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Il Parlamento europeo dice sì alla difesa della laicità

Il Parlamento europeo ha approvato lo scorso 27 febbraio una risoluzione che impegna l’Ue a difendere i diritti umani e in particolare a tutelare laicità, libertà di pensiero e di espressione, autodeterminazione sul fine-vita. Un passo importante, che premia l’impegno delle forze laiche volto ad arginare il pressing confessionale e mette la comunità europea di fronte alla necessità di porre fine alle discriminazioni, denunciando le carenze in tal senso.

La risoluzione, presentata dall’europarlamentare belga Louis Michel (Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, Alde), è passata con 312 voti a favore, 244 contrari e 27 astensioni. L’approvazione ha bocciato l’altra proposta dei popolariTra gli italiani, hanno votato a favore i rappresentanti riuniti nell’Alde e i socialdemocratici (S&D). Da segnalare però che tra questi ultimi solo 11 su 22 hanno votato, infatti alcuni non l’hanno fatto (Luigi Berlinguer, Andrea Cozzolino, Francesco De Angelis, Roberto Gualtieri) e gli altri erano assenti. Al netto di mancate presenze e astensioni, si sono espressi contro i conservatori (Ecr), la destra anti-europeista (Efd) con Magdi Cristiano Allam e i leghisti (Claudio Morganti astenuto), i popolari (tranne il voto a favore, quindi “ribelle”, di Herbert Dorfmann), gli indipendenti Franco Bonanini e Oreste Rossi (non ha votato Mario Borghezio).

Tra i punti salienti, all’art. 34 riconosce la libertà di pensiero, di coscienza, “di credenza e non credenza”, di pratica religiosa e “cambiare religione”; inoltre condanna ogni forma di discriminazione e intolleranza. Non solo: rivendica la “ferma difesa” della laicità — intesa come “stretta separazione tra le autorità politiche non confessionali e le autorità religiose” — e “l’imparzialità dello stato”, definiti “mezzi migliori per garantire la non discriminazione e l’uguaglianza tra religioni e tra credenti e non credenti”.

E richiama l’Europa, oltre alla doverosa difesa della libertà di religione, a tutelare anche i non religiosi dalle discriminazioni “risultato di esenzioni eccessive a favore delle religioni da leggi sull’uguaglianza e la non discriminazione”. L’articolo successivo invita gli stati membri ad abrogare le leggi che condannano la blasfemia. Come evidenziato anche dall’Onu, ricorda che spesso tali norme — tuttora in vigore anche in Italia — vengono usate per “perseguitare, maltrattare o intimidire” persone che fanno parte di minoranze e hanno un “pesante effetto di inibizione verso la libertà di espressione e la libertà di religione o credo”.Il nostro è un paese dove i non credenti sono di fatto cittadini di serie B, con una serie di discriminazioni palesi o più sottili in ambito sociale e lavorativo e dove le ragioni della laicità vengono ignorate. Un paese dove tuttora non esiste una minima regolamentazione per le coppie di fatto e dove la proposta blanda del primo ministro Matteo Renzi sulle civil partnership sembra ormai accantonata per non scontentare gli alleati di governo del Nuovo centro destra. Dove non esiste una legge seria contro l’omofobia, con una proposta annacquata e di fatto inservibile proprio a causa delle pressioni delle frange cattoliche. Dove poi alle donne viene sempre più negato il diritto di accedere all’interruzione di gravidanza o alla contraccezione, in nome dell’obiezione di coscienza dei medici. E dove non esiste la possibilità di autodeterminarsi su questioni come eutanasia, testamento biologico e fine vita. L’Italia, sebbene sia un paese più secolarizzato, deve fare ancora molta strada: sta ai cittadini laici mobilitarsi per smuovere la nostra classe politica dalla sua apatia e dalle sue remore clericali affinché metta in pratica ciò che viene votato in Europa.

