subito pensato che fosse un’operazione pilotata da qualcuno, diretta a noi vescovi, un’operazione squallida, quasi un avvertimento mafioso. A me è arrivata una fotocopia, ma c’era tanto di carta intestata, e il pezzo riconduceva al casellario giudiziario. Le ipotesi dunque sono due: o qualcuno ha messo mano a documenti riservati - e questo è estremamente grave - o qualcuno ha diffuso la notizia falsa per far scoppiare una bomba ad orologeria. È un’operazione squallida, che non ha nessuna credibilità. Lo scopo? Forse delegittimare i vescovi, o Avvenire, o Boffo? Oppure spaccare ulteriormente il mondo cattolico? Ma né l’uno né l’altro scopo è stato raggiunto e le posizioni espresse in passato da Avvenire sulle principali vicende politiche italiane rimangono valide”.


Le voci si diffondono in maniera incontrollata. Secondo l’ApCom, la nota potrebbe provenire da ambienti dell’Università Cattolica di Milano, spedita prima alla diocesi milanese nel periodo in cui si stava discutendo la riconferma di Boffo come segretario dell’Istituto Toniolo. Secondo Dagospia, addirittura, che avrebbe interpellato un non meglio precisato monsignore “ben addentro alle liturgie della Santa Sede, ben distante dalla Lobby di velluto by Ruini-Boffo”, la nota sul direttore di ‘Avvenire’ sarebbe stata scritta sulla “classica minuta preparata per la Segreteria di Stato, destinatari il Papa e Bertone” (”basta prendere anzichè la fotocopia l’originale del documento, quindi metterlo controluce e si leggerà in filigrana ‘Officie Sanctae Sedis’, in più si vedrà lo stemma pontificio”). Cosa peraltro intuibile dalle dichiarazioni del vescovo Mogavero.

Alcuni giornalisti hanno chiesto di nuovo, ufficialmente, di accedere agli atti. Sulla base del fascicolo giudiziario di Terni, il gip Pierluigi Panariello smentisce presenza di qualsiasi nota riguardante le inclinazioni sessuali di Boffo. E’ confermato però il decreto di condanna per molestie al quale il direttore di ‘Avvenire’ non si è opposto, con la chiusura del caso senza celebrazione del processo tramite pagamento dell’ammenda.

Boffo si difende affermando che le telefonate incriminate le avrebbe fatte un suo collaboratore uscito da una comunità di recupero ma poi morto di overdose, che egli avrebbe coperto. Secondo ‘Il Giornale’ però, che ha contattato un amico del giovane, questi “non era omosessuale, non è mai stato in comunità di recupero, tantomeno quella di don Gelmini e non mi risulta che avesse interessi di alcun genere a Terni. […] mi sembra incredibile, inverosimile che Boffo, per proteggerlo, abbia addirittura deciso di non opporsi a una condanna per molestie”.

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