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Il Vaticano, lo Ior e la trasparenza finanziaria

Una det­ta­glia­ta in­chie­sta del Fi­nan­cial Ti­mes, fir­ma­ta da Ra­chel San­der­son, ri­ve­la come le fret­to­lo­se ri­for­me del­lo Ior, pro­pa­gan­da­te come esclu­si­va fa­ri­na del sac­co di Fran­ce­sco e del­la sua vo­lon­tà di fare pu­li­zia, sia­no sta­te cal­deg­gia­te da anni pro­prio da gran­di nomi del­la fi­nan­za in­ter­na­zio­na­le qua­li JP Mor­gan e Gold­man Sa­chs, con cui il Va­ti­ca­no in­trat­tie­ne da tem­po rap­por­ti pri­vi­le­gia­ti. Nel con­tem­po, un’al­tra in­chie­sta su Il Fat­to Quo­ti­dia­no ren­de noto che, no­no­stan­te la sban­die­ra­ta tra­spa­ren­za, il Va­ti­ca­no non ha tut­to­ra for­ni­to in­for­ma­zio­ni su mi­glia­ia di casi di espor­ta­zio­ne di ca­pi­ta­li in Ita­lia. Tan­to da ven­ti­la­re l’i­po­te­si, da par­te del­l’a­gen­zia del­le do­ga­ne, di or­ga­niz­za­re con­trol­li dei fi­nan­zie­ri alle fron­tie­re.

Due epi­so­di che ri­met­to­no al cen­tro del­la sce­na il dif­fi­ci­le rap­por­to tra Va­ti­ca­no e tra­spa­ren­za fi­nan­zia­ria. Il gior­na­le bri­tan­ni­co fa sa­pe­re che a lu­glio Pe­ter Su­ther­land, pre­si­den­te del­la Gold­man Sa­chs In­ter­na­tio­nal non­ché cat­to­li­co pra­ti­can­te con di­ver­si in­ca­ri­chi in Eu­ro­pa e in Ir­lan­da, ora con­su­len­te per la San­ta Sede, si è re­ca­to in Va­ti­ca­no per un in­con­tro ri­ser­va­to. Lì ha par­la­to con papa Fran­ce­sco e con la com­mis­sio­ne di car­di­na­li da poco isti­tui­ta. In un di­scor­so a por­te chiu­se te­nu­to nei din­tor­ni del­la Casa San­ta Mar­ta, per­si­no lui ha chie­sto al Va­ti­ca­no, come han­no fat­to al­tri big del­la fi­nan­za, mag­gio­re tra­spa­ren­za fi­nan­zia­ria.

Le indiscrezioni del Financial Times

IOR

L’ul­ti­ma odis­sea del­le fi­nan­ze va­ti­ca­ne dura or­mai da anni, esplo­so quan­do i giu­di­ci ita­lia­ni bloc­ca­ro­no al­cu­ni con­ti del­lo Ior per de­ci­ne di mi­lio­ni di euro in isti­tu­ti di cre­di­to no­stra­ni. Da quel mo­men­to il sus­se­guir­si di voci e ri­ve­la­zio­ni (i co­sid­det­ti va­ti­leaks) ha evi­den­zia­to la scar­sa tra­spa­ren­za del­le isti­tu­zio­ni va­ti­ca­ne. Le car­te pub­bli­ca­te da Gian­lui­gi Nuz­zi ren­do­no evi­den­ti gli in­trec­ci tra po­li­ti­ca ita­lia­na, ge­rar­chie va­ti­ca­ne e in­te­res­si ban­ca­ri, come con­fer­ma­to an­che dall’ar­chi­vio di Et­to­re Got­ti Te­de­schi, ca­du­to in di­sgra­zia e fi­ni­to sot­to in­chie­sta.

