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I danni provocati dal conflitto d’interesse clericale

Le cro­na­che si riem­pio­no spes­so, un po’ trop­po spes­so, di no­ti­zie ri­guar­dan­ti rea­ti com­mes­si da per­so­ne in­so­spet­ta­bi­li. O me­glio, ri­te­nu­te in­so­spet­ta­bi­li per­ché vi­ci­ne o ad­di­rit­tu­ra ap­par­te­nen­ti agli am­bien­ti ec­cle­sia­sti­ci. Vige un pre­giu­di­zio po­si­ti­vo nei con­fron­ti del­la mi­li­tan­za re­li­gio­sa che non solo è in­giu­sti­fi­ca­to, ma può pro­vo­ca­re seri dan­ni.

L’ul­ti­mo caso è quel­lo del­l’ex pre­fet­to Fran­ce­sco La Mot­ta, gen­ti­luo­mo di sua san­ti­tà e già vi­ce­di­ret­to­re del­l’A­gen­zia in­for­ma­zio­ni e si­cu­rez­za in­ter­na, che ge­sti­sce i ser­vi­zi se­gre­ti ci­vi­li (vec­chio nome, Si­sde). L’Espres­so ri­per­cor­re le sue vi­cis­si­tu­di­ni: è ac­cu­sa­to di aver fat­to spa­ri­re, se­con­do la Pro­cu­ra di Roma, ben die­ci mi­lio­ni di euro dal Fon­do per gli edi­fi­ci di cul­to (FEC) del Mi­ni­ste­ro de­gli In­ter­ni che ge­sti­va dal 2006 per di­rot­tar­li su con­ti in Sviz­ze­ra. Coin­vol­ti an­che al­tri fun­zio­na­ri. Dai ma­gi­stra­ti di Na­po­li, in ag­giun­ta, l’ac­cu­sa di as­so­cia­zio­ne a de­lin­que­re e vio­la­zio­ne di se­gre­to d’uf­fi­cio per­ché avreb­be gi­ra­to in­for­ma­zio­ni al clan Pol­ve­ri­no sul­le in­da­gi­ni in cor­so.

Il FEC è sta­to isti­tui­to dal­la leg­ge di re­vi­sio­ne del con­cor­da­to del 1984, la stes­sa che ha in­tro­dot­to l8×1000, che gli de­di­ca l’in­te­ro ti­to­lo III. Si trat­ta di un fon­do nato dal­la fu­sio­ne di vari pic­co­li fon­di pre­e­si­sten­ti, i cui sco­pi sono la ma­nu­ten­zio­ne e la con­ser­va­zio­ne di un pa­tri­mo­nio co­sti­tui­to da ol­tre 700 edi­fi­ci di cul­to di no­te­vo­le pre­gio ap­par­te­nen­ti allo Sta­to, non­ché di sva­ria­te ope­re d’ar­te, com­pre­si 400 li­bri rari, in essi con­te­nu­te. Gli stes­si edi­fi­ci con­tri­bui­sco­no in par­te al fon­do gra­zie ai pro­ven­ti de­ri­van­ti dal­la lo­ca­zio­ne di loro ap­par­ta­men­ti, ma non dei tem­pli e del­le loro per­ti­nen­ze che ven­go­no in­ve­ce con­ces­si in uso gra­tui­to alle isti­tu­zio­ni ec­cle­sia­sti­che. Lo Sta­to com­ple­ta il fon­do con con­tri­bu­ti che van­no dai 3,5 mi­liar­di di lire dei pri­mi anni dal­la sua isti­tu­zio­ne fino ai 7,5 mi­lio­ni di euro del 2006.

Mol­ti di que­sti edi­fi­ci sono ac­ces­si­bi­li die­tro pa­ga­men­to di un bi­gliet­to d’in­gres­so, ma non ri­sul­ta che i pro­ven­ti del­la ven­di­ta di que­sti bi­gliet­ti con­flui­sca­no nel fon­do. Di fat­to lo Sta­to, at­tra­ver­so il Mi­ni­ste­ro del­l’In­ter­no, è pro­prie­ta­rio del pa­tri­mo­nio del fon­do, vi con­tri­bui­sce e ne ge­sti­sce la ma­nu­ten­zio­ne, ma il suo go­di­men­to è ri­ser­va­to alla Chie­sa che ne di­spo­ne a ti­to­lo gra­tui­to. Va co­mun­que det­to che gli edi­fi­ci del fon­do sono in buo­na par­te di in­te­res­se tu­ri­sti­co e quin­di il flus­so dei vi­si­ta­to­ri ge­ne­ra co­mun­que un ri­tor­no eco­no­mi­co per lo Sta­to.

Mas­si­mo Teo­do­ri so­stie­ne che La Mot­ta, men­zio­na­to nel suo re­cen­te Va­ti­ca­no ra­pa­ce, ab­bia non solo ag­gan­ci tra i pre­la­ti ma an­che “il pri­vi­le­gio di un con­to allo Ior, in cui si pos­so­no ef­fet­tua­re ogni ge­ne­re di ope­ra­zio­ni fi­nan­zia­rie sen­za con­trol­lo”. “An­co­ra una vol­ta è pro­ba­bi­le”, ag­giun­ge, “che lo IOR sia al cen­tro dei mi­lio­ni di euro spa­ri­ti dal Vi­mi­na­le” che coin­vol­ge l’ex pre­fet­to, con­clu­de. Così come, sia det­to per in­ci­so, sem­bra es­se­re al cen­tro del ri­ci­clag­gio di de­na­ro per cui è in­da­ga­to mons. Vin­cen­zo Sca­ra­no. Sem­bra pro­prio che ogni scan­da­lo ita­lia­no deb­ba ve­de­re pro­ta­go­ni­sta la ban­ca del Va­ti­ca­no.

Sono di­ver­se le fi­gu­re che nel­le pie­ghe del­la bu­ro­cra­zia sta­ta­le fan­no capo a in­te­res­si cle­ri­ca­li, aiu­tan­do a in­di­riz­zar­li ad ma­io­rem Dei glo­riam. Sem­pre per par­la­re di Otto per mil­le, ab­bia­mo nel­la com­mis­sio­ne che do­vreb­be in teo­ria ri­ve­de­re il mec­ca­ni­smo il giu­ri­sta e opi­nio­ni­sta di Av­ve­ni­re Car­lo Car­dia, a ga­ran­zia de­gli in­te­res­si d’Ol­tre­te­ve­re. In­ve­ce, tra i coin­vol­ti in scan­da­li che han­no pre­so di stri­scio an­che per­so­na­li­tà vi­ci­ne al Va­ti­ca­no ab­bia­mo An­ge­lo Bal­duc­ci, l’ex gen­ti­luo­mo di sua san­ti­tà e già pre­si­den­te del con­si­glio su­pe­rio­re dei la­vo­ri pub­bli­ci. Si ri­cor­de­rà an­che Um­ber­to Or­to­la­ni, pure lui gen­ti­luo­mo del papa, coin­vol­to nei rap­por­ti tra il car­di­na­le Mar­cin­kus e l’e­spo­nen­te del­la P2 (non­ché fer­vi­do so­ste­ni­to­re del­l’im­po­si­zio­ne del cro­ci­fis­so) Li­cio Gel­li.

A ren­de­re lam­pan­te oggi il fe­no­me­no è co­mun­que Co­mu­nio­ne e Li­be­ra­zio­ne, af­fian­ca­ta dal­la Com­pa­gnia del­le Ope­re, che ha ege­mo­niz­za­to ap­pal­ti e af­fa­ri nel set­to­re sus­si­dia­ri­sti­co e pub­bli­co, in spe­cial modo quel­lo sa­ni­ta­rio e nel­la Lom­bar­dia go­ver­na­ta a lungo dal ciel­li­no Ro­ber­to For­mi­go­ni. E in que­sti mesi il si­ste­ma ha mo­stra­to se­gni di ce­di­men­to, con ac­cu­se, scan­da­li e rin­vii a giu­di­zio.

Tut­ti que­sti in­trec­ci tra opa­chi in­te­res­si mon­da­ni e reti di re­la­zio­ni e con­tat­ti cle­ri­ca­li crea­no dan­ni non solo alla col­let­ti­vi­tà ma an­che alla Chie­sa, quan­to­me­no alla sua im­ma­gi­ne. Com­pren­dia­mo il mo­ti­vo per cui una par­te del­lo schie­ra­men­to po­li­ti­co non si pre­oc­cu­pa di tali con­flit­ti d’in­te­res­se. Non com­pren­dia­mo pro­prio per­ché chi ha fat­to del­la bat­ta­glia al con­flit­to d’in­te­res­si il prin­ci­pa­le mo­ti­vo di po­le­mi­ca po­li­ti­ca de­gli ul­ti­mi due de­cen­ni non si pre­oc­cu­pi af­fat­to di al­tri in­cre­di­bi­li con­flit­ti d’in­te­res­se. Non sia­mo come que­gli an­ti­cle­ri­ca­li che pen­sa­no che l’ap­par­te­nen­za re­li­gio­sa deb­ba es­se­re di­scri­mi­nan­te. Ma non sia­mo nem­me­no cle­ri­ca­li: per noi è as­sur­do no­mi­na­re in cer­ti in­ca­ri­chi per­so­ne che po­treb­be­ro fare (e spes­so fan­no) gli in­te­res­si di al­tri, ol­tre che svol­ge­re la pro­pria fun­zio­ne pub­bli­ca. La leg­ge deve es­se­re ugua­le per tut­ti: un’af­fer­ma­zio­ne tan­to ba­na­le quan­to tra­scu­ra­ta da mol­ti.

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