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I tribunali della Repubblica e l’indottrinamento religioso

In una so­cie­tà sem­pre più plu­ra­le come la no­stra, an­che le dif­fe­ren­ze di fede tra i ge­ni­to­ri pos­so­no acui­re i con­tra­sti nel­l’e­du­ca­zio­ne dei fi­gli. Quan­do ci si se­pa­ra, ca­pi­ta spes­so che uno dei due de­ci­da di im­por­re ai pic­co­li riti o for­me di istru­zio­ne re­li­gio­sa. Non è raro che ci ar­ri­vi­no sto­rie di bam­bi­ni bat­tez­za­ti o man­da­ti al ca­te­chi­smo al­l’in­sa­pu­ta del­l’al­tro.

E suc­ce­de che i tri­bu­na­li tu­te­li­no in ma­nie­ra pre­fe­ren­zia­le il cat­to­li­ce­si­mo, per­ché con­si­de­ra­no l’e­du­ca­zio­ne re­li­gio­sa co­mun­que una for­ma di so­cia­liz­za­zio­ne e un vei­co­lo per pro­por­re cul­tu­ra e prin­ci­pi po­si­ti­vi. Una re­cen­te sen­ten­za del­la Cas­sa­zio­ne sul caso di di­sac­cor­do tra una cat­to­li­ca e un te­sti­mo­ne di Geo­va ren­de an­co­ra una vol­ta evi­den­te il fa­vor re­li­gio­nis an­che ri­spet­to agli al­tri cul­ti.

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La Cor­te ha sta­bi­li­to che, an­che quan­do c’è l’af­fi­do con­di­vi­so e a pre­scin­de­re se si trat­ta­va in pas­sa­to di co­niu­gi o con­vi­ven­ti, al ge­ni­to­re che cam­bia re­li­gio­ne è vie­ta­to con­dur­re i fi­gli alle ce­ri­mo­nie di un cul­to di­ver­so da quel­lo in cui era­no sta­ti edu­ca­ti quan­do la fa­mi­glia an­da­va d’ac­cor­do. Il caso è quel­lo di una cop­pia di San Do­na­to Mi­la­ne­se in cui Ro­ber­to C., il pa­dre del­le mi­no­ri se­pa­ra­to­si dal­la com­pa­gna dopo anni di con­vi­ven­za e di­ve­nu­to te­sti­mo­ne di Geo­va, vo­le­va por­ta­re le fi­glie nel­la sala del re­gno che fre­quen­ta. In pre­ce­den­za la cop­pia ave­va edu­ca­to in sen­so cat­to­li­co le bam­bi­ne e la ma­dre si era det­ta con­tra­ria alla no­vi­tà.

Sono in­ter­ve­nu­ti i ser­vi­zi so­cia­li e la que­stio­ne è ar­ri­va­ta in giu­di­zio. Il tri­bu­na­le dei mi­no­ri, nel di­spor­re nel gen­na­io 2011 l’af­fi­do con­di­vi­so, ave­va dato tor­to al­l’uo­mo, po­nen­do come con­di­zio­ne che le bam­bi­ne non fos­se­ro con­dot­te alle ce­le­bra­zio­ni dei te­sti­mo­ni di Geo­va. Il pa­dre ave­va fat­to ri­cor­so per far va­le­re la sua li­ber­tà re­li­gio­sa, ma la cor­te d’ap­pel­lo di Mi­la­no lo scor­so gen­na­io ave­va con­fer­ma­to la sen­ten­za. Si è ar­ri­va­ti quin­di alla re­cen­te sen­ten­za del­la Cas­sa­zio­ne. Se­con­do la su­pre­ma Cor­te le mi­no­ren­ni non sono ab­ba­stan­za ma­tu­re per “pra­ti­ca­re una scel­ta con­fes­sio­na­le ve­ra­men­te au­to­no­ma”, ed è “inop­por­tu­no uno stra­vol­gi­men­to del cre­do re­li­gio­so” in cui era­no sta­te edu­ca­te. La Cas­sa­zio­ne fa ri­fe­ri­men­to alla Cor­te d’ap­pel­lo che “lun­gi dal ne­ga­re e com­pri­me­re il di­rit­to di pro­fes­sa­re la pro­pria fede re­li­gio­sa, ha piut­to­sto adot­ta­to le pre­scri­zio­ni ri­te­nu­te più ido­nee per as­si­cu­ra­re la cor­ret­ta for­ma­zio­ne psi­co­lo­gi­ca e af­fet­ti­va del­le mi­no­ri”. Ha quin­di con­fer­ma­to che du­ran­te fe­ste come Na­ta­le, Ca­po­dan­no, Epi­fa­nia, Pa­squa e nel gior­no del com­plean­no (even­to non fe­steg­gia­to dai te­sti­mo­ni di Geo­va) le bam­bi­ne deb­ba­no sta­re con la ma­dre.