Il Fi­nan­cial Ti­mes, con in­ter­vi­ste a una ven­ti­na tra ban­chie­ri, giu­ri­sti e in­si­der in Va­ti­ca­no rac­col­te nel cor­so di 11 mesi, ha reso noto qua­li pro­ble­mi e im­ba­raz­zi ab­bia crea­to il Va­ti­ca­no in Eu­ro­pa e ne­gli Usa. Vie­ne fuo­ri che le ri­for­me del­lo Ior sono sta­te fat­te “in par­te a cau­sa del­la pres­sio­ne eser­ci­ta­ta da ban­che qua­li Deu­tsche Bank, JP Mor­gan e Uni­Cre­dit”, isti­tu­ti nel mi­ri­no de­gli ispet­to­ri pro­prio “a cau­sa del­le loro re­la­zio­ni d’af­fa­ri con la San­ta Sede”. Al­me­no tren­ta ban­che, tra cui i più gran­di isti­tu­ti del mon­do, han­no svol­to ser­vi­zi per il Va­ti­ca­no, dan­do alla San­ta Sede ac­ces­so ai mer­ca­ti fi­nan­zia­ri este­ri e mo­vi­men­tan­do qual­co­sa come 2 mi­liar­di di euro al­l’an­no pro­ve­nien­ti da Ol­tre­te­ve­re.

Dopo la pe­san­te cri­si fi­nan­zia­ria scop­pia­ta nel 2008, è sta­to il ti­mo­re di que­ste ban­che di ve­der dan­neg­gia­ta la pro­pria re­pu­ta­zio­ne a cau­sa dei le­ga­mi con lo Ior a spin­ger­le a fare pres­sing sul Va­ti­ca­no af­fin­ché si ade­guas­se agli stan­dard in­ter­na­zio­na­li e in­tro­du­ces­se mag­gio­re tra­spa­ren­za. Mol­ti pro­fes­sio­ni­sti del­la fi­nan­za, in­ter­pel­la­ti dal gior­na­le, han­no reso noti do­cu­men­ti che di­mo­stra­no i rap­por­ti col Va­ti­ca­no, chie­den­do co­mun­que l’a­no­ni­ma­to. Da al­me­no un paio d’an­ni gli isti­tu­ti di con­trol­lo che pre­ten­do­no spie­ga­zio­ni dai re­spon­sa­bi­li di que­ste ban­che si sen­to­no ri­spon­de­re che l’i­sti­tu­to va­ti­ca­no ope­ra “a modo suo”, con scar­si con­trol­li sui flus­si di de­na­ro e poca do­cu­men­ta­zio­ne.

Solo lo scor­so ot­to­bre lo Ior ha for­ni­to un re­port, in cui si con­ta­no 19 mila clien­ti da tut­to il mon­do, 33 mila con­ti e cir­ca 5 mi­liar­di in azio­ni. Metà dei clien­ti sono or­di­ni re­li­gio­si, 15% da isti­tu­zio­ni del­la San­ta Sede, 13% car­di­na­li, ve­sco­vi e cle­ro, 9% dal­le dio­ce­si cat­to­li­che di tut­to il mon­do, il re­sto clien­ti con una qual­che af­fi­lia­zio­ne con la Chie­sa cat­to­li­ca. Se­con­do gli in­si­der, lo Ior vie­ne inon­da­to da do­na­zio­ni e con­tan­ti che ar­ri­va­no dal­le que­stue du­ran­te le mes­se e per la ca­ri­tà. Cir­ca un quar­to dei flus­si è in con­tan­ti, cosa che tra gli esper­ti pone seri ri­schi di ri­ci­clag­gio di de­na­ro spor­co. E un ter­zo di tut­to il bu­si­ness pro­vie­ne da do­na­zio­ni di isti­tu­zio­ni ca­ri­ta­te­vo­li.

