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Il primato di Wesolowski, ex arcivescovo sotto custodia cautelare in Vaticano

La notizia è di quelle che non potevano non suscitare clamore visto il suo carattere eccezionale. Per la prima volta un’importante personalità ecclesiastica viene indagata dal Tribunale vaticano e, udite udite, sottoposta a provvedimento di custodia cautelare in attesa del processo per evitare che fugga o inquini le prove. Naturalmente il tutto con il consenso esplicito del papa, cosa imprescindibile visto che parliamo pur sempre di una monarchia assoluta. Jozef Wesolowski non dovrà tuttavia passare le sue notti in cella perché le sue condizioni di salute non sono state ritenute compatibili con il carcere, o almeno non con le carceri vaticane che non dispongono di celle concepite per detenzioni a lungo termine.

Jozef Wesolowski, connazionale di Karol Wojtyla, è stato da quest’ultimo prima ordinato sacerdote e poi consacrato arcivescovo. Dopo aver passato alcuni anni da nunzio apostolico in vari paesi asiatici è approdato nel 2008, sempre in veste diplomatica, nella Repubblica Dominicana. Qui Wesolowski è stato oggetto di indagine da parte della locale magistratura con l’accusa di pedofilia, dopo che alcuni media dominicani avevano diffuso dei reportage in cui il nunzio veniva indicato quale adescatore di minori, pare anche con il supporto di suoi collaboratori.

Le autorità dominicane non hanno però potuto contestargli personalmente gli addebiti perché nel frattempo l’arcivescovo di Santo Domingo aveva informato la Santa Sede, che a sua volta ha immediatamente richiamato Wesolowski a Roma. Del resto la posizione del Vaticano è sempre stata quella di lavare in casa i panni sporchi quando questi sono macchiati di liquido seminale, e così dal punto di vista ufficiale il trasferimento era necessario per consentire alla Congregazione per la Dottrina della Fede di indagare sulla vicenda. Diciamo che l’essere sfuggito alle manette nei Caraibi — ma anche in Europa, visto che la Polonia ha chiesto l’estradizione di Wesolowski sulla base di accordi internazionali — è un gradito (per lui) effetto collaterale.

Il caso Wesolowski, insieme ad altre pagine buie riguardanti vari prelati in tutto il mondo, è stato al centro dell’incontro tra i rappresentanti della Santa Sede e il Comitato Onu contro la Tortura svoltosi lo scorso maggio, i cui verbali sono disponibili sul sito dell’Alto commissariato per i diritti umani. In quell’occasione è stato esplicitamente richiesto alla delegazione vaticana di procedere all’estradizione di Wesolowski in Polonia, ai fini della celebrazione di un regolare processo penale, o in alternativa di provvedere in merito attraverso le proprie strutture giudiziarie. Evidentemente è stata scelta la seconda opzione, e pure in extremis visto che è già passato un anno dall’incontro con il Comitato Onu e quindi la Santa Sede sarebbe tenuta a inviare le informazioni aggiuntive richieste.

Di fatto Wesolowski è già stato ritenuto colpevole di quanto addebitatogli dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, giusto poco più di un mese dopo il recente incontro in sede Onu, ma trattandosi di un procedimento canonico la pena massima applicabile, ed effettivamente applicata, è quella della riduzione allo stato laicale. E tra l’altro alla sentenza è stato opposto appello, quindi si attende il nuovo esito. Normalmente l’iter vaticano avrebbe potuto concludersi qui, perché per la Chiesa il reato di pedofilia non è un delitto contro la persona ma un’offesa a Dio, e come tale non sarebbe previsto un processo penale. Per questo sorprende il fatto che sia stata aperta un’indagine nei confronti dell’ormai ex prelato, nell’ambito della quale è stato spiccato il provvedimento di custodia cautelare.

Al contrario, non sorprende che i media nostrani puntino principalmente sull’esaltazione del presunto giro di vite papale, magari associandolo ad altri provvedimenti di tutt’altro tipo come la rimozione del vescovo paraguaiano Livieres Plano. Senza notare che, se così fosse, il Vaticano starebbe implicitamente ammettendo che, sinora, la protezione dei prelati pedofili è stata ampia, articolata e altolocata. Non resta a questo punto che attendere per vedere se effettivamente da Oltretevere si vorrà imprimere, come ci si auspicherebbe, una svolta nell’atteggiamento ecclesiastico verso i preti che si macchiano di simili reati, o se si tratta dell’ennesimo annuncio a effetto destinato a fare la fine della classica bolla di sapone.

 

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