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Il Piano di Matteo Renzi

La vittoria al referendum è stata solo il primo passo del progetto di regime che Renzi ha in mente. I passaggi successivi del progetto sono questi:
a.  vittoria alle amministrative prossime
b.  resa dei conti in Direzione del Pd
c.  vittoria al referendum istituzionale di ottobre
d.  congresso straordinario di scioglimento del partito e fondazione del Partito della Nazione di cui Renzi sarebbe acclamato leader
e.  scioglimento anticipato del Parlamento e nuove elezioni nella primavera 2017 con vittoria plebiscitaria del Pd.


Ed ogni passo prepara il successivo.

In primo luogo le amministrative: a Renzi è necessario vincere almeno a Torino, Bologna e Milano, con un buon successo nei centri minori ed un Pd e alleati sopra il 34%. Se si aggiungono o Roma o Napoli o la somma nazionale supera il 35% è un trionfo. Se, invece, perde a Milano o la somma nazionale scende verso il 30% è una prima sconfitta. Ovviamente, il successo permetterebbe di zittire le già fioche opposizioni interne avviandone la dissoluzione, vice versa, un insuccesso potrebbe risvegliare quei settori di centro che iniziano a pensare ad un distacco dalla maggioranza renziana.

Quindi amministrative e Direzione fanno parte dello stesso passaggio ed un successo complessivo metterebbe Renzi nella posizione migliore per il referendum ottobrino che sarebbe giocato all’insegna della più sfrenata demagogia (una riforma contro la “casta”, un taglio alla spesa politica, una semplificazione delle procedure legislative, e via di questo passo).

In questo caso, come si sa, non c’è problema di quoziente ed a Renzi basta avere un Si in più dei No. Questo in primo luogo perché attuerebbe un primo (ma non definitivo) ridisegno delle istituzioni che andrebbe ben oltre il maggioritario, in secondo luogo perché il blocco referendario del Si (Pd più centristi Alfaniani, Casiniani, Verdiniani) sarebbe la base naturale del nuovo Partito della Nazione dal quale, altrettanto naturalmente, sarebbe esclusa la sinistra Bersaniana che dovrebbe schierarsi per il no.

In terzo luogo, Renzi giocherebbe la partita sul suo ruolo (per questo sarà un referendum su di lui) in modo da imporsi come leader incontrastato del nuovo schieramento.

Come si vede, il passaggio referendario è il fulcro dell’operazione e Renzi la sta preparando creando la convinzione che la questione sia già decisa e che gli altri si possono rassegnare. Ovviamente la vittoria alle amministrative è necessaria a confermare questo schema. Devo dire che tanto nella sinistra quanto nel M5s (della destra non so dire) sento molti che danno la partita per già persa. Ma dare per perso il referendum significa automaticamente dare per scontata la vittoria di Renzi alle politiche.

Infatti, questo il passaggio finale, non si capisce perché Renzi dovrebbe restare a rosolare a fuoco lento sulla graticola di Palazzo Chigi, con gruppi parlamentari ingovernabili quando può liberarsi di tutti i rompiscatole andando a nuove elezioni che affronterebbe con l’aura del vincitore. Certo, in caso di ballottaggio potrebbe correre qualche rischio perché potrebbe esserci un travaso fra M5s e destra, ma chi ha detto che debba esserci un ballottaggio? Certo lui non ha la maggioranza assoluta, ma con l’Italicum lui può vincere al primo turno con solo il 40% e, con un referendum vinto alle spalle, la confluenza in lista di tutto il centro, la destra ancora impreparata ed il M5s preso di sorpresa e magari, qualche intervento demagogico stile 80 euro, un 40% si mette insieme. Ed a quel punto sarebbe regime e per venti anni.

Oggi più che mai il nemico da battere è Renzi ed il suo Pd.

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