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 Home page > Tribuna Libera > Il 25 Aprile tra Grillo e Napolitano

Il 25 Aprile tra Grillo e Napolitano

A prima vista, e riduttivamente, potrebbe sembrare la più perfetta delle antitesi e delle antinomie: la celebrazione del 25 Aprile e la sua dichiarazione di morte. Così invero non è, anche se certamente non si vuole cercare una sintesi. Un'analisi però sì e cercare di capire anche. Con il cuore si era lì, all'Altare della Patria, con Giorgio Napolitano, con Piero Grasso, con Laura Boldrini e con molti dei rappresentanti delle forze politiche dei diversi orientamenti, M5S compresi.

E non possono non essere condivise le parole di Giorgio Napolitano: "Nei momenti cruciali per il Paese in tempo di crisi la memoria è fondamentale. Venendo in posti come questi, c'è sempre molto da imparare sul modo di affrontarli: servono coraggio, fermezza e senso dell'unità, che furono decisivi per vincere la battaglia della Resistenza". Né possono non essere condivise le parole di Francesco Polcaro, presidente dell'ANPI di Roma, quando afferma che la lotta contro il nazifascismo non è mai finita. Condivisioni condivise - mi si scusi il bisticcio di parole - anche da Grillo, la cui frase ad effetto, per un'analisi onesta va ricondotta nel giusto quadro, per intero recita così: "Il 25 Aprile è morto nell'inciucio di un governo Pdl- Pd".

Si tratta però di andare oltre (anche oltre il discorso dell'inciucio riguardante solo il presente più specifico), di non fermarsi a contesti socioculturali e politici che, sebbene ancora oggi purtroppo si ripresentino in sacche di contesti connotati dalla arretratezza, sono soprattutto di ieri. Dal 1945 ad oggi, come dice il proverbio, ne è passata di acqua sotto i ponti, non solo per una crescita della società e dei suoi modelli, ma anche, ahimé, per lo stesso nazifascismo il quale - quello vero - oggi ben si guarda dal presentarsi nei modi, nelle vesti e nei panni di quello di ieri.

Il nazifascismo di oggi è quello delle multinazionali, delle banche che stanno comprando e distruggendo le democrazie, dello spread. Sono cambiati anzitutto i volti umani che lo interpretano. Non sono più le facce dure, volutamente scolpite nella pietra, urlanti dal balcone di palazzo Venezia, o di altri luoghi, incarnate da un Hitler, da un Mussolini, da un Franco, con a fronte maree umane ridotte ad un solo ed identico tipo, negli stessi atteggiamenti esaltatamente sottomessi. Il nazifascismo di oggi si presenta con ben altre facce, ad es. con quelle affabili di Jamie Dimon o di Ina Drews entrambi di JP Morgan.

Già Pier Paolo Pasolini osservava che l'antifascismo non può e non deve arroccarsi semplicisticamente nella lotta alle vecchie forme classiche di nazifascismo, ma deve soprattutto individuare anche quelle nuove ed opporvisi tempestivamente. Questo però è ciò che puntualmente il 25 aprile, ahimé, omette di fare, con ciò stesso iscrivendosi nel passato, nell'oblìo, nella - speriamo di no - morte.

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