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Il pluralismo religioso al tempo della globalizzazione

Più dell'ottanta per cento della popolazione mondiale, aderisce a una religione disciplinata. Uno studio demografico pubblicato nel 2010 dal Pew Research Center's Forum on Religion & Public Life, dal titolo "The Global Religious Landscape", osserva che su una popolazione mondiale di 6,9 miliardi, i cristiani sono il 32%, i musulmani il 23%, gli indù il 15%, i buddisti il 7%, gli ebrei lo 0,2%; il resto non appartiene dichiaratamente a nessun credo.

In conseguenza all'apertura del mercato unico mondiale, la politica coloniale del XXI secolo, induce i popoli a massificarsi, muovendosi con il proprio bagaglio non solo religioso, ma culturale e linguistico, da un parte all'altro del pianeta.

I recenti dati, propagati da OECD (Organisation for Economic Cooperation and Development) e ONU, evidenziano come, oltre 41 milioni di stranieri siano legalmente presenti in Europa, la maggior parte dei quali vive in Francia, Germania, Spagna, Gran Bretagna e Italia.

Da oltre trent'anni, l'Europa è quindi divenuta una realtà multietnica, dove la matrice cattolica e cattolica-protestante che sempre la controlla, si trova a doversi confrontare, con uno scenario di pluralismo delle credenze, dove milioni di persone con diversi dogmi, cercano di coesistere insieme.

Il Consiglio d'Europa, è intervenuto più volte per tutelare la libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Nella raccomandazione n°120 del 1993 invita gli Stati a promuovere «una presentazione differenziata e accurata delle religioni nei manuali e nella didattica al fine di migliorare e approfondire la conoscenza delle diverse religioni».

Non dimenticando di ricordare, nel 2002 che «la costruzione dell'Europa di domani esige lo sviluppo di una cultura politica che superi gli antagonismi. Di qui la necessità di identificare fondamenti etici dei principi che regolano la vita delle nostre società. Le religioni, matrici culturali e comuni di questi fondamenti e di questi principi, hanno un ruolo importante da svolgere in questo processo. Anche perché democrazia e religione hanno in comune l'idea del riconoscimento e del rispetto dell'altro».

Inoltre dichiara: «Mentre le decisioni concernenti le questioni di fede devono essere protette come scelte personali, nessun sistema educativo può permettersi di ignorare il ruolo delle religioni e delle credenze nella storia e nella cultura. L'ignoranza su questi problemi può alimentare l'intolleranza e la discriminazione e può portare alla formazione di stereotipi negativi».

Per poter attuare del tutto questo progetto educativo, diventa essenziale il principio dell'autonomia, dove l'indipendenza istituzionale e logistica della scuola, si liberi da ogni dogmatismo clericale e ideologico, trattando le singole "fedi" come semplici argomenti scientifici, al pari di altre conoscenze didattiche.

Solo in tre paesi europei la religione a scuola è materia extrascolastica: Ungheria, Francia e Slovenia. In Lettonia, Lituania, Polonia, Slovacchia, Portogallo e Lussemburgo funziona di fatto come materia alternativa. E' prevalente in Italia, Croazia, Irlanda, Malta, Portogallo e Slovacchia. A Cipro e Grecia, è predominante quella ortodossa, e in Turchia, quella islamica.

In alcuni paesi la didattica è multireligiosa e prevede confessioni ebraiche, islamiche e buddiste: Germania, Austria, Spagna, Belgio, Svezia, Repubblica Ceca, Romania, Inghilterra, Norvegia, Svizzera, Russia. Invece in paesi come Bulgaria, Cipro, Lettonia, Lituania, Ucraina, Lussemburgo e Polonia vi sono anche diverse confessioni a matrice cattolica, ortodossa e protestante.

Solo alcuni paesi destinano discipline alternative a chi non si avvale dell'insegnamento religioso, soprattutto l'Etica (complesso di norme morali e di costume che identificano un preciso comportamento nella vita di relazione): Germania, Croazia (solo nella scuola secondaria), Finlandia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Polonia, Russia, Slovacchia, Portogallo, Italia (attività a coordinamento scolastico, solo in alcune scuole, altrimenti nulla), e Ucraina (attività locali).

Non offrono nessuna disciplina alternativa: Inghilterra, Austria, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Spagna, Francia, Grecia, Ungheria, Irlanda, Malta, Norvegia, Romania, Svezia, Svizzera, Repubblica Ceca e Turchia.

L'Italia, che per gran parte della sua storia, è stato un paese di emigrazione, privandosi tra il 1876 e il 1976 di oltre 24 milioni di persone, nel 2010 era il quinto Paese europeo per numero assoluto di stranieri residenti, con 4,2 milioni, dopo Germania (7,1 milioni), Francia (6,7 milioni), Spagna (5,7 milioni) e Regno Unito (4,4 milioni).

La ricerca Istat del 2012, "La scuola e le attività educative", mette in evidenza che gli appartenenti a minoranze religiose sono il 2,5% dei cittadini italiani e il 7,6% delle persone presenti sul territorio italiano.

Secondo il CESNUR oltre a ortodossi e musulmani, rilevanti sono le comunità d'immigrati protestanti pentecostali (212.000), induisti (114.000), buddhisti (103.000) e sikh (60.000). I non cattolici presenti globalmente in Italia sono 4.635.400 se si considerano nel totale anche gli immigrati che non sono cittadini italiani.

Speriamo dunque, che il pensiero rigido del cattolicesimo conservatore si orienti verso un corretto pluralismo religioso, dato che per dirsi coerente con i principi fondanti che la caratterizzano, i governi europei dovrebbero potenziare il tanto acclamato "dialogo religioso", a cominciare dal secondo stadio di socializzazione, quale è la scuola, al fine di creare una cittadinanza multiculturale, che si fondi sulla conoscenza delle identità culturali di ognuno, preservandone le differenze.

Foto: Murdelta/Flickr

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