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Il nostro nemico è davvero il jihadismo?

L’Occidente ha collezionato un errore dietro l’altro. La politica estera americana in Medio Oriente ha creato le condizioni per agevolare il jihadismo, e ora l’Europa si è presa il rischio più grande.

"Combatteteli finché non ci sia più politeismo e la religione sia tutta per Allah. Se poi smettono... ebbene, Allah ben osserva quello che fanno". (Corano 8:39)

Tutto ciò che accade oggi è accaduto anche prima. È un film già visto. François Hollande sembra seguire gli stessi passi di George W. Bush 14 anni fa. E non solo la Francia, bensì tutta l'Europa e il mondo devono affrontare l’incubo del terrorismo.

Per questo, ora esiste il rischio che gli errori si ripetano.

Il nemico è davvero il jihadismo?

Il nemico è lo stesso di sempre: l’estremismo islamico con la sua jihad o ‘guerra santa’ contro l’infedele. Con Al Qaeda è toccato agli USA, con l’ISIS è il momento della Francia. Per entrambi i Paesi valgono le medesime caratteristiche, scopi e ideologie. E dopo 14 anni le reazioni sono le stesse per entrambi i casi. Come fece il presidente Bush nel 2001, oggi Hollande inneggia alla guerra contro il medesimo nemico di 14 anni fa. Hollande incita il Parlamento a rispondere alla ‘guerra con la guerra’ e la stessa cosa la chiede ai suoi concittadini che, tra l’altro, approvano il suo operato all’84%, secondo un recente sondaggio. Il presidente francese, che prima veniva considerato un debole al servizio della ‘germanica’ Merkel, oggi appare un grande condottiero, un ‘comandante in capo’ di tutti i francesi, quasi un eroe. E i francesi si stringono intorno al loro presidente e alla bandiera nazionale, colmi di orgoglio e dignità.

Come non bastasse, l’Occidente si stringe in un gigantesco abbraccio alla Francia e ai francesi, con simpatia, amicizia e solidarietà. C’è stato un tempo (11/9) in cui eravamo tutti americani, mentre ora siamo diventati tutti parigini. Gli attacchi terroristici, chissà perché, fanno diventare dei ‘veri leader’ i premier di quei paesi che vengono colpiti, e più vengono feriti più l’indice di gradimento cresce. Così era per Bush ieri e così è per Hollande oggi. Un gradimento dettato dalla paura di subire nuovi attacchi, di vedere altri morti e feriti, per cui ci si appella all’autorità costituita per trovare riparo, senza pensare che vedranno trasformate le politiche all’interno del Paese. Si cambierà la Costituzione, si restringerà il delicato equilibrio tra sicurezza e libertà personale e, infine, la democrazia potrebbe risultare compromessa per molti anni. Ma non saranno solo le politiche interne che cambieranno, bensì anche le relazioni internazionali subiranno una modifica sostanziale, magari in modo che mai si sarebbe pensato fosse possibile prima. Come nel caso di Bush, che ha determinato una politica estera aggressiva e unilateralista, dividendo anche la stessa Europa, e ora Hollande che ha già stabilito un riavvicinamento della Francia con la Russia di Vladimir Putin.

Una guerra mai vinta

Come detto, il nemico è lo stesso di sempre, è simile nelle caratteristiche ideologiche, anche se modifica o aggiorna il proprio nome e usa mezzi e modalità differenti. E se il nemico è lo stesso, questo fatto dovrebbe preoccuparci molto, dal momento che dall’11 settembre sono passati 14 anni e il ‘nemico’ non è ancora stato sconfitto. Anzi, è cresciuto e ha aumentato i suoi tentacoli, come altresì è spaventosamente prosperata la sua ‘letalità’.

Mohamed Atta (uno dei terroristi responsabili degli atti terroristici negli USA dell’11/9, ndr) e i suoi compagni utilizzarono degli aerei come ‘armi di distruzione di massa’, e il dirottamento lo hanno messo in atto usando coltelli di plastica. In Medio Oriente, a quel tempo, Al Qaeda al massimo raggranellava quel poco di denaro sufficiente a sopravvivere attraverso gli introiti dei rapimenti di turisti stranieri. Il 13 novembre 2015, a Parigi, Abdelhamid Abaaoud e i suoi complici hanno agito con kalashnikov ed esplosivi, gestendo l’azione in simultanea e con precisione militare, entrando e uscendo dalla Francia senza grandi problemi.

Al Qaeda non ha mai avuto un territorio, né abitanti e nemmeno uno Stato. Oggi l’ISIS si dichiara Stato, e purtroppo lo è. Ha conquistato ampi territori, principalmente in Siria e in Iraq, ma controlla anche vaste aree della Libia, del Libano e dell’Egitto. Sotto l’influenza dello Stato islamico sembra ci siano circa dieci milioni di persone, dai quali il califfato pretende tasse, impone leggi e ha coniato persino una propria moneta ufficiale.

