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Il Principio d’Autorità

Regole dal Passato, problemi del Presente e soluzioni per il Futuro.

Volendo semplificare l’origine del principio di autorità nelle società umane basta adottare il punto di vista etologico (la scienza che studia gli esseri umani come una specie animale), per constatare che in ogni gruppo di primati (scimmie più evolute) c’è un capobranco o un capoclan che regola i rapporti sociali attraverso la forza e nelle specie più evolute e sociali come gli scimpanzé anche attraverso i rapporti di alleanza con altri elementi del gruppo. Generalmente questi capibranco derivano da una madre di rango dominante e mantengono un ordine precostituito. Quindi già tra gli scimpanzé esiste una “sottospecie” di stronzi che usano esclusivamente la forza bruta per accaparrarsi la maggior parte delle risorse (cibo e femmine) e un’altra fatta di individui più socievoli ed intelligenti, che condividono le risorse attraverso accordi e alleanze con altri membri del gruppo.

 

Tale principio si è poi evoluto nell’uomo attraverso un aspetto psicologico, ma la sostanza non è cambiata di molto perché anche in moltissime società umane esistono ancora le classi sociali che hanno sostituito il rango, e chi ha posizioni di potere deve provenire dalla classe sociale dominante. Pensiamo alle varie classi dell’aristocrazia, e alle case regnanti, con le complicate regole di successione in linea patrilineare o matrilineare o alle caste che nei diversi livelli hanno sempre maggior potere e in parte si dividono il potere.

 

Ma veniamo ai tempi nostri e constatiamo che le società umane dove si vive meglio sono quelle del Nord Europa e Nord America dove si sono parificati diritti e doveri di gente comune, di quelli di rango elevato e di quelli di origine aristocratica, e dove nessuna categoria sociale può ritenersi al di fuori della legge (fino a circa il 1700 un aristocratico in Europa poteva sparare ad un proprio servo che lavorava sul tetto di una casa per puro divertimento).

In molte culture asiatiche, latine, mediterranee, africane e medio orientali invece, si manifesta regolarmente l’apparizione di caste al potere che fanno le loro leggi e le applicano a loro piacimento senza preoccuparsi a loro volta di rispettarle. In queste culture sembra essersi “selezionata” una tipologia di maschio che attraverso la violenza psicologica e fisica, ed i soprusi, cerca di accaparrarsi la maggior parte delle risorse possibili, attraverso l’alleanza e la lotta con altri maschi aggressivi e poco generosi (e si mette in galera qualsiasi persona continui a manifestare idee diverse dal capo o dal clan dominante).

In Italia si adopera invece un metodo più “moderno e furbo”: si danno vantaggi economici e visibilità sociale (attraverso stampa, tv, concorsi, ecc.) a chi si adegua al sistema dominante (che può essere bianco, rosso, verde o nero a seconda delle città e delle regioni, e dei periodi), e si ignora e si esclude dalla stampa, dalla Tv e dagli eventi culturali e sociali importanti chi non è disposto ad adeguarsi al ruolo di prestanome, portaborse, leccapiedi, leccaculo, fantasma di se stesso, ecc.

Tra l’altro i membri di un gruppo difendono i membri del proprio gruppo anche quando uno di questi commette reati più o meno gravi a danno della collettività (furti, truffe, corruzione, guerre).

Ma perché in queste società permane l’accettazione passiva di questo stato di cose?

A differenza del Nord Europa, in questi paesi rimane una sudditanza psicologica che deriva dal sentimento di fiducia che ogni bambino ha provato per il proprio Padre e gli adulti, che a suo tempo facevano molte cose a lui impossibili e sapevano quasi tutto sul mondo (sembravano onnipotenti). Se non si matura come uomini e come cittadini si rischia di idealizzare i potenti e la nazione, che possono diventare il sostituto dei nostri genitori. E così non pensiamo con la nostra testa e lasciamo fare a loro tutto quello che vogliono senza nessun controllo o intervento attivo (perdonando o dimenticando anche tutte le eventuali malefatte). 

Quando un Paese ha raggiunto il vero progresso civile, il cittadino può pensare da solo, vuole pensare da solo, e deve pensare per tutti, ed avere la forza e il coraggio per mettere in discussione l’autorità di turno.

E la dissidenza non è opposizione, è vita nella verità. Vita che non prevede una precisa posizione sociale o politica. Il dissidente vive su un piano prepolitico dicendo si a se stesso (Vaclav Havel) e ai diritti generali di tutti i cittadini. Questa è la vera Libertà personale e sociale.

Anche se ci sono diversi tipi di libertà, e ci sono parecchi equivoci in proposito… Il genere più importante di libertà è di essere ciò che si è davvero. Spesso si baratta la propria libertà per un ruolo. Si barattano i propri sensi per un atto. Si svende la propria capacità di sentire, e in cambio si indossa una maschera. Si può privare un uomo della sua libertà politica e non lo si ferirà, finché non lo si priverà della sua libertà di sentire. Questo può distruggerlo (Jim Morrison).

Ma purtroppo i sistemi sociali cambiano molto lentamente, poiché è nella natura umana ripetere sempre le stesse stronzate (Phillip Lopate).

Però una soluzione c’è, ed è quella di avere il coraggio di chiedere continuamente al nostro interlocutore burocratico di turno: Perché non si può fare? E dalle risposte possiamo verificare se esiste un deficit di capacità operative e professionali, o capire l’eventuale malafede e scarsa intelligenza di chi ci sta di fronte, e possiamo così decidere in piena coscienza cosa farne del suo ruolo e della sua presenza.

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