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Il fondatore dell’ateismo moderno: San Tommaso d’Aquino

La Chiesa lo considera "il" Teologo per eccellenza, un grande mistico ed uomo di spiritualità superlativa; l'umanità - anche a parere di laici ed atei autorevoli - uno dei filosofi più importanti del Medioevo e della cristianità in genere.

In lui, appartenente alla cultura italiana e tedesca nonché a quella francese, confluiscono sia la teologia cristiana che quella islamica e, tramite questa, quella pagana antica, segnatamente Platone ed Aristotele. Eppure, nonostante questo Tommaso è sempre assai lontano da tentazioni sincretiste ed attento a separare ciò che è compatibile con la fede cristiana da ciò che non lo è.

Di nuovo, eppure e nonostante questo, Tommaso pone delle nuove pietre miliari, come anche dei punti di "fine" e di "nuovo inizio" nella Teologia. In particolare egli pone fine a quello che era stato sino ad allora uno dei punti fermi più saldi, specie con l'argomento di Anselmo, di Dio quale esistente perché massimo ente pensabile: quello della evidenza dell'esistenza di Dio.

San Tommaso sostiene invece esattamente ciò che poi sosterrà l'ateismo moderno, ossia che l'esistenza di Dio non sia di per sé evidente. Per l'aquinate infatti l'essere e l'essenza di Dio coincidono, ma a noi non è dato conoscere l'essenza di Dio - Summa Theol, I, Q2 a1 - in quanto alla nostra conoscenza giunge solo ciò che è direttamente mediato dai sensi. Ovvero, abbiamo conoscenza anzitutto della materia e della materialità: di nuovo esattamente ciò che sostiene l'ateismo moderno.

In altri termini: Tommaso sta a tutta la teologia precedente ed a quella a lui contemporanea come Marx sta ad Hegel. Di più: la stessa rivendicazione marxiana contro Hegel, che ciò che ci è dato subitaneamente non è l'Assoluto, ma la materialità concreta, è fatta anche da Tommaso, il quale ovviamente, a differenza del filosofo tedesco, non ne ricava che perciò sia necessario capovolgere tutta quanta la concezione del diritto, né che per questo l'Assoluto vada negato tout court. Certamente anche per San Tommaso, come per Marx, è dalla prassi che bisogna partire, ma più nel senso di Nietzsche: "Se devi scrivere qualcosa scrivilo con il sangue, ti accorgerai che il sangue è Spirito".

Per San Tommaso, come noto, è possibile giungere dalla materialità che ci è data subitaneamente alla dimostrazione dell'esistenza dell' Assoluto tramite le famose "cinque vie". Stabilita poi l'esistenza dell'Assoluto, la prassi sarà quella, partendo da una concezione dell'uomo strettamente ricavata dalla realtà, come già per Aristotele, muovere sulla via dell' "aureum medium" tra gl'eccessi creandoci un "habitus", dei modi, delle abitudini, virtuose.

E' questo il contesto a partire dal quale può iniziare un cammino di fede e di Spiritualità. Come si vede dunque il nuovo inizio teologico sancito da San Tommaso è esattamente quello che contiene in sé quelli, che altrimenti posti, saranno proprio i temi specifici dell'ateismo moderno. Se ne renderà conto, con grande lucidità uno dei più grandi Papi della modernità, Papa Leone XIII (sì, proprio lui, quello della "Rerum Novarum"), il quale ordinerà la ripresa vigorosa dello studio dell'aquinate, che era ormai divenuto desueto, non si capisce bene perché, negli stessi ambienti cattolici, simbolo di un dogmatismo appartenuto sì ai tomisti, ma non a Tommaso, una delle menti più brillanti e aperte che all'umanità sia stato dato di avere.

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