In que­sti scon­tri a far­ne le spe­se sono sem­pre i bam­bi­ni. E que­sta sen­ten­za acui­sce le con­trad­di­zio­ni di un si­ste­ma giu­ri­di­co che vor­reb­be ga­ran­ti­re la li­ber­tà di scel­ta, ma che al tem­po stes­so sdo­ga­na l’in­dot­tri­na­men­to. Non solo la re­li­gio­ne ha una cor­sia pre­fe­ren­zia­le, ma è più ugua­le del­le al­tre quel­la in cui sono cre­sciu­ti i mi­no­ri: la sen­ten­za non muo­ve cer­to nel­la di­re­zio­ne del­l’e­man­ci­pa­zio­ne e del­la li­be­ra scel­ta. Sem­mai del co­mu­ni­ta­ri­smo. Sa­reb­be bel­lo che fos­se pre­sa sul se­rio l’af­fer­ma­zio­ne se­con­do cui “le due bam­bi­ne non han­no la ne­ces­sa­ria ma­tu­ri­tà” per “pra­ti­ca­re una scel­ta con­fes­sio­na­le ve­ra­men­te au­to­no­ma”. Quan­to­me­no si am­met­te che una for­ma­zio­ne con­fes­sio­na­le con­sa­pe­vo­le è pos­si­bi­le solo da adul­ti, men­tre pri­ma ci si li­mi­ta a ere­di­ta ciò che vie­ne in­se­gna­to dal­la fa­mi­glia e dal­la so­cie­tà. Qua­lun­que cosa sia in­se­gna­ta.

Non è la pri­ma vol­ta che un giu­di­ce de­ci­de in que­sto sen­so. Già nel 2010 il tri­bu­na­le di Mi­la­no ave­va dato ra­gio­ne alla ma­dre di un bam­bi­no non bat­tez­za­to in af­fi­do con­giun­to. La don­na lo por­ta­va al ca­te­chi­smo e a mes­sa, e se­con­do il tri­bu­na­le era giu­sto così, per­ché co­mun­que si da­va­no dei “va­lo­ri” che poi avreb­be­ro per­mes­so in teo­ria di sce­glie­re o meno una fede. An­co­ra pri­ma, la Cor­te Co­sti­tu­zio­na­le con la sen­ten­za 239 del 1984 ave­va ri­co­no­sciu­to che l’a­de­sio­ne a una qual­sia­si co­mu­ni­tà re­li­gio­sa deve es­se­re ba­sa­ta sul­la vo­lon­tà del­la per­so­na. Ed è dif­fi­ci­le, a no­stro av­vi­so, rin­trac­cia­re tale vo­lon­tà in un bam­bi­no che vie­ne bat­tez­za­to.

Tut­to ciò sem­bra far pen­sa­re che per la leg­ge ita­lia­na il bam­bi­no cre­sca me­glio se lo si in­dot­tri­na con il pen­sie­ro re­li­gio­so do­mi­nan­te, per­ché al­tri­men­ti po­treb­be ave­re de­gli scom­pen­si. L’e­du­ca­zio­ne im­pron­ta­ta pe­dis­se­qua­men­te sul­le idee del­la co­mu­ni­tà in cui si è ca­sual­men­te nati non a caso è fat­ta pro­pria sia da un no­stal­gi­co del pen­sie­ro uni­co come don Lui­gi Gius­sa­ni, il fon­da­to­re di Co­mu­nio­ne e Li­be­ra­zio­ne, sia da in­tel­let­tua­li come Will Kym­lic­ka, ov­ve­ro uno de­gli al­fie­ri del mul­ti­cul­tu­ra­li­smo che tan­ti di­sa­gi in ter­mi­ne di se­gre­ga­zio­ne e co­mu­ni­ta­ri­smo sta crean­do in pae­si come la Gran Bre­ta­gna.

Sarà, noi pen­sia­mo in­ve­ce che per un bam­bi­no sia mol­to me­glio es­se­re mes­so a con­tat­to con di­ver­se idee e sti­mo­li, per­ché sarà più fa­ci­le per lui svi­lup­pa­re una co­scien­za cri­ti­ca e di­ven­ta­re un cit­ta­di­no aper­to e tol­le­ran­te, per­ché la so­cie­tà non è af­fat­to da ri­dur­si alla co­mu­ni­tà e men che meno a quel­la di fede. Come già fa­ce­va­mo no­ta­re nel 2009 com­men­tan­do il Li­bro Ver­de del­l’al­lo­ra mi­ni­stro del La­vo­ro Mau­ri­zio Sac­co­ni, non a caso uno dei più vo­cian­ti pro­mo­to­ri “lai­ci” del cle­ri­ca­li­smo in po­li­ti­ca, tra le fila del cen­tro­de­stra. E come so­stie­ne Cle­men­te Gar­cia No­vel­la, au­to­re di Dio esi­ste, papà?, li­bro che cer­ca di ri­spon­de­re a que­ste do­man­de sen­za con­si­de­ra­re i bam­bi­ni come fu­tu­ri fe­de­li da eti­chet­ta­re e in­dot­tri­na­re.

 

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