Importanti anche le prese di posizione a favore degli omosessuali. L’art. 31 saluta con favore “il crescente numero di stati” che “rispetta il diritto di costruire una famiglia attraverso matrimonio, civil partnership o coabitazione e adozione registrate, senza discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale”. Invita gli stati membri a legiferare per combattere omofobia, transfobia e hate crimes. L’art. 32 esprime preoccupazione per i casi di omofobia e fa riferimento a un sondaggio europeo che evidenzia cifre preoccupanti. Non manca all’articolo successivo la denuncia per le discriminazioni tuttora in vigore verso le persone transgender (come la menzione della sterilizzazione coatta in 14 stati membri) e l’allarme per violenze e suicidi. Da segnalare l’impegno della Commissione europea in collaborazione con l’Organizzazione mondiale per la sanità al fine di togliere i gender identity disorders dall’elenco dei disturbi mentali dall’undicesima versione dell’International Classification of Diseases.
 
Vengono riconosciuti anche i diritti alla salute sessuale e riproduttiva (Srhr) come “elementi essenziali della dignità umana” (art. 24). Si richiama alla necessità di superare le discriminazioni di genere, sia garantendo adeguati servizi di family planning e di cura dei neonati, sia vigilando su ciò che potrebbe intaccare questi diritti. In particolare si invitano gli stati membri ad assicurare l’implementazione di “strategie nazionali” volte al rispetto della salute sessuale e riproduttiva delle donne (art. 67).
 
Si punta anche alla tutela delle ragazze più giovani, “nello specifico contro quell’industria che le considera” “oggetti sessuali” e “causa un incremento del sexual trafficking” anche nell’Ue. Nella premessa, oltre ai dati preoccupanti sul sessismo (si stima che il 20-25% delle donne abbiano subito violenze fisiche una volta nella vita) si fa riferimento anche alle “centinaia di migliaia” di donne che vivono in Europa e hanno subito mutilazioni genitali femminili. Proprio lo scorso dicembre l’Europarlamento aveva bocciato l’avanzato report Estrella, volto a difendere questi diritti. Da non ignorare anche il richiamo, seppur fugace, al rispetto della “dignità alla fine della vita”, specie per “assicurare che le decisioni espresse nei testamenti biologici siano riconosciute e rispettate” (art. 23).
 
Tra gli altri punti da evidenziare, l’appello a creare un nuovo meccanismo legislativo europeo per garantire la difesa dei diritti fondamentali nei paesi membri anche dopo che questi entrano nella Comunità e di chiedere la sospensione di certe leggi che li violano ove necessario. Accade infatti, in particolare con l’allargamento a Est dell’Ue, che i nuovi stati membri prendano provvedimenti liberticidi su temi caldi come quelli che riguardano etica e laicità. Come è evidente da questo elenco di rivendicazioni e riforme auspicate, l’Italia è drammaticamente indietro come spesso denunciato dall’Uaar, che cerca di intervenire per quanto possibile. Allo stato attuale la Chiesa cattolica è privilegiata (anche con la blindatura del Concordato, di cui l’Uaar auspica l’abrogazione) e ha una pesante influenza a livello politico: ciò si traduce in una carenza endemica di laicità e nel mancato avanzamento sul fronte dei diritti soprattutto per donne, gay e non credenti.
 
Il nostro è un paese dove i non credenti sono di fatto cittadini di serie B, con una serie di discriminazioni palesi o più sottili in ambito sociale e lavorativo e dove le ragioni della laicità vengono ignorate. Un paese dove tuttora non esiste una minima regolamentazione per le coppie di fatto e dove la proposta blanda del primo ministro Matteo Renzi sulle civil partnership sembra ormai accantonata per non scontentare gli alleati di governo del Nuovo centro destra. Dove non esiste una legge seria contro l’omofobia, con una proposta annacquata e di fatto inservibile proprio a causa delle pressioni delle frange cattoliche. Dove poi alle donne viene sempre più negato il diritto di accedere all’interruzione di gravidanza o alla contraccezione, in nome dell’obiezione di coscienza dei medici. E dove non esiste la possibilità di autodeterminarsi su questioni come eutanasia, testamento biologico e fine vita. L’Italia, sebbene sia un paese più secolarizzato, deve fare ancora molta strada: sta ai cittadini laici mobilitarsi per smuovere la nostra classe politica dalla sua apatia e dalle sue remore clericali affinché metta in pratica ciò che viene votato in Europa.

