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Il racconto di un ordinario show di camorra a Napoli

Il racconto dell’arresto dei 60 affiliati al clan Sarno avvenuto la scorsa notte nel quartiere di Ponticelli, a Est di Napoli. I parenti hanno messo in scena un vero e proprio show, profondendosi in baci e saluti per i propri pupilli diretti nel carcere di Poggioreale.

E’ un rito quello che si ripete fuori alla Caserma Pastrengo a P.zzetta Monteoliveto, sede del Comando Provinciale dei Carabinieri di Napoli. Insieme alla Questura, distante poche centinaia di metri, è lo storico edificio dove vengono tenuti in arresto gli indiziati per camorra prima del trasferimento nel Carcere di Poggioreale. Stavolta è toccato a più di 60 affiliati al clan Sarno, con "base operativa" nel quartiere Ponticelli, periferia Est di Napoli, accusati tutti di associazione per delinquere di stampo mafioso e a vario titolo di traffico e spaccio di droga, nonchè di estorsioni. Altri risultano implicati in diversi omicidi eseguiti durante la guerra tra i Mazzarella e i Sarno.

Se la faida di Scampia non fosse mai esplosa, avremmo "innalzato" l’area orientale della città a simbolo della periferia più degradata d’Italia. Ponticelli è il quartiere in cui un anno fa si accese una violenta protesta contro i campi nomadi sparsi sotto i cavalcavia e sui terreni abbandonati, in seguito al presunto rapimento di una bambina da parte di una ragazzina Rom. Protesta poi culminata con l’incendio delle strutture e la fuga di gran parte dei Rom presenti in zona, azioni criminali queste applaudite anche da una parte consistente della borghesia cittadina.

L’assembramento di curiosi e commercianti del posto fuori alla caserma si è già formato da un po’ di tempo, ma l’arrivo dell’elicottero dei carabinieri segnala che gli arrestati stanno per uscire. Si tratta di un centinaio di persone, controllate a vista da un cordone di forze dell’ordine, più una trentina di irruenti parenti e amici dei camorristi arrestati. L’elicottero vola così basso che sembra dover urtare i palazzi della zona, i carabinieri appaiono preoccupati.

Improvvisamente ecco che cominciano ad uscire uno ad uno dalla caserma. Il primo sbraita, urla qualcosa contro gli agenti che a fatica riescono ad accompagnarlo nella volante. I familiari mandano applausi, baci e incoraggiamenti.

Una coppia di turisti americani si avvicina e rimane a guardare; capiscono al volo: "Ah, mafiosi!". Ne escono altri: anche loro mandano baci, sorrisi, saluti, prontamente ricambiati dai parenti. E’ uno show, bisogna sfruttare bene i cinque minuti di celebrità, mostrare la compattezza e la fedeltà delle famiglie.



Ne esce un altro ancora: maglietta viola e un ciuffo di capelli biondo scuro, liscio e pendente. Escono poi le prime donne. Sorridono alle telecamere, salutano apertamente quella piccola folla di familiari: anche tra questi ultimi, le donne sono le maggiori per numero e per "casino" prodotto. Cercano di farsi strada tra il cordone di carabinieri, di dare l’ultimo saluto agli arrestati prima che essi vengano condotti in carcere. Si fanno strada con irruenza e prepotenza tra la folla.

Uno dei parenti, un tipo palestrato e conciato da vero criminale, pesta la coda di un povero cagnolino che guaisce. Il padrone accenna una protesta che però subito soffoca. La folla di napoletani assiepati intorno infatti è muta, silenziosa. Sui volti si legge timore, impotenza, frustrazione. Anche rabbia, nascosta, logorante, quella che i più cercano di non rievocare semplicemente sforzandosi di obliare la realtà in cui vivono. Alcuni però non riescono a trattenere i commenti. Un anziano signore cerca di consolarsi: "Abbiamo tolto un po’ di munnezza da mezzo".

Un altro ironico: "Azz, ma sono dei signori questi qua!" Un altro ancora, il più rabbioso: "Pezzi di merda!". E via dicendo. Decine le volanti pronte a raggiungere Poggioreale. Partono tutte assieme, a sirene spiegate. I parenti le inseguono per un breve tratto, urlando e piangendo. Per un momento muovono istintivamente alla pietà, ma poi ricordi chi sono e che cosa fanno nelle loro miserabili vite. Una donna viene sgridata da un familiare per aver portato con sè il proprio figlioletto, che non ha voluto vedere il padre condotto in carcere e si è nascosto singhiozzando in un bar vicino. Terminato lo show, tutto torna come prima.

Il clan Sarno, a detta dei magistrati, per numero di affiliati, alleanze e interessi criminali coltivati può essere considerato alla stregua del clan dei Casalesi. Esso domina gran parte della città e della provincia, è in contrasto con gruppi criminali del centro storico, in particolare i Mazzarella nella zona di Piazza Mercato e i Mariano dei Quartieri Spagnoli, con cui ha scatenato una guerra dagli sviluppi per niente chiari.

Ma dal centro storico alla periferia, dall’area napoletana a quella casertana, è una polveriera. E’ di ieri purtroppo l’ultimo agguato mortale a Marano di Napoli, area a Nord della città. Le autorità, per detta del procuratore di Napoli Giandomenico Lepore, non riusciranno a sgominare i clan con le poche risorse offerte dal governo. Anche perchè è soprattutto sul piano economico che si sconfiggono le organizzazioni criminali. Non è vero, guardasigilli Angelino Alfano?

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