• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Mondo > ISIL, minacce di Al Baghdadi e reale pericolo economico: il Dinaro (...)

ISIL, minacce di Al Baghdadi e reale pericolo economico: il Dinaro d’oro

C'è qualcosa che non quadra, che non torna né nei conti, né nei fatti del Medio Oriente, di Al Qaeda ed adesso dell'ISIL. Non torna, per chiunque abbia presente il documentatissimo Fahrenheit 9.11, già dalla morte di Osama Bin Laden. Michael Moore ci mostrava infatti (e documentava) i summit tra le famiglie Bin Laden e Bush, Bush e reali sauditi, Bin Laden ex capo della CIA per il Medio Oriente. Si tratta perciò di un quadro ben definito a partire dal quale vanno posti sia gl'interrogativi su Al Qaeda - che si è da ieri apertamente schierata con l'ISIL ma sottobanco lo era da tempo - sia sull'assassinio di Bin Laden.
 
Similmente può dirsi per l'affermarsi ed il dilagare dell'ISIS, che ha sì dalla sua la guerra civile in Siria e la debolezza dell'Iraq, ma anche un agire strategico militare ed economico (prima ancora del fanatismo religioso) che è tutt'altro che improvvisato: ci sono sì rapine ed assassini a tappeto, sequestri di persona ed altro, ma, soprattutto, un attacco mirato ai centri energetici ed economici: pozzi di petrolio, raffinerie, banche. Si è creato così un impero economico miliardario a confronto del quale le disponibilità di Al Qaeda fanno quasi sorridere. Denaro che serve per i reclutamenti di massa. Se tuttavia è vero che "pecunia non olet" è vero altresì che questi ultimi hanno la loro ragione nella reazione alla globalizzazione, che in Medio Oriente si chiama intengralismo islamico e si concreta in una visione totalitaria per la quale religione, cultura e Stato, così come politica ed economia, sono un tutt'uno e lo sono necessariamente. D'altronde è stato così anche da noi dall'editto di Costantino a tutto il medioevo.
 
LEGGI ANCHE: Perché l'ISIS è così ricco
 
È la forma mentis, ad esempio, di Al baghdadi (me se ne potrebbero citare tantissimi altri, troppi), ed è da qui che scaturisce l'identificazione tipica dell'Occidente e della sua cultura con un cristianesimo che invece è solo una delle sue connotazioni (oltretutto, non più maggioritaria). È da qui che si afferma: "Non c'è sforzo migliore in questo mese benedetto, o in qualsiasi altro, che il jihad sul percorso di Allah, quindi abbracciate questo cambiamento e promuovete la religione di Allah attraverso il jihad"; o anche: "L'America la pagherà cara, ancora di più rispetto a quello che è stato fatto da Osama Bin Laden". È così che origina la farneticante concezione di colpire Roma e con essa il cristianesimo e perciò l'Occidente, in una triplice aberrante identificazione.
 
Tuttavia, sebbene la minaccia bellica e terroristica sia tutt'altro che da sottovalutare, ed il 9.11 ne è una dimostrazione concreta, la vera minaccia viene da altrove, come ha ben evidenziato Loretta Napoleoni (consulente per la BBC e la CNN) già nel 2008 quando si parlava di Al Qaeda, ma ancora non dell'ISIL. Un altrove che non è il ricatto energetico implicito nel possesso dei pozzi petroliferi, bensì nella concrezione economica proprio di quella istituzione religioso-politica-islamica che l'ISIL si prefigge di reistituire: il Califfato. Esso infatti comprende nell'immaginario collettivo islamico il Dinaro d'oro, moneta islamica per ben 13 secoli, il quale, scrive la Napoleoni nel libro Economia Canaglia, "esercita su moltissimi musulmani un fascino storico culturale e teologico".
 
C'è un precedente storico assai recente in proposito, quello della Malesia nel 2001, fallito per l'opposizione USA. La reistituzione del Dinaro d'oro sarebbe l'atto più destabilizzante possibile nei confronti dell'Occidente, come già notava Jude Wanniski consigliere economico di Ronald Reagan: "Con il Dinaro d'oro il mondo islamico avrebbe la migliore valuta del mondo. Gli Usa sarebbero nuovamente costretti ad agganciare il Dollaro all'oro e l'Euro ed il blocco Yuan/Yen altrettanto. Il motivo è che la valuta migliore diventa una calamita per la finanza internazionale, perché esportatori ed importatori di ogni Paese possono risparmiare le centinaia di miliardi di dollari all'anno che ora spendono per proteggersi dalle oscillazioni valutarie del commercio globale." È qui la vera destabilizzazione dell'Occidente, d'altronde obiettivo dichiarato all'epoca da Al Qaeda ed oggi dall'ISIL.
 
Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità