• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tempo Libero > Sport > Il passo di addio del "Cobra di Formigine"

Il passo di addio del "Cobra di Formigine"

La triste storia di Riccardo Riccò, dalla gloria ad una stanza di ospedale

Riccardo Riccò era soprannominato il "Cobra di Formigine", ma l'unico veleno non era quello con cui mordeva gli avversari, bensì quello che si iniettava nel corpo. Ha frodato il Tour de France, quando "fatto" di Cera mostrava con orgoglio la maglia a pois di re della montagna. Lo hanno scoperto, squalificato e marchiato a fuoco come simbolo di un mondo del ciclismo macchiato dal doping.

Scontato lo stop di due anni è stato perdonato da quelle stesse persone che aveva tradito. Come tutti quelli a cui è giusto concedere una seconda possibilità. Tifosi e giornalisti attendevano con ansia il ritorno del Cobra. Era stato inserito nella lista dei corridori più attesi della nuova stagione. L'altro giorno ha rischiato di morire, mentre si allenava sulle sue montagne modenesi. Edema polmonare e blocco renale. Nessuno ha osato dire ad alta voce quello che tutti sospettavano. "Riccardo ci è ricascato...". Tutti immaginavano. Ma è stato lui stesso a raccontarlo ai medici, spaventato: autoemotrasfusione. Sangue tenuto in freezer come una persona qualunque tiene una fetta di carne. Per 25 giorni. Una follia. Adesso saranno le autorità competenti a stabilire la verità, a raccontarci se Riccardo ha sbagliato ancora.

Con falso moralismo viene additato come un mostro. Qualcuno invita a cacciarlo dal mondo dello sport. Come se il problema del mondo del ciclismo siano i Riccò di turno e non quelli che gli hanno procurato quella maledetta sacca di sangue.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares