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I migranti hanno due braccia: aiutiamoli ad usarle

Progetto "Cuore vive".

La gestione del fenomeno migranti da parte dei paesi verso i quali si riversano ai nostri giorni fiumi di persone in cerca di un nuovo destino si presta a una serie di riflessioni, prevalentemente impietose, sotto molteplici aspetti.

Lasciamo da parte il profilo della solidarietà: l’assenza di  un benché minimo sentimento di compassione verso tanti sfortunati, che per motivi a volte riconosciuti, altre negati, ma sempre indipendenti dalla loro volontà, mettono in gioco la propria vita alla ricerca di un’esistenza degna di questo nome, ci consente di digerire fra uno spot televisivo e l’altro le immagini raccapriccianti che la televisione ci propina all’ora di pranzo. L’accesso alcuore è ben protetto dal gonfio del portafogli che, piccolo o grande che sia, appare come il primo elemento da proteggere dall’invasione di quanti consideriamo i nuovi barbari. Nessuna sorpresa, dunque, se per salvaguardare ciò che consideriamo il nostro territorio e i nostri valori comincia attualmente a farsi strada la possibilità del ricorso alle armi.

Prima di fornire corda ad una siffatta eventualità, che con l’aria che tira nessuno pare in grado di escludere del tutto, varrebbe forse la pena cercare di valutare in termini di risorsa, di pura energia viva, il potenziale soltanto incidentalmente umano che ci proviene dagli sbarchi. I nuovi arrivati, sia pure a malincuore, vengono accolti, curati, nutriti, rivestiti e finalmente ammassati da qualche parte in attesa del rimpatrio o, nei casi previsti, di una possibile collocazione, a carico della comunità o di qualche ente caritatevole. In tutto questo lasso di tempo, i rifugiati, in prevalenza giovani, in buona salute e spesso non privi di formazione, vivono in una condizione di forzata inoperosità, costretti loro malgrado ad essere considerati un peso per il paese che li ospita.

Come alternativa a questa prassi che, senza tema di smentita, non soddisfa nessuno, una volta accolti e rifocillati, invece di costringerli, sia pure provvisoriamente, a vivere della nostra carità, potremmo, per dirla in breve, mettere loro una pala in mano, e invitarli a contribuire subito alle spese. Come tutti sappiamo, le vicende del nostro paese hanno ridotto il territorio ad una immensa discarica che prima o poi dovrà essere bonificata, ma per il momento nessuno si pone il problema, che pure, prima o poi, dovrà essere affrontato. Facciamo allora subito una mappa di questi territori inquinati, portiamo i nuovi arrivati sul posto e chiediamo loro che, sotto il nostro controllo, aiutino a rendere nuovamente vivibili i siti presso i quali, durante lo svolgimento dell’incarico, saranno costretti a vivere. 

Se quest’idea venisse considerata fattibile, qui 10, là cento, altrove ancora mille, le nostre terre, tradite e avvelenate dalla nostra avidità e dall’incuria, farebbero presto ad assorbire i ventimila, i trentamila e molti altri ancora che da intrusi potrebbero diventare i benvenuti. Certo, la nostra non sarebbe nient’altro che una generosità pelosa, ma tornando alle immagini di quei disperati che piangono all’idea di dover ritornare da dove sono venuti, non è escluso che l’ipotesi potrebbe essere vista da noi come una soluzione meno crudele rispetto a quelle cui ci stiamo abituando ad assistere giorno dopo giorno e da quanti sbarcano sulle nostre rive come un prezzo accettabile in cambio della prospettiva di un futuro migliore.

CUORE VIVE = Centri utilizzo organizzato risorse energetiche vive

Si noti come questa definizione, analogamente a quanto avviene per acronimi quali CIE ed altri, non contenga nulla che richiami concetti di umanità.

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