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Il Discorso di Berlusconi al Senato


Abbiamo bisogno di luce ottenebrata dall’ombra di un Leader ingombrante. Si scansi e ci lasci intravedere uno spiraglio di speranza. Fiducia o no, l’era berlusconiana è finita. Fini-ta.

E anche oggi, come tre mesi fa, abbiamo ascoltato la solita lagna - trita e ritrita - da cui emergono le grandi opere di questo governo del fare - a parole - politica: Abruzzo, immigrati, emergenza rifiuti, relazioni internazionali, federalismo: i temi principali rilanciati dal Presidente del Consiglio, sui quali stendiamo un doppio velo di carta igienica, giacché i fatti (spesso tragici) sono risultati ben altri.

Il discorso si snoda sulla crisi economica, sulla necessità di stabilità che ora e soltanto ora, Berlusconi riconosce come grave problema del Paese, o meglio strumentalizza, invocando la responsabilità nazionale. Quando, ricordiamo bene, le sue campagne ottimiste - all'insegna del "la crisi è superata" e del "spendete, anzichè risparmiare " - hanno alimentato quel fiorente mercato delle finanziarie che - negli ultimi anni - sono spuntate come funghi a inguaiare ulteriormente quei fiduciosi spronati dal Positivo.

Posso dire con assoluta sicurezza che l'Italia non è più parte dei problemi dell'economia dell'Europa: è diventata parte della soluzione di questi problemi. Grazie a tale credibilità, l'Italia ha potuto svolgere anche un ruolo propulsivo nella politica europea. Mi riferisco a uno dei più importanti temi oggi in discussione, un tema fondamentale per il futuro dell'Europa e del nostro Paese: la necessità di un controllo centrale ed unitario dei debiti sovrani e di uno strumento europeo di stabilizzazione finanziaria.

Credibilità? Eppure, la drammatica fotografia pubblicata dal Financial Times, sembrerebbe dimostrare esattamente il contrario: bocciata la politica economica di B. E ancora:

Lavoreremo anche per rafforzare la squadra di Governo e sono fermamente convinto che alla fine la ragionevolezza e la responsabilità vincono sempre sull'irragionevolezza e sull'irresponsabilità. Sono convinto che il bene comune prevale sempre sugli egoismi interessati e che per questo - penso - andremo avanti e continueremo a lavorare nell'interesse di tutti.

Parole, soltanto parole. Promesse, promesse e ancora promesse. Ma cosa è cambiato dal voto di fiducia espresso alla Camera a settembre? Nulla. Il Governo era in crisi, lo è oggi e lo sarà anche domani. Semplicemente perché non ha più una maggioranza solida. Ma, a differenza dell'ultimo appello ufficale, questa volta appare chiara l'accorata preghiera rivolta alle pecore nere finiane: tornate all'ovile. La paura fa novanta, adesso, ma quando Berlusconi non ci pensò due volte a cacciare Fini dal Pdl, perché non si preoccupò delle inevitabili conseguenze? Quando i suoi giornali massacravano il dissidente, colui che aveva solo contestato e non tradito, dov'era il suo senso di responsabilità? Adesso versa lacrime di coccodrillo e implora i Fli: la notte porta consiglio. Non credo ci ripenseranno. Chi ha generato questa crisi è stato il Mandrillo, quando ha espulso la pecora smarrita dal partito. Invece di accettare ragionevolmente le critiche mosse dal Presidente della Camera e arrivare ad un accordo responsabile.

A chi serve una crisi al buio? A cosa serve una crisi al buio? A cosa mira chi la pretende? Forse spera che dalla confusione e dalla paralisi nasca il doppio risultato di ribaltare questo Governo e di evitare elezioni anticipate? Vana speranza quella di chFli vuole azzerare i risultati delle elezioni politiche, anche di quelle europee e di quelle regionali, e di chi vuole mandare all'opposizione chi ha vinto e portare al Governo chi ha perso.

Ma quale buio a venire? Siamo già sprofondati nelle tenebre, e da un bel pezzo. Il Governo aveva vinto, ora ha perso. L'Italia è avvolta da un manto oscuro, peggio di così non può andare. Abbiamo bisogno di luce ottenebrata dall'ombra di un Leader ingombrante. Si scansi e ci lasci intravedere uno spiraglio di speranza. Fiducia o no, l'era berlusconiana è finita. Fini-ta.

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