 

Importanti anche le prese di posizione a favore degli omosessuali. L’art. 31 saluta con favore “il crescente numero di stati” che “rispetta il diritto di costruire una famiglia attraverso matrimonio, civil partnership o coabitazione e adozione registrate, senza discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale”. Invita gli stati membri a legiferare per combattere omofobia, transfobia e hate crimes. L’art. 32 esprime preoccupazione per i casi di omofobia e fa riferimento a un sondaggio europeo che evidenzia cifre preoccupanti. Non manca all’articolo successivo la denuncia per le discriminazioni tuttora in vigore verso le persone transgender (come la menzione della sterilizzazione coatta in 14 stati membri) e l’allarme per violenze e suicidi. Da segnalare l’impegno della Commissione europea in collaborazione con l’Organizzazione mondiale per la sanità al fine di togliere i “gender identity disorders” dall’elenco dei disturbi mentali dall’undicesima versione dell’International Classification of Diseases

Importanti anche le prese di posizione a favore degli omosessuali. L’art. 31 saluta con favore “il crescente numero di stati” che “rispetta il diritto di costruire una famiglia attraverso matrimonio, civil partnership o coabitazione e adozione registrate, senza discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale”. Invita gli stati membri a legiferare per combattere omofobia, transfobia e hate crimes. L’art. 32 esprime preoccupazione per i casi di omofobia e fa riferimento a un sondaggio europeo che evidenzia cifre preoccupanti. Non manca all’articolo successivo la denuncia per le discriminazioni tuttora in vigore verso le persone transgender (come la menzione della sterilizzazione coatta in 14 stati membri) e l’allarme per violenze e suicidi. Da segnalare l’impegno della Commissione europea in collaborazione con l’Organizzazione mondiale per la sanità al fine di togliere i “gender identity disorders” dall’elenco dei disturbi mentali dall’undicesima versione dell’International Classification of Diseases.

Importanti anche le prese di posizione a favore degli omosessuali. L’art. 31 saluta con favore “il crescente numero di stati” che “rispetta il diritto di costruire una famiglia attraverso matrimonio, civil partnership o coabitazione e adozione registrate, senza discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale”. Invita gli stati membri a legiferare per combattere omofobia, transfobia e hate crimes. L’art. 32 esprime preoccupazione per i casi di omofobia e fa riferimento a un sondaggio europeo che evidenzia cifre preoccupanti. Non manca all’articolo successivo la denuncia per le discriminazioni tuttora in vigore verso le persone transgender (come la menzione della sterilizzazione coatta in 14 stati membri) e l’allarme per violenze e suicidi. Da segnalare l’impegno della Commissione europea in collaborazione con l’Organizzazione mondiale per la sanità al fine di togliere i “gender identity disorders” dall’elenco dei disturbi mentali dall’undicesima versione dell’International Classification of Diseases.

Importanti anche le prese di posizione a favore degli omosessuali. L’art. 31 saluta con favore “il crescente numero di stati” che “rispetta il diritto di costruire una famiglia attraverso matrimonio, civil partnership o coabitazione e adozione registrate, senza discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale”. Invita gli stati membri a legiferare per combattere omofobia, transfobia e hate crimes. L’art. 32 esprime preoccupazione per i casi di omofobia e fa riferimento a un sondaggio europeo che evidenzia cifre preoccupanti. Non manca all’articolo successivo la denuncia per le discriminazioni tuttora in vigore verso le persone transgender (come la menzione della sterilizzazione coatta in 14 stati membri) e l’allarme per violenze e suicidi. Da segnalare l’impegno della Commissione europea in collaborazione con l’Organizzazione mondiale per la sanità al fine di togliere i “gender identity disorders” dall’elenco dei disturbi mentali dall’undicesima versione dell’International Classification of Diseases.

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