Una del­le po­che che ha par­la­to sen­za ri­fu­giar­si nel­l’a­no­ni­ma­to è il pro­cu­ra­to­re di Mi­la­no Lau­ra Pe­dio, che ha se­gui­to l’in­chie­sta sul crac del­l’o­spe­da­le San Raf­fae­le, crea­tu­ra di don Lui­gi Ver­zè e col­pi­to da fal­li­men­to e scan­da­li sui fi­nan­zia­men­ti ri­ce­vu­ti dal­la Re­gio­ne Lom­bar­dia ret­ta dal ciel­li­no Ro­ber­to For­mi­go­ni. Pe­dio si è det­ta stu­pi­ta di ri­scon­tra­re nel cor­so del­le in­da­gi­ni un com­ples­so si­ste­ma di de­le­ghe e per l’im­pos­si­bi­li­tà di co­no­sce­re i nomi dei be­ne­fi­cia­ri dei con­ti, tal­vol­ta non re­gi­stra­ti ma co­no­sciu­ti solo ver­bal­men­te da po­chi fun­zio­na­ri va­ti­ca­ni. Uno dei con­su­len­ti del­lo Ior, com­men­tan­do la scar­sa tra­spa­ren­za del­l’i­sti­tu­to re­li­gio­so e il pres­sing eser­ci­ta­to dal­le isti­tu­zio­ni eu­ro­pee che ha sco­rag­gia­to le ban­che, si la­scia an­da­re: “Non sia­mo qui per sal­va­re il culo al Va­ti­ca­no”.

La difficile transizione verso la trasparenza

Ne­gli ul­ti­mi anni lo Ior ha an­che fi­nan­zia­to at­ti­vi­tà uma­ni­ta­rie e re­li­gio­se nel mon­do, spe­cie ver­so i cri­stia­ni in dif­fi­col­tà a Cuba e in Egit­to, tal­vol­ta sen­za for­ni­re in­for­ma­zio­ni e in ma­nie­ra se­gre­ta. Ma chi co­no­sce que­sto si­ste­ma am­met­te che tale modo di ope­ra­re può dar luo­go ad abu­si per chi vuo­le fro­da­re le tas­se o per il cri­mi­ne or­ga­niz­za­to. Un an­daz­zo co­min­cia­to con i fi­nan­zia­men­ti oc­cul­ti a So­li­dar­no­sc in Po­lo­nia. Fino al 2008 la po­li­ti­ca del­la San­ta Sede è sta­ta “in­dul­gen­te” e non si è fat­to nul­la per la tra­spa­ren­za, fa sa­pe­re un al­tro ex ban­chie­re del Va­ti­ca­no. La si­tua­zio­ne è cam­bia­ta solo con la cri­si eu­ro­pea, quan­do or­ga­ni­smi fi­nan­zia­ri del­l’U­nio­ne han­no si sono at­ti­va­ti, e quan­do sono ini­zia­te le in­chie­ste in Ita­lia. An­che Uni­Cre­dit, come al­tre ban­che, ha tron­ca­to i le­ga­mi con lo Ior.

Vi­sto che l’Ue non ha au­to­ri­tà sul­lo Ior, la Ban­ca d’I­ta­lia go­ver­na­ta al­lo­ra da Ma­rio Dra­ghi ha fat­to pres­sio­ne su­gli isti­tu­ti di cre­di­to in rap­por­ti con il Va­ti­ca­no. Un ex mi­ni­stro ita­lia­no, di cui non vie­ne ri­ve­la­to il nome, ren­de noto: “È que­sto il modo in cui oc­cor­re com­por­tar­si in que­ste si­tua­zio­ni, quan­do hai uno sta­to sul qua­le non hai po­te­ri di re­go­la­men­ta­zio­ne ma che vuoi ap­pli­ca­re dei cam­bia­men­ti: gli ren­di la vita mol­to dif­fi­ci­le, dici alle ban­che che non gli è con­sen­ti­to fare af­fa­ri con loro”.

Nel 2009 Be­ne­det­to XVI dà la pre­si­den­za del­lo Ior a Et­to­re Got­ti Te­de­schi, con l’in­ca­ri­co di ri­for­mar­lo, chie­de un’i­spe­zio­ne da par­te di Mo­ney­val e crea l’Au­to­ri­tà di in­for­ma­zio­ne fi­nan­zia­ria. Ma Got­ti Te­de­schi si scon­tra con i car­di­na­li e nel 2012 gli vie­ne dato il ben­ser­vi­to. Le ban­che sono pre­oc­cu­pa­te per­ché il Va­ti­ca­no non rie­sce a ga­ran­ti­re tra­spa­ren­za e non si ade­gua agli stan­dard in­ter­na­zio­na­li sul­l’an­ti-ri­ci­clag­gio. Tan­to che JP Mor­gan chiu­de il con­to del­lo Ior, per­ché la San­ta Sede non ave­va for­ni­to in­for­ma­zio­ni suf­fi­cien­ti su tran­sa­zio­ni fi­nan­zia­rie ne­gli Usa.

