• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Politica > Il reato di tortura in Italia: cosa stiamo aspettando?

Il reato di tortura in Italia: cosa stiamo aspettando?

In teoria, l’Italia ha sottoscritto la la Convenzione Onu contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti  e la Convenzione europea per la prevenzione della tortura. In pratica? Non abbiamo ancora un reato di tortura nel nostro codice penale.

In teoria, l’Italia sottoscrive la Convenzione Onu contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti , approvata il 10 dicembre 1984 a New York dall’Assemblea dell’ONU , ed entrata in vigore il 26 giugno 1987. Essa autorizza controlli finalizzati alla verifica del rispetto dei diritti umani nelle carceri, stabilisce il diritto di asilo per i rifugiati a rischio di tortura in patria, ma, ahimè, sottopone l’attuazione di tali misure all’approvazione dello Stato.

Il 25 ottobre 2012 abbiamo sottoscritto la Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, entrata in vigore nel lontano 1987 che, neanche a dirlo, non abbiamo ancora ratificato. Anch’essa è finalizzata alla prevenzione della tortura e di qualsiasi trattamento inumano o degradante.

Il 18 dicembre 2002, un nuovo trattato internazionale contro la tortura: il Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (OPCAT),firmato il 20 agosto 2003ma non ancora ratificato. Trattati disapplicati, comitati inoperanti, reato assente.

L’istituzione di riferimento resta ancora (e soltanto) la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo (CEDU), in virtù dell’avvenuta ratifica della Convenzione per i diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (4 novembre 1950).

In pratica, per quanto sia doveroso ricordare come l’art. 13 della Costituzione italiana affermi che“È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizione di libertà, è altrettanto significativo indicare che tale disposizione risulta applicabile limitatamente all’esecuzione delle pene e non in fase di indagine. Sono state infatti numerose le condanne comminate all’Italia dalla CEDU, a causa delle quali abbiamo pagato ingenti risarcimenti.

Una lacuna legislativa dovuta all’erronea presunzione di poter ricondurre il reato di tortura a fattispecie penali già disciplinate come omicidio, lesioni, percosse, violenze, minacce. Il problema resta dunque anche teorico, in quanto la qualificazione giuridica del reato in Italia ne identifica una diversa concezione rispetto a quella intesa dalle organizzazioni internazionali e dagli Stati che a esse si sono conformati.

Ma se nella “forma” siamo complici silenziosi di quello che è qualificato come un crimine contro l’umanità, nella sostanza stiamo permettendo che questa inadempienza condizioni l’esito di numerosi procedimenti giudiziari. 

Lo stesso Vaticano ha quest’anno provveduto all’introduzione del reato di tortura con la riforma penale che entrerà in vigore a partire dall’1 settembre 2013. Garantito da una monarchia assoluta e assente in una repubblica democratica?

 

 

Scritto da Nadia Benahmidou per "Segnali di fumo - il magazine sui Diritti Umani"

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares