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 Home page > Tribuna Libera > L’articolo 18, l’ultimo tabù?

L’articolo 18, l’ultimo tabù?

Mi chiedo se quanti oggi parlano dell'articolo 18, l'ultimo tabù da far cadere per arrivare una futuro radioso, hanno mai sperimentato sulla propria pelle cosa significhi oggi lavorare in Italia. Tra finte partite IVA, co co pro, lavori a gettone o a chiamata, contratti a tre mesi.

Quando senti dire che le aziende devono essere libere di poter assumere senza vincoli, perché l'articolo 18 (il tabù) ostacola le assunzioni, verrebbe da rispondergli che già oggi, in interi settori è così. Tutto deregolamentato: stipendi da fame, prospettive zero, tutele meno che zero ma, dall'alttra parte viene richiesta massima flessibilità per spostamenti e orari, competenze da senior e capacità di problem solving.

Ieri mentre stavo andando a pagare il bollo dell'auto in tabaccheria ("ma solo in contanti"), ho incontrato un ragazzo che prendeva il treno come me per lavorare a Milano presso un'assicurazione (non italiana): azienda che ha deciso di esternalizzare l'IT e che per questa operazione aveva assunto un manager sudafricano, pagato 150000 euro l'anno più i bonus.
Manager che in tre anni non ha combinato molto e che, alla fine, è pure stato cacciato con buonuscita di tre anni. Risultato? L'azienda ha dovuto in parte reintegrare l'IT perché non ne poteva fare a meno, il manager in tre anni ha preso quasi 900000 euro che è molto di più di quanto prendevano gli informatici prima di essere cacciati.


Dal 2012 non lavora più per questa azienda, ed è iniziato un calvario per cercare un altro lavoro: ti imbatti in società che vanno a caccia di cv per rivenderti ad altre società di consulenza che offrono lavoro ad aziende più grosse.
Per un posto di lavoro devono mangiarci in tre, chi lavora, chi ha procacciato la testa e chi ti ha rivenduto come consulente esperto in materia.
Lo stipendio non è ovviamente proporzionato per tre persone: si vive così, alla giornata, specie se pensi che il contratto è rinnovato di tre mesi in tre mesi e che, fuori di qua, c'è sempre un argentino o un pakistano che potrebbe prendere il tuo posto per stipendi inferiori.

E' la globalizzazione, bellezza, ti dicono. Bisogna spendere di meno, essere più flessibile per stare sul mercato. Bene, ma non ho notato in questi anni riduzioni di stipendi e benefit per i manager, né riduzioni dei premi delle assicurazioni. E mi chiedo che futuro possa avere un paese tratta in questa maniera persone, come il mio amico, con un certo background tecnologico: non stiamo parlando del cameriere o del pizzaiolo di Briatore. Stiamo parlando di un settore, quello dell'informatica, ad alta specializzazione, su cui un paese dovrebbe puntare. E invece stiamo perdendo terreno anche su questo.

Rischiamo di perdere tutto. Le telecomunicazioni, le società di informatica, le competenze.
Rimarrà alla fine solo questo tabù, completamente svuotato.

Photo: LaMiRiaM, Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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