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Il fallace teatrino del MES, spiegato bene

Un piccolo esercizio di confutazione delle argomentazioni con cui le italiche fazioni si sfidano a singolar tenzone sul MES pandemico

 

Mi ero ripromesso di non partecipare al teatrino di guerra sulla eventuale richiesta italiana dei fondi del MES pandemico. Forse avrei dovuto farmi legare alla prua di qualche nave, in modalità Ulisse, per resistere meglio al canto delle sirene del bullshitting italiano. Purtroppo lo spirito è forte ma i saltimbanchi lo sono di più, quindi provo a limitare i danni con qualche considerazione di senso comune, e qualche altra tecnicalità un filo più impegnativa; di quelle che il frequentatore medio di social network potrà auspicabilmente afferrare, per poter poi dire di avere un PhD anche in finanza, oltre che in virologia.

Il tema della seniority: il MES si posiziona davanti al Btp per privilegio di rimborso, dicono i contrari. Vero, ma non mi pare obiezione dirimente. Intanto, quale sarebbe la conseguenza di questo privilegio? I no-MES (c’è un no per tutto, basta cercare) sostengono che i mercati potrebbero chiedere un rendimento più elevato per i Btp, tale da scontare il privilegio del MES, e di conseguenza neutralizzare il risparmio di interessi che il ricorso alla linea di credito pandemica produrrebbe.

Quindi, secondo, voi, 36 miliardi di debito privilegiato deteriorerebbero il rischio di credito di 2.600 miliardi di Btp? Notevole, davvero. Ma se le cose stanno in questi termini, che facciamo con i 28 miliardi del SURE e, soprattutto, i 130 miliardi di prestito del Recovery Fund? Anche quelli sono privilegiati rispetto al Btp e per importo ben superiore, quindi il merito di credito del debito sovrano italiano dovrebbe deteriorarsi molto di più, no? Mistero.

Che poi, la seniority può essere formale o sostanziale. Nel secondo caso, significa che un titolo senior che deve essere rimborsato dopo quelli che gli sono subordinati, rischia di vedere deteriorata la sua seniority, perché i soldi potrebbero essere usati per pagare i Btp che scadono prima. Incredibile, vero? Per questo, in casi del genere, il creditore si protegge anche richiedendo rateizzazione dei rimborsi di capitale, anziché in unica soluzione alla scadenza.

Quindi no, il problema non è la fantomatica seniority del MES. Non questa, almeno. Dell'”altra” vi parlo tra poco.

C’è poi l’altra argomentazione dei no-MES, che mi pare più intelligente: in questo momento abbiamo accesso ai mercati a costi molto bassi, quindi inutile legarsi le mani con debito di quel tipo. Vero. In questo caso, il risparmio sarebbe “solo” sui costi di interesse. Ma di quanto?

Vediamo: oggi il Btp decennale rende circa lo 0,7%. Emettere ora, per il Tesoro, costerebbe all’incirca questa cifra più le varie commissioni di collocamento per le banche. Oggi, per contro, l’obbligazione MES a scadenza decennale (la 3 aprile 2030, cedola 0,01%) rende in acquisto -0,37%% circa. Una differenza di circa un punto percentuale, che si traduce in un risparmio lordo di circa 350 milioni annui. Non è un importo di cui scrivere a casa, diremmo.

Ma l’obiezione più rivelatrice dei no-MES è altra: i Btp sono comprati dalla Bce (nella sua articolazione nazionale, Bankitalia), quindi gli interessi alla fine tornano in tasca al Tesoro sotto forma di imposte sull’utile di bilancio di Bankitalia e “dividendo” della medesima. Questo è vero ma non in rapporto 1:1, altrimenti avremmo inventato il moto perpetuo, che notoriamente ai no-qualcosa piace moltissimo.

Diciamo, per calcolo spannometrico, che gli interessi sui Btp detenuti dalla banca centrale tornano in tasca al Tesoro per la quota di possesso del debito pubblico da parte della Banca d’Italia, al netto di una serie di “sfridi” fiscali, di bilancio e istituzionali. Poiché la banca centrale non è acquirente al margine del 100% del nuovo debito nazionale emesso, affermare che il costo marginale di ogni nuova emissione di Btp è zero è un’assoluta fallacia. Se pure oggi la banca centrale fosse acquirente marginale al 100% sul mercato secondario -e non lo è- ricordate che non sarà sempre festa pandemia.