Mo­ney­val ha ri­scon­tra­to gra­vi pro­ble­mi nel­la fi­nan­za va­ti­ca­na, in par­ti­co­la­re l’Aif man­ca di po­te­ri le­ga­li e l’in­di­pen­den­za ri­chie­sta per mo­ni­to­ra­re e san­zio­na­le le isti­tu­zio­ni va­ti­ca­ne. Ma se ne esce, non estra­neo l’aiu­to del go­ver­no ita­lia­no gui­da­to da un al­tro cat­to­li­co, Ma­rio Mon­ti. A quel pun­to fi­ni­sce nel mi­ri­no an­che Deu­tsche Bank, che for­ni­sce dal 1997 al Va­ti­ca­no 80 atm: la Deu­tsche Bank, su sol­le­ci­ta­zio­ne di Ban­ki­ta­lia, chiu­de i con­ti del­lo Ior alla fine del 2012 e i ban­co­mat ven­go­no di­sat­ti­va­ti.

Il papa no­mi­na quin­di per l’Aif Rene Brue­lhart, ban­chie­re sviz­ze­ro già a capo del­l’in­tel­li­gen­ce fi­nan­zia­ria del Lie­ch­ten­stein, e per lo Ior Erns von Frey­berg. Qual­che set­ti­ma­na dopo gli atm ven­go­no ri­pri­sti­na­ti. E solo qual­che gior­no fa la San­ta Sede ha fir­ma­to un pro­to­col­lo d’in­te­sa con la Ger­ma­nia sul ri­ci­clag­gio.

Francesco e lo Ior: nuovo corso?

Dopo le di­mis­sio­ni di Jo­se­ph Ra­tzin­ger, a mar­zo ar­ri­va l’e­le­zio­ne di Jor­ge Ma­rio Ber­go­glio, un ge­sui­ta che fa pro­cla­mi di po­ver­tà e umil­tà. Il nuo­vo papa man­da se­gna­li de­ci­si per ri­for­ma­re le fi­nan­ze va­ti­ca­ne, ve­lo­ciz­zan­do il pro­ces­so già av­via­to anni pri­ma dal pre­de­ces­so­re. Vie­ne raf­for­za­ta l’Aif e se­con­do fon­ti di Ban­ki­ta­lia il nuo­vo papa “ha fat­to pas­si im­por­tan­ti ver­so una ri­for­ma rea­le del­la strut­tu­ra le­ga­le e isti­tu­zio­na­le”. Ma ar­ri­va le te­go­la del­l’ar­re­sto di mon­si­gnor Sca­ra­no, con­ta­bi­le del­l’Am­mi­ni­stra­zio­ne del pa­tri­mo­nio del­la sede apo­sto­li­ca in­da­ga­to e fi­ni­to ai do­mi­ci­lia­ri, che ora la­men­ta di es­se­re sta­to sca­ri­ca­to dal­la Chie­sa.