Che ci piaccia o no, è uno Stato a tutti gli effetti! E fa riflettere il pensiero che l’ISIS nasce, nel giugno 2014, come costola di Al Qaeda in Iraq. Nel successivo anno e mezzo ha avuto un’espansione incredibile, con una avanzata che cresce e si diffonde ancora oggi in tutto il Medio Oriente e sembra che non possa ancora essere fermato.

USA: troppi errori in politica estera

Forse l'errore più grave è stata la ‘guerra’ come principale e unica soluzione di tutti i mali, la medesima guerra che oggi vogliono combattere i francesi. Ovunque è stata combattuta ha creato guasti indicibili e insanabili. Il secondo errore, pari o persino superiore al primo, è la ‘falsità’. E la ripetizione di tali errori diventeranno un guasto plurimo e continuato.

George Bush, è noto a tutti, ha dato ascolto alla CIA circa le ‘inesistenti armi di distruzione di massa’ per giustificare l'invasione dell'Iraq. La limitazione delle libertà e dei diritti individuali attraverso il ‘Patriot Act’ (leggi di emergenza, ndr), è stato votato dal Congresso americano sotto l'emozione patriottica suscitata dagli attacchi dell’11 settembre. Con tale norma l’America si è macchiata di orrori e crimini contro l’umanità, anche peggiori di quelli perpetrati dai terroristi. Si è fatto uso della tortura, del rapimento e dell'esecuzione extragiudiziale per i prigionieri accusati (e non sempre era vero, ndr) di terrorismo. L'orrore di Abu Ghraib, la prigione irachena dove venivano torturati i prigionieri e dove subivano abusi sessuali da parte delle truppe americane, non sono giustificabili, men che meno in guerra visto che esiste la Convenzione di Ginevra in merito ai prigionieri durante i conflitti. O come la creazione di Guantanamo, un carcere dove la pena era indefinita e senza diritto a un regolare processo.

Tutti questi (e tanti altri) orrori sono stati degli inattesi ‘regali’ per la propaganda a favore dello spirito jihadista e il terrorismo. È stato facile per lo Stato islamico coinvolgere il mondo musulmano e inneggiare alla guerra santa contro l’Occidente, colpevole di aver attuato l’invasione unilaterale di paesi a prevalenza etnia araba, l’erosione dei valori e l'annullamento dei diritti individuali e delle libertà. Il terrorismo ha vinto così la sua prima battaglia, dimostrando che l’Occidente è il male da estirpare.

Il che non ci differenzia molto, noi diciamo altrettanto nei loro confronti.

Ma l'errore più grande, che ha determinato le conseguenze peggiori, è stato l’invasione dell’Iraq. Bush sapeva perfettamente che Saddam Hussein non aveva niente a che fare con Al Qaeda o gli attacchi dell'11 settembre. Ma sapeva anche che i sondaggi in patria avevano stuzzicato l'appetito di una guerra tra gli americani. Serviva un pretesto per lanciare una nuova offensiva, e questo è stato creato dalla CIA che, fornendo false prove sulle armi di distruzione di massa, hanno dato il via a un concatenarsi di eventi che oggi tutti noi stiamo pagando, e a caro prezzo. Gli USA, invadendo l’Iraq e spodestando il dittatore Saddam Hussein, aveva uno scopo iniziale condivisibile: trasformare l'Iraq in una democrazia prospera ed esemplare. Un bell’obiettivo, non c’è che dire, ma purtroppo miseramente fallito. Bush, e lo stesso Occidente, non si è mai reso conto che stava concretizzando, fin da subito, un clamoroso fallimento.

Nel frattempo, lo Stato dell’Iraq è stato completamente demolito e, dalle sue ceneri, è nato l’ISIS.

La Francia rischia di ripetere gli stessi errori

Sarà difficile per la Francia, e l'Europa con essa, evitare gli stessi errori gravi compiuti dagli americani in Iraq e in Afghanistan, soprattutto se ci si proietta in un conflitto su larga scala, vista l’espansione territoriale dell’ISIS. Lo smantellamento di uno Stato senza che vi sia una contestuale sostituzione, rapida ed efficace, di una politica amministrativa e militare, è sempre stata un'operazione ad alto rischio. La distruzione di Gheddafi in Libia o il conflitto in Siria contro Bashar al-Assad, sono tutti nuovi elementi che perseverano gli errori del passato. Creano una destabilizzazione dell’autorità costituita, e questo fatto è il vero punto di forza dello Stato Islamico. Uno Stato debole diventa territorio di conquista, una volta occupato l’ISIS possiede così nuove armi, i militari degli eserciti smantellati vengono reclutati nelle loro fila, le banche saccheggiate e l’economia nazionale viene finalizzata principalmente per finanziare la lotta contro l’infedele.

Rendersi conto degli errori serve a capire come evitarli in futuro. In questo caso stiamo perseverando, il che ci rende ‘diabolici’.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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