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I nuovi crociati

 

La sentenza della corte europea sui diritti dell’uomo, che impone all’Italia di togliere (finalmente) i crocifissi dalle aule delle scuole pubbliche è stata accolta con prevedibile astio da parte non solo della Chiesa, desiderosa di mantenere i propri privilegi e il proprio dominio culturale sugli italiani, ma anche dai politici, sia quelli reazionari, come a Berlusconi, sia quelli fintoprogressisti, come Bersani. Non commentiamo nemmeno quello che passa per la testa dei fondamentalisti cristiani come Buttiglione e Binetti.

Ma perché tanta rabbia nei confronti di una sentenza che, in fondo, non fa che ristabilire il concetto che nelle stanze pubbliche di uno Stato laico non ci devono stare dei simboli religiosi?

La sentenza non limita in alcun modo il diritto dei credenti di frequentare le funzioni religiose, di pregare, di adorare il proprio Dio e di osservare i precetti religiosi. La sentenza dice solamente che, essendo le aule scolastiche un luogo pubblico, facente parte di un’istituzione pubblica, democratica e laica, non è giusto che vi siano dei crocifissi appesi alle pareti, ma lo stesso varrebbe anche nel caso vi fossero attaccati altri simboli di altre religioni.

Semplicemente la religione non può e non deve entrare nella sfera pubblica, o meglio, nella sfera di competenza dello Stato.

Un moderno Stato democratico e liberale, infatti, ha il dovere di difendere e proteggere le minoranze. Per quanto riguarda la fede religiosa le minoranze in Italia ci sono, e sono molto differenziate. Non vi sono infatti solamente i musulmani, autentico spauracchio dei neofascisti (ma pronti a stringere la mano al Papa per combattere contro gli atei, ovvero contro il libero pensiero), ma anche buddhisti, ebrei, animisti, protestanti, luterani, ortodossi e persino atei ed agnostici che, sembrerà strano, ma hanno diritto di veder rispettate le loro opinioni e la loro sensibilità. Nessuno di costoro ha però il diritto (e per fortuna) di veder attaccato sui muri delle scuole pubbliche (o dei comuni o dei tribunali o quant’altro) il loro simbolo religioso preferito.

Leghisti e fascisti insistono dicendo che quella croce rappresenta la nostra cultura e per questo non è giusto toglierla. Io francamente ho dei seri dubbi su questo, ma mettiamo anche che sia così, che quella croce rappresenti la nostra cultura. Ma è fatta di solo cristianesimo la nostra cultura? O per caso è influenzata anche dall’illuminismo e dalla cultura greco-romana? E, se così fosse, perché non ci attacchiamo anche un quadro di Voltaire e una modellino del Partenone, in modo da rappresentare tutte le varie sfaccettature della nostra cultura?

C’è poi anche l’arma dei valori. Molti infatti riscoprono la difesa dei valori proprio quando c’è da difendere questo tipo di prevaricazioni culturali. Sostengono costoro che senza il crocifisso vi sarebbe una decadenza di valori e di moralità da parte della popolazione. Si nota che quelli che parlano (i politici e gli alti prelati) non hanno timore di una caduta di valori quando trattano con mafiosi o con amici di mafiosi o si alleano con persone vicine a criminali. Non temono una caduta dei valori nemmeno quando riciclano il denaro proveniente dallo spaccio di droga e dalla compravendita di armi, né temono una caduta dei valori quando permettono a dei famosi criminali di trovare l’eterno riposo all’interno di una Basilica.

Essi temono la caduta dei valori solo quando si chiede di rispettare la sensibilità di tutti e di lasciare i simboli a casa propria (la foto del presidente a scuola, il crocifisso in Chiesa). Senza però specificare che quel famoso crocifisso non ha impedito ai suoi difensori di bruciare migliaia di donne, di scatenare decine di guerre, di impedire la libertà e di promuovere l’ignoranza per secoli. Segno che, forse, non è il crocifisso a portarci dei valori positivi, ma qualcos’altro di meno aleatorio.

La verità è che coloro che strillano in difesa di un ingiustificato privilegio come quello di attaccare il crocifisso nelle aule pubbliche lo fanno per due motivi: il primo è che desiderano marchiare il territorio, perché si sentono minacciati dalla famigerata ”invasione musulmana” e dunque vogliono far vedere che anche noi sappiamo conservare una parte di integralismo religioso e che, se arrivano in Italia, si devono ricordare che anche noi siamo una repubblica teocratica, non ufficialmente ma de facto.

Il secondo, temo, è che essi hanno molte meno certezze dei relativisti e degli scettici. Non vedo infatti altro motivo per cui un credente, che può tranquillamente recarsi in Chiesa (il luogo deputato a manifestare in pieno la propria religiosità), debba vedere il suo simbolo religioso attaccato da tutte le parti.

Che temano, questi ardenti difensori della fede, di dimenticarsi di che religione fanno parte?

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