Que­sta esta­te Su­ther­land, capo del­la Gold­man Sa­chs, ar­ri­va in Va­ti­ca­no e in­con­tra a co­la­zio­ne papa Fran­ce­sco. Ven­go­no in­gag­gia­ti in ot­to­bre an­che fun­zio­na­ri di Pro­mon­to­ry Fi­nan­cial, azien­da pri­va­ta di con­trol­lo fi­nan­zia­rio, come im­pie­ga­ti del­lo Ior. Lo staff del­la “ban­ca” va­ti­ca­na, pri­ma do­mi­na­to da­gli ita­lia­ni, vede ora mol­ti stra­nie­ri che ini­zia­no a fare pu­li­zia: con il loro in­ter­ven­to si co­min­cia­no a chiu­de­re cen­ti­na­ia di con­ti so­spet­ti. Si ve­ri­fi­ca an­che la tra­spa­ren­za del­l’Ap­sa, con cin­que con­su­len­ti ester­ni (tra cui Su­ther­land e Bob Mc­Cann, di­ret­to­re ese­cu­ti­vo di UBS Ame­ri­cas). An­che lì sono sta­ti sco­per­ti di­ver­si con­ti che an­dran­no tra­sfe­ri­ti, se­gno che fino a quel mo­men­to an­che l’en­te che ge­sti­sce il pa­tri­mo­nio del­la San­ta Sede ope­ra­va sen­za re­go­le chia­re. Vie­ne sta­to as­sun­to come di­ret­to­re ge­ne­ra­le del­lo Ior Ro­lan­do Ma­ran­ci, espo­nen­te del ramo ita­lia­no di BNP Pa­ri­bas.

No­no­stan­te la buo­na pre­di­spo­si­zio­ne di Fran­ce­sco, il Va­ti­ca­no ha tut­to­ra gra­ne im­ba­raz­zan­ti a li­vel­lo fi­nan­zia­rio. Nel­le scor­se set­ti­ma­ne l’ex di­ret­to­re del­lo Ior Pao­lo Ci­pria­ni e il suo vice Mas­si­mo Tul­li sono sta­ti in­da­ga­ti per vio­la­zio­ne del­le nor­me an­ti-ri­ci­clag­gio, quin­di in­ter­ro­ga­ti dal­la Pro­cu­ra di Roma per ope­ra­zio­ni del 2010.

A par­te le di­chia­ra­zio­ni con­ci­lian­ti e col­la­bo­ra­ti­ve e il nuo­vo cor­so, l’Aif si ri­fiu­ta di col­la­bo­ra­re sul fron­te del ri­ci­clag­gio con lo sta­to ita­lia­no. Il so­spet­to è che ci sia­no mi­glia­ia di eva­so­ri fi­sca­li ed espor­ta­to­ri di ca­pi­ta­li che han­no pre­le­va­to in­gen­ti som­me dal­lo Ior e le han­no por­ta­te in Ita­lia sen­za di­chia­rar­lo alla do­ga­na. Dopo un’in­chie­sta del Fat­to Quo­ti­dia­no una de­pu­ta­ta del Mo­vi­men­to 5 Stel­le, Sil­via Chi­men­ti, ha pro­mos­so un’in­ter­ro­ga­zio­ne al mi­ni­ste­ro del­l’E­co­no­mia. Il Te­so­ro ha am­mes­so che in due anni ci sono ad­di­rit­tu­ra 3669 man­ca­te di­chia­ra­zio­ni per flus­si di de­na­ro su­pe­rio­ri ai 10 mila euro dal Va­ti­ca­no, in vio­la­zio­ne del­le leg­gi.

Alla do­ga­na ita­lia­na ne ri­sul­ta­no meno di una ven­ti­na. Giu­sep­pe Pe­leg­gi, di­ret­to­re del­l’A­gen­zia del­le do­ga­ne, già a mag­gio ha chie­sto for­mal­men­te lumi al­l’Aif, che però non ha mai for­ni­to ri­scon­tro. La do­ga­na rav­vi­sa quin­di l’op­por­tu­ni­tà di far sor­ve­glia­re dal­la guar­dia di fi­nan­za i pun­ti di en­tra­ta e usci­ta dal Va­ti­ca­no al­l’I­ta­lia.

Tut­to ciò ha del­l’in­cre­di­bi­le per­ché per far ar­ri­va­re a tan­to le no­stre cle­ri­ca­lis­si­me isti­tu­zio­ni non è az­zar­da­to so­spet­ta­re che il giro di ca­pi­ta­li in fuga dal Va­ti­ca­no sia im­po­nen­te e che ci sia­no dif­fu­se ir­re­go­la­ri­tà non sa­na­te dal nuo­vo cor­so. Del re­sto, è pro­prio di ieri la no­ti­zia del coin­vol­gi­men­to del­lo Ior qua­le par­te truf­fa­ta in un giro di fal­si ti­to­li di sta­to per un va­lo­re di 900 mi­lio­ni di dol­la­ri: il Va­ti­ca­no sem­bra es­se­re di­ven­ta­to il ca­na­le pri­vi­le­gia­to per la de­lin­quen­za fi­nan­zia­ria or­ga­niz­za­ta.

