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I giorni dell’eternità di Ken Follett

Arrivare alla conclusione de I giorni dell’eternità mette una inevitabile tristezza. Un po’ come salutare per sempre un gruppo di amici, una parte della propria storia. D’ora in avanti non saprò più nulla della sorte delle cinque famiglie create dalla fantasia di Ken Follet e della quali ci ha fatto conoscere l’intera storia per quattro generazioni, a partire dalla fine dell’800 fino ad arrivare praticamente ai giorni nostri. La colossale saga The century trilogy finisce qui.

L’ultimo libro della serie viaggia sulla stessa lunghezza d’onda dei precedenti. Questa volta si parte dal 1961 e si arriva al 2008. I protagonisti, che come sempre crescono e invecchiano con e vicende storiche, attraversano la crisi di Cuba, la guerra fredda, gli omicidi di John e Bobby Kennedy, quello di Martin Luther King, la parabola di Cruschev, la nascita del muro di Berlino, il Vietnam, la beat generation, l’amore libero, la lotta per i diritti civili in America, il rischio di una guerra nucleare, il papa polacco, Solidarnosch, l’ascesa di Gorbachev, la primavera di Praga, la democrazia in Ungheria, il crollo del muro di Berlino, fino ad arrivare all’elezione di Obama. Naturalmente con tutto quello che ho dimenticato in questo parziale elenco.

Il gochino è sempre lo stesso: perfetto. Follett ci racconta la vita privata dei suoi personaggi, solo che li mette in contatto diretto e strettissimo con chi la storia l’ha fatta davvero. Così George diventa consigliere di Bobby kennedy, Verena assistente di King, Dimka è nel cuore del Politburo, Dave diventa una rock star, Rebecca fugge da Berlino e così via, sempre al centro delle vicende storiche, degli eventi che hanno cambiato il mondo.

Ci troviamo continuamente sballottolati dalle vicende personali a quei giorni che non si dimenticano, e siamo sempre nel cuore della vicenda, sempre sul posto. Una concatenzaione di eventi che sarebbe impossibile se non in un romanzo.
Solo negli ultimi decenni si perde un po’ di forza narrativa e si accrociano i tempi degli eventi, ma il terzo romanzo della saga funziona assolutamente come i precedenti, sempre con la prosa leggera, semplice e coinvolgente di Follet.

Abbandonare tutto questo è inevitabilmente un po’ triste.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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