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Il totoquirinale e le aspirazioni degli ex Dc

Manca ormai pochissimo perché la già costituita assemblea di 1009 grandi elettori si riunisca per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. È naturale che il dibattito politico degli ultimi tempi sia stato dominato da questo argomento, un Presidente non lo si elegge tutti i giorni e l’ultimo è durato anche più di tutti i suoi predecessori. Ed è altrettanto naturale che nel dibattito si sprechino luoghi comuni e auspici generici che vogliono un Presidente che sia di alto profilo istituzionale, una figura autorevole, che possa essere apprezzata anche fuori dai confini nazionali, un arbitro imparziale, eccetera, eccetera. Forse un po’ banale, ma è anche giusto che si preferisca ribadire tali ovvietà e che magari si centellinino quelle carte che ognuna delle parti tiene gelosamente semicoperte in attesa che si aprano i giochi.

bergoglio-napolitano

In mezzo a tutte queste indiscutibili banalità è però spuntata una richiesta che invece discutibile lo è certamente: il prossimo Presidente dev’essere un cattolico. A dirlo e ribadirlo è stato in particolare il leader Ncd Alfano, a cui hanno fatto eco anche altri soprattutto dalla stampa più vicina a quell’area, secondo cui è da un pezzo che al Quirinale non sale un cattolico. In realtà a non essere cattolico è stato solo l’ultimo, Napolitano, perché il suo predecessore Ciampi cattolico lo era sicuramente. Ma è evidente che essendo stato un Presidente di origine tecnica, non politica, la sua appartenenza filosofico-confessionale non interessa ad Alfano che probabilmente per “cattolico” intende “proveniente dall’area democristiana”. In ogni caso è piuttosto difficile, direi quasi impossibile, che con le alleanze in campo a questo giro si elegga un tecnico.

La domanda a questo punto è abbastanza semplice: perché un cattolico? E non si risponda che l’ultimo non lo era perché sarebbe un non motivo. L’ultimo non era nemmeno donna, non era di etnia non caucasica, non era leghista come non era grillino, non era gay e poco si sa (io per nulla) delle sue preferenze gastronomiche piuttosto che della sua squadra del cuore, ammesso che ne avesse una. È chiaro che nessuna di queste caratteristiche può essere alternativamente garantita, non è così che dovrebbe essere scelto il massimo rappresentante istituzionale, se non altro perché il suo compito non è certo quello di garantire una parte della popolazione, quella più vicina a lui, bensì di garantire tutti. A prescindere dalla sua appartenenza e dalle sue preferenze, e non certo in antitesi con quelle dei Presidenti passati. In una parola il Presidente dev’essere laico. Non importa che sia cattolico o ateo, ebreo o buddhista, importa che nell’esercizio delle sue funzioni si comporti laicamente. Garanzia che per esempio non offre Giuliano Amato, da molti ritenuto un ateo devoto, che attualmente è uno dei nomi più quotati e tuttavia a suo tempo giudicò inopportuno lo svolgimento di un Gay Pride a Roma nell’anno del Giubileo commentando “purtroppo c’è la Costituzione”.

E diciamocela tutta: non è che il Presidente della Repubblica abbia molte frecce nella faretra che gli assegna la Costituzione, o quantomeno quelle che ci sono hanno la punta piuttosto arrotondata. Certo, può rinviare alle Camere quelle leggi che giudica inopportune, ma può farlo una sola volta. La sua funzione principale è alla fine quella di cercare di far valere un’autorità che non può essere imposta, e che infatti in molti casi cade nel vuoto istituzionale. Un esempio? Napolitano ha chiesto a chiare lettere al Parlamento di mettere in discussione la proposta di legge sull’eutanasia per cui l’Uaar e altri hanno raccolto le necessarie firme, e adesso che è andato in pensione quella proposta continua a rimanere nei cassetti di Grasso e Boldrini tra mille ragnatele. In sostanza il fatto che sia un laico — che, forse val la pena ricordarlo, non è il contrario di cattolico ma di clericale — non ha sortito alcun effetto, perché ciò che manca realmente è piuttosto un Parlamento che sia laico.

Perfino diversi esponenti di area cattolica si rendono conto del fatto che l’appartenenza del prossimo Presidente non ha importanza. Per Mario Mauro, che pure è uno dei fondatori dell’ultimo tentativo di resuscitare la balena bianca aggregando Ncd e Udc in un soggetto chiamato Area popolare, “i presidenti laici che abbiamo avuto negli altri paesi europei sarebbero considerati dei bigotti”. Meno drastico ma pur sempre sulla stessa linea Beppe Fioroni che ha detto chiaramente “non ci impicchiamo per avere un cattolico, basta che sia autorevole”. Già diverse sono le parole usate da Paola Binetti e Mario Adinolfi, da sempre più attenti a questioni di identità. La prima sostiene di non interessarsi delle etichette ma allo stesso tempo afferma che “quello dell’alternanza potrebbe essere un criterio da utilizzare”, mentre il secondo dice che serve “un presidente radicato, che abbia cioè radici nella cultura cristiana del paese”. Praticamente un tubero, più che una personalità.

Massimo Maiurana

Questo articolo è stato pubblicato qui

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