Non solo: mettiamo in gioco quella variabile chiamata credibilità, in questo caso delle istituzioni europee, che hanno deciso che la “austerità” è sospesa, e che non romperanno più l’anima ai conti degli stati, almeno per qualche tempo. Come si traduce, ciò? In una cosa molto semplice: i mercati “si fidano” dello scudo della Bce sui Btp e li comprano, perché “sono rimasti indietro” nella discesa dei rendimenti. Segnalati negli ultimi giorni robusti acquisti di Btp da parte di giapponesi, a proposito.

Di conseguenza, se i mercati si comprano i Btp, la Bce ne comprerà meno, anche molti meno. Cioè si riduce la quota di interessi che tornerà indirettamente in tasca al Tesoro. Sono le gioie della credibilità, pur se altrui e non nostra. Riflettete su questa dinamica “idraulica”. Se fate fatica ad arrivarci, ve la spiego io: il costo netto per il contribuente italiano di ogni emissione di Btp a rendimento positivo, quindi dal titolo quinquennale in avanti, non è zero.

Bisogna quindi dire ai no-MES che devono ancora studiare, e molto. E che i loro sogni bagnati di moto perpetuo (che finiscono invariabilmente in uno e un solo esito: la monetizzazione del deficit) sono una purissima fallacia treccartara ad uso dei gonzi che riescono ancora ad infinocchiare.

Prima di chiudere con questa pedante spiegazione, lasciatemi tornare per un momento sul tema della seniority. Ci torno facendovi una domanda: secondo voi, i Btp posseduti dalla banca centrale sono privilegiati o subordinati rispetto a quelli detenuti dai privati? Coraggio, non è difficile. Un aiutino? Riformulo la domanda: secondo voi, quali Btp verrebbero ristrutturati prima, abbattendone il valore in caso di default? Quelli detenuti dalla banca centrale o quelli detenuti dal pubblico? Ci siete arrivati?

Se la risposta è “i Btp detenuti dalla banca centrale non sarebbero toccati, in caso di ristrutturazione del debito per default”, avete vinto un Btp di cioccolato svizzero. Che c’entra la seniority, direte voi? C’entra. Perché il debito pubblico posseduto dalla banca centrale è implicitamente privilegiato, cioè senior, rispetto a quello posseduto dai privati. Quindi, attenti a quello che desiderate, cioè che la banca centrale si rimpinzi di Btp: potrebbe avverarsi.

E qui già sento i no-qualcosa obiettare: “per forza, accade perché non abbiamo una nostra banca centrale, altrimenti potremmo fare quello che vogliamo col debito da essa detenuto, anche cancellarlo con un tratto di penna!”

Forse sì, forse no: chiedere all’Argentina per gli effetti collaterali della monetizzazione. A parte ciò, ecco che i no-MES trasfigurano in quello che sono sempre stati: no-euro. Che sorpresona, signora mia.

Quindi, riepilogando:

  • No, la seniority del MES sul Btp non è determinante. Non quella che credete voi, almeno;
  • No, la spesa per interessi su Btp non torna tutta nelle tasche del Tesoro, quindi il costo di emissione dei nuovi Btp non è nullo ma tanto più positivo quanto più la Bce promette di coprire le spalle all’Italia, perché in quel caso i compratori prevalenti sono i privati;
  • No, onorevole Zingaretti e tutti quelli che come lei credono che i fondi del MES siano il vaccino per il coronavirus: non lo sono. Saper spendere i soldi è altra cosa, e in questo momento i soldi sono comunque reperibili sui mercati;
  • No, illustri travestiti no-euro: gonfiare la banca centrale di nostro debito non è il gigantesco cavallo di Troia per uscire dall’euro, quando la prossima crisi colpirà. Ma se volete crederlo, chi sono io per attentare alla vostra autostima?

Al prossimo teatrino.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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