La len­ta e tra­va­glia­ta ri­for­ma del­lo Ior ri­cor­da mol­to da vi­ci­no lo scan­da­lo pe­do­fi­lia cle­ri­ca­le su cui ha chie­sto spie­ga­zio­ni l’O­nu. An­che in quel caso le isti­tu­zio­ni in­ter­na­zio­na­li han­no mes­so sot­to pres­sio­ne il Va­ti­ca­no per le dif­fu­se co­per­tu­re e in­sab­bia­men­ti di pre­ti ac­cu­sa­ti di abu­si ses­sua­li su mi­no­ri. La San­ta Sede non ha for­ni­to i dati ri­chie­sti, so­ste­nen­do tra l’al­tro che San­ta Sede e Chie­sa cat­to­li­ca sono en­ti­tà di­stin­te. Ma i gior­na­li e i me­dia no­stra­ni, or­mai vit­ti­me del­la loro stes­sa pa­po­la­tria, par­la­no qua­si solo del­la com­mis­sio­ne isti­tui­ta dal papa per pro­teg­ge­re le vit­ti­me, omet­ten­do il re­sto.

I pon­te­fi­ci pe­rio­di­ca­men­te pren­do­no di mira la fi­nan­za in­ter­na­zio­na­le, con pro­cla­mi che ne cri­ti­ca­no l’as­sen­za di uma­ni­tà, la cor­sa al pro­fit­to e la vo­la­ti­li­tà che da un gior­no al­l’al­tro può met­te­re in cri­si in­te­re na­zio­ni. Ma pro­prio il Va­ti­ca­no è sta­to da de­cen­ni e con­ti­nua ad es­se­re uno de­gli hub prin­ci­pa­li dove han­no luo­go ope­ra­zio­ni fi­nan­zia­rie poco tra­spa­ren­ti, sem­pre più nel mi­ri­no del­le stes­se ban­che e del­le or­ga­niz­za­zio­ni in­ter­na­zio­na­li. E solo in que­sti ul­ti­mi anni, su sol­le­ci­ta­zio­ne pro­prio di isti­tu­ti del ca­li­bro di JP Mor­gan e Gold­man Sa­chs, la San­ta Sede è sta­ta co­stret­ta a fare pu­li­zia e ade­guar­si agli stan­dard mi­ni­mi di tra­spa­ren­za.

Come d’al­tron­de fac­cia­mo no­ta­re da tem­po, que­ste ri­for­me in­ter­ne sono a oro­lo­ge­ria, sem­pre tar­di­ve e spin­te dal­l’e­ster­no, ma ven­go­no di­pin­te come as­so­lu­te no­vi­tà del pon­ti­fi­ca­to “ri­vo­lu­zio­na­rio”. Tut­ta­via, papa Fran­ce­sco cri­ti­ca i po­te­ri for­ti men­tre fa co­la­zio­ne col capo di Gold­man Sa­chs, suo con­su­len­te. Nel­l’im­ba­raz­zan­te si­len­zio o qua­si dei gior­na­li no­stra­ni e del­la tv pub­bli­ca, am­pia­men­te co­lo­niz­za­ta da cat­to­li­ci: tan­to che a par­la­re di que­sto ghiot­to scoop del Fi­nan­cial Ti­mes si tro­va solo In­ter­na­zio­na­le e poco al­tro. Come già av­ve­nu­to con l’in­chie­sta del bri­tan­ni­co Guar­dian sul­la ge­stio­ne opa­ca dei fon­di ero­ga­ti dal re­gi­me fa­sci­sta gra­zie ai Pat­ti La­te­ra­nen­si.

Foto: Hernandez Macias/Flickr

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