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Il governo delle cinque della sera

 

Il governo delle cinque della sera, come nella poesia di Garcia Lorca scritta per la morte di Ignazio. Il toro non è stato preso per le corna ma ha infilzato il torero, finendolo. A quell’ora Enrico Letta aveva già pronta la lista dei suoi ministri e a leggerla si poteva ipotizzare la sequenza del futuro italiano. Con Alfano al ministero dell’Interno e al posto di vicepremier. E avevano fatto pace anche i cani e i lupi che in un unico branco potevano finalmente avere a propria disposizione capre e pecore, come cibo del loro pasto ordinario. Di chi la colpa di questo nuovo scenario di lotta per la sopravvivenza? Quale reale futuro si è aperto per le sorti del nostro Paese?

Andiamoci con ordine. In questa vicenda, ci sono un antefatto, un prologo e forse anche un epilogo.

L’antefatto è remoto. Una sorta di incubazione durante la seconda Repubblica, quando D’Alema guardava con l’occhio di triglia ai moderati di Berlusconi, tutto sommato appartenenti alla cultura populistica e recuperabili a suo avviso dal loro peronismo alla politica occidentale. O quando Luciano Violante diceva che in fondo i “ragazzi di Salò” andavano capiti e rispettati perché avevano combattuto per una loro idea della libertà e dell’ Italia. Insomma, nell’antefatto, tutto immerso nella seconda Repubblica, dal crollo del muro di Berlino al ventennio berlusconiano, troviamo l’elaborazione dei segnali di fumo necessari alle diverse tribù per mettersi in contatto.

Poi arriva la crisi della fine del 2011, quando nasce il governo Monti e le varie tribù provano il marchingegno di un’azione unitaria, per verificare se questa può funzionare. Un’esperienza che dura quasi un anno e mezzo. E alla fine se ne ha un verdetto: il meccanismo politico può funzionare. Quindi il governo dei tecnici entra in crisi e centrodestra e centrosinistra cominciano a fibrillare. L’osannato Monti diventa la causa di tutti i mali e tornano a sorridere le facce di Berlusconi e di Bersani. Passano alcuni mesi fino alle elezioni del 24 febbraio 2013, quando, manco a farlo apposta, nessuna forza politica è in grado da sola di imprimere all’Italia la svolta di cui ha bisogno. Ma nessuno vuole tornare alle urne, né tanto meno i parlamentari, freschi di elezione.

Quello che succede da quella data ai nostri giorni segna la fine di un’epoca. E cioè la seconda Repubblica fondata sul sistema dei partiti.

Lo si vede già dal risultato elettorale: la politica italiana è tripartita. Il popolo della libertà, il centrosinistra, il movimento cinque stelle. Le maggiori responsabilità ce le ha quest’ultimo che non capisce che il tempo dello spettacolo si è chiuso e continua con le sue smargiassate anche durante le consultazioni per far nascere prima un nuovo capo dello Stato e poi un nuovo governo. In entrambi i casi Grillo fallisce su tutta la linea lasciando il suo popolo, al quale aveva promesso di mandare tutto il vecchio ciarpame a casa, a bocca asciutta.

Se semplicemente, anziché fare lo smargiasso, sputando dai denti, avesse stretto un accordo con Bersani che intanto continuava a umiliarsi ai suoi piedi, le cose sarebbero andate molto diversamente e avremmo avuto qualche altro alla Presidenza della Repubblica, e qualche altro ancora a guidare il governo al posto di Letta. Quindi è vero che la storia non si fa con i se, ma è anche vero che non possiamo ignorare gli errori madornali che ha fatto e continua a fare il capo di questo movimento che a parole vuole cambiare il mondo e nei fatti lo lascia in mano a chi lo ha sempre sfruttato.

L’epilogo è prevedibile: Pdl e Pd potranno fondersi in un futuro non molto lontano in PDL, definendosi area moderata. La sinistra, o quello che rimane di questa, si fonderà in un’unica federazione se non vuole essere totalmente cancellata dalla cronaca. Il M5S, esaurite le sue voglie moralistiche e le sue recitazioni di piazza, metterà fine alla sua funzione di contestazione, lasciando il campo libero a un sistema bipolare di aggregati che tra di loro si assomigliano.

Resteranno a combattere sempre il leopardo e la colomba e mentre la memoria si consuma definitivamente di fronte a “un corpo con le redini rotte”, prenderemo atto che solo il nostro passato potrà aiutarci a sopportare il peso di ciò che avremmo dovuto avere e non abbiamo avuto. Tutto il resto non sappiamo cosa sia.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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