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Il futuro delle religioni. Born again atheists

Il Pew Research Center si è messo di impegno per prevedere il futuro delle religioni nel mondo. Sarà roseo per l’islam, dicono i ricercatori: in 35 anni passerà dal 23% al 30% della popolazione del pianeta, e nel 2070 supererà il cristianesimo. L’orizzonte di quest’ultimo è dato per stabile, come per l’induismo. Brutte notizie invece per i “senza religione”, che scenderebbero dal 16% al 13%. Non è però il caso che si disperino. Anzi.

L’escalation nel numero dei musulmani, secondo lo studio, non sarà dovuta alle conversioni. Del resto, diciamocelo: l’islam, al momento, non è una fede che goda di molto appeal. Nemmeno le altre se la passano però molto bene. Le conversioni, stando allo studio, sono un fenomeno statisticamente insignificante. È noto: quasi sempre si fa parte di una certa religione perché si nasce in una famiglia che fa parte di quella religione, restandoci perché è conformista, tradizionale e conveniente restarci. E anche chi non crede granché alle relative dottrine tende a partecipare a riti, eventi, pellegrinaggi finché morte non lo separi dalla sua appartenenza. La religione è un social network autoreplicantesi.

No, la possibile forte crescita dell’islam sarà dovuta esclusivamente a un motivo: i maggiori tassi di natalità dei suoi fedeli. La popolazione umana è data ancora in forte crescita (da 7 a 9 miliardi), ma tale crescita si concentrerà in due soli luoghi: Africa e Medio Oriente. Con l’eccezione degli sceiccati si tratta di posti poveri, da cui la gente fugge. Sia a causa delle guerre in corso, sia per l’assenza di opportunità offerte in loco, una circostanza amplificata proprio dal natalismo. Due fenomeni, le guerre e il natalismo, in cui la religione è pesantemente implicata. Ma non sono molti quelli che hanno voglia di scriverlo.

Projected Cumulative Change Due to Religious Switching, 2010-2050

In Africa e Medio Oriente, per ora, il numero di atei e agnostici è bassissimo, il più basso del mondo. Come se non bastasse, atei e agnostici hanno — ovunque — pochi figli. Facile capire perché le previsioni sul loro conto volgano al brutto, nonostante il loro numero attuale sia paragonabile, oggi, a quello dei cattolici. Altro dato che, guarda caso, quasi tutti passano sotto silenzio. Specialmente in Italia.

Eppure, lo stesso studio mostra qual è l’antidoto al prevedibile calo. Qualche giorno fa è giunta la notizia che gli atei in Norvegia hanno raggiunto i credenti. E anche nel Regno Unito i non affiliati ad alcun credo sono ormai il 42%. Com’è possibile, se anche in quei paesi hanno meno figli dei credenti? Semplice: sempre più figli dei credenti abbandonano la fede. Se le conversioni non sono un fenomeno rilevante, le apostasie lo sono eccome: secondo il Pew Center, ben l’88% degli switch religiosi previsti sarà in direzione della non credenza.

Uno tsunami di metanoie incredule. Il gruppo che ha minori chance di crescita è anche l’unico a venire accreditato di enormi potenzialità di aumentare la propria dimensione, peraltro grazie a scelte autentiche. Perché si concretizzino, è sufficiente espandere la diffusione dei prerequisiti (istruzione, libertà di espressione, benessere e sicurezza esistenziali) che portano a lasciare la fede. Guarda caso, sono fenomeni che, nello stesso tempo, riducono anche il natalismo.

È alle porte un vero e proprio esercito di fuoriusciti dalla religione. A differenza delle conversioni, non trova spazio sui mass media. Giusto così, in qualche modo: è l’evento improbabile, l’uomo che morde il cane a destare attenzione. I giornalisti sanno bene come stanno le cose. Ma, se lo sanno, lo facciano sapere apertamente. È loro compito, no?

Raffaele Carcano

 

foto: A. Mangold/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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