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Il ricatto sociale

Nepotismo, clientelismo, malaffare, corruzione, questi e altri mali caratterizzano la società italiana da tanti anni, mali che attraversano la società come la politica in un vortice inestricabile.

Raccomandati, segnalati, preferiti, cugini, parenti, conoscenti etc. “vanno avanti” mentre altri, in minoranza, rimangono indietro. Certo cambiare da un giorno all'altro è oltremodo difficile ma è reso impossibile se coloro che detengono il potere (qui si parla di classi dirigenti della società, di politici e di altro) sono interessati a mantenere questo status quo. Come fanno? Attuando un vero e proprio ricatto sociale sugli individui che “indifesi” devono per forza di cose rivolgersi a loro.

Ogni individuo necessita per “crearsi una vita” essenzialmente di un posto di lavoro e di un ruolo sociale: queste due cose poi sotto molti punti di vista coincidono. Allora i suddetti detentori del potere (il quale potere è esprimibile essenzialmente o in un capitale di relazioni sociali o in un capitale economico) danno in cambio la loro “protezione” che si traduce in vari scambi di favori ma soprattutto in ambito politico-elettorale nel sistema scambio voto-favore-posto di lavoro-etc. che assicura la sopravvivenza di “eterne” classi politiche che cambiano nomi e simboli ma sono sempre le stesse.

Tutto ciò naturalmente a scapito della meritocrazia, della competenza, dell'eccellenza e di tanto altro. Quindi tante persone per avere un posto di lavoro, per avanzare nella propria azienda, per avere un posto di lavoro migliore e per tante altre cose si rivolgono al politico di turno o al “potente” di turno che molto spesso coincidono.

E grazie al posto di lavoro o al ruolo sociale che finalmente si è capaci di “costruirsi una vita”: “farsi una famiglia”, “comprare una casa”, uscire con gli amici e fare quello che tutte le persone normalmente fanno nella loro esistenza.

L'alternativa a ciò è essere precari, emarginati, non avere una vita etc.

Da queste banali (ma non tanto) riflessioni si può capire l'importanza del “ricatto sociale” suddetto, di cui non si parla quasi mai tra l'opinione pubblica